Come se fosse un’invenzione degli ultimi anni, la parola interdisciplinarietà si affaccia sempre più spesso nei momenti di discussione fuori e dentro le accademie. Dopo anni di spinta verso specializzazioni sempre più raffinate, dove la parola d’ordine era trovare spazio in una nicchia di sapere di cui essere detentori esclusivi o assieme a pochi altri nel mondo, il dictat è mutato. Contaminarsi, scambiare concetti e metodi, mescolare pratiche e idee chiave della propria disciplina con altre vicine come campo di studio e lontanissime nelle pratiche, concettualmente distanti ma contigue per metodo. Sono questi gli imperativi su cui sembra poggiarsi oggi la riflessione (e la ricerca-azione) sulle società in cui viviamo.
Dan Sperber, antropologo di formazione e scienziato della cognizione nella pratica più recente, incarna nel suo lungo percorso di studioso questa trasformazione. L’interdisciplinarietà, o transdisciplinarietà, o come oggi è molto comune sentir dire cross-disciplinarietà, diventa una delle cifre del suo lavoro, incessante, alla ricerca della comprensione delle interazioni degli individui, a partire dalla loro essenza più stretta, la mente. La mente e i suoi meccanismi come chiave di volta per spiegare come i contenuti culturali possano costruirsi, diffondersi e differenziarsi. Una nuova antropologia cognitiva che ha bisogno di comunicare con chi studia la mente da differenti prospettive per poter non solo lavorare insieme verso un comune obiettivo, ma poterne assumere “materiali e metodi”, linguaggi, criteri e problematiche per farne un solo campo, condiviso. Alla fine degli anni Ottanta, Sperber inizia quindi il suo cammino verso un cambio di paradigma assieme a pochi altri colleghi antropologi, confrontandosi con i lavori di Noam Chomsky e psicologi dello sviluppo per arrivare a costruire un nuovo approccio, in continua evoluzione, che trascende i confini e le barriere delle discipline e che non si chiama più solo antropologia o psicologia o filosofia o linguistica o neuroscienze.
La strada non sempre si rivela facile e la diffidenza tra studiosi di settori diversi e la lotta per la supremazia di un approccio rispetto a un altro diventano ostacoli di cui tenere conto. Perfino l’utilizzo di parole uguali in campi diversi (come “cultura” in antropologia e psicologia) crea potenziali attriti e incomprensioni, che devono essere superati per creare un ambiente davvero contaminato. Ma i pochi risultati che all’inizio vengono raggiunti attraverso un approccio realmente transdisciplinare segnano l’origine delle scienze cognitive come un settore aperto che studia la mente e che accoglie continuamente nuovi apporti e punti di vista.
L’interdisciplinarietà diventa per Sperber (così come spesso lo è diventato per tutti coloro che vivono lo studio delle scienze cognitive) un modo di essere e condurre le ricerche per esplorare le fondamenta delle scienze cognitive e sociali, e pubblica i suoi lavori in riviste di tutte le discipline accolte nel suo percorso: antropologia, linguistica, filosofia e psicologia sperimentale. D’altra parte, come lo stesso Sperber afferma, la frammentazione tra discipline di studio non è il riflesso “della divisione naturale di livelli di realtà”, ma è una semplice costruzione storico-sociale espressa ai tempi in cui sono sorte le moderne università. E’ quindi immaginabile che il percorrere dei tempi muterà, e lo sta già facendo, la compartimentazione così come la conosciamo, spinta ancora di più dall’effetto massivo dell’uso di internet. Dilagandosi dalle scienze politiche che per prime hanno accolto l’approccio interdisciplinare (nota Sperber, spesso più nelle intenzioni che nei fatti), la visione che assume più punti di analisi è il mezzo per interpretare gli individui e le comunità moderne.
Lo sguardo di Sperber allora è uno sprone a guardare al presente per puntare al futuro, a innovare i modi di descrivere e strutturare le nuove società. Ma soprattutto è l’esempio di come la comunicazione e l’integrazione tra comparti e strutture diverse, tra linguaggi e percorsi differenti siano possibili e allo stesso tempo necessari, e non più eludibili, per chi analizza e propone azioni per una società perennemente immersa nel contatto con scienza e tecnologia.
————–
Dan Sperber terrà, nell’ambito del Settimo Congresso Europeo di Filosofia Analitica, una Lecture promossa dalla Fondazione Bassetti dal titolo “The deconstruction of social unreality”, il giorno 3 settembre 2011, alle ore 12.00, presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, Via Olgettina, 58, aula Caravella Santa Maria (piano -1 del Dibit 1).
————-
foto: Whiteboard Philosophy di thewind da Flickr, con nostro titolo.