Raramente l’assegnazione dei Nobel per le materie scientifiche guadagna, in Italia, le prime pagine dei giornali. Quest’anno però il premio per la medicina è andato a Robert G. Edwards, inventore – assieme al defunto Patrick Steptoe – di una tecnica che ha ancora non pochi detrattori: la fecondazione in vitro. Come raccontato dai principali quotidiani, il riconoscimento ha scatenato le critiche della Chiesa (per un resoconto si possono leggere gli articoli de Il Corriere della Sera, La Stampa e La Repubblica. Per avere un’idea chiara dei dubbi espressi è utile leggere la trascrizione dell’intervista a Lucio Romano, presidente dell’Associazione Scienza e Vita, trasmessa da Radio Vaticana (al fondo sono riprese anche le osservazioni in merito di monsignor Ignazio Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita). Pur riconoscendo che la fecondazione in vitro ha rivoluzionato la medicina, la si accusa di essere all’origine della morte di numerosi embrioni, che per la Chiesa hanno la stessa dignità di un essere umano; di ridurre il concepimento a un mero atto biologico; di aver prodotto nel tempo conseguenze nefaste quali il mercato degli ovociti; di non aver risolto, dal punto di vista medico, la “malattia” dell’infertilità, che resta senza cura. Responsabile di tutto ciò sarebbe proprio Robert Edwards, incapace di prevedere le ricadute negative della sua innovazione. Che senso si può dare, oggi, a queste critiche?
Praticata ormai da oltre 30 anni (Luise Brown, la prima bimba in provetta, ha oggi 32 anni),
la tecnica dovette affrontare fin dai suoi esordi aspre contestazioni: si disse che sarebbero nati bambini malati (ma oggi si sa che non è vero), ed Edwards e Steptoe furono accusati di volersi “sostituire a Dio”. Fra le critiche più dure spicca quella, influente, di James Watson, Nobel nel 1962 – assieme a Francis Crick – per aver decifrato il Dna, che sostenne che la fecondazione in vitro avrebbe comportato l’infanticidio. Edwards dal canto suo ha sempre difeso la tecnica, anche facendo osservare che si basa su un principio che è comune a tutte le pratiche mediche: «Abbiamo semplicemente fatto ciò che si fa in tutte le branche della medicina. Abbiamo cercato cioè di aiutare la natura».
All’inizio degli anni ’70 le obiezioni erano giustificate dal fatto che la tecnica era davvero rivoluzionaria per la medicina, sebbene fosse già praticata a livello veterinario. Oggi però non è più così. I bambini nati con la fecondazione in vitro sono ormai 4,3 milioni e nel valutare il rapporto fra i rischi e benefici, le loro vite vanno tenute in conto. Illuminante, in questo senso, è il commento del giornalista scientifico Piero Bianucci su La Stampa. «La Chiesa cattolica, che subito ha duramente criticato la scelta dell’Accademia di Stoccolma, forse non ha valutato a sufficienza quanta vita è uscita dalle provette, quanta ricchezza umana quelle provette hanno aggiunto al mondo» scrive Bianucci. «Certo, ci sono state e ci sono anche delle distorsioni […]. Ma, eccessi a parte – e quale tecnologia non ne ha generati? – senza dubbio la fecondazione assistita ha dato una risposta alla malattia dell’infertilità restituendo una esistenza piena a milioni di coppie e ha fatto vedere la luce a persone che altrimenti non sarebbero tra noi a rendere più vario e ricco il paesaggio dell’umanità». Più oltre, rispetto alla sacralità dell’embrione, Bianucci espone un argomento che va oltre il tema specifico di cui si parla: «Uno Stato veramente laico deve garantire ai suoi cittadini il diritto di scelta nel rispetto delle leggi e non imporre l’etica di una o dell’altra religione. Così sarà il cittadino a decidere in coscienza, e verrebbe da aggiungere che solo in questo caso siamo di fronte a un autentico comportamento morale. Che valore etico può avere una scelta imposta per legge?».
Anche altri commentatori hanno risposto alle accuse della chiesa. Sul Corriere della Sera, lo scienziato Edoardo Boncinelli fa notare che con la fecondazione in vitro «l’uomo si è affrancato sempre di più dai vincoli naturali che concedono salute e fertilità a qualcuno e malattia o infertilità ad altri. Mentre su L’Unità, il bioeticista Maurizio Mori riflette insiste sul rapporto fra medicina e natura: «Difficile è capire perché dovrebbe essere contrario alla “dignità della procreazione” ricorrere all’assistenza tecnica per avere figli. Forse lo si può dire solo assumendo la “naturalità”come criterio normativo, supponendo che la natura sia buona e dimenticando come invece in realtà sia spesso avara e matrigna».
Stranamente assente dal dibattito è la questione del diritto a conoscere le proprie origini (di cui si è parlato su questo sito), proprio nei giorni in cui la legge 40 veniva inviata alla Consulta sulla questione della fecondazione eterologa (che si avvale di un donatore anonimo esterno alla coppia).
Sui media esteri le obiezioni della Chiesa hanno avuto molto meno spazio. Interessante è però la posizione del Boston Globe, che in un editoriale fa notare come la fecondazione in vitro e la ricerca sulle cellule staminali embrionali siano strettamente collegate: la condanna dell’una, pertanto, implica una censura anche sulla seconda tecnica, che è ancora ai suoi esordi e che potrebbe essere stroncata proprio dalle obiezioni etiche. «Le due scoperte, la possibilità di fecondare un uovo fuori del corpo e quella di estrarre le cellule staminali dall’embrione, sono collegate: la ricerca sulle staminali utilizza gli embrioni non usati dalla fecondazione in vitro» si legge sul quotidiano statunitense. «Ma oggi sono ben pochi quelli che si opporrebbero alla fecondazione assistita. […] Quando i medici saranno in grado di dimostrare gli straordinari vantaggi che la tecnologia delle staminali comporta per i loro pazienti, ogni resistenza apparirà insensata». In quest’ottica, non sembrano casuali le parole, a Radio Vaticana, di monsignor Ignazio Carrasco de Paula e di Lucio Romano, che per il Nobel di quest’anno avrebbero preferito gli scienziati che studiano le cellule staminali adulte, il cui impiego non comporta la distruzione degli embrioni.
(fotografia: How babies are made di zetson da Flickr)