Nelle scorse settimane, l’approvazione da parte della Commissione europea di una patata e di tre varietà di mais geneticamente modificate ha riacceso il dibattito sugli ogm, che aveva animato i giornali negli anni Novanta e che ha poi covato sotto la cenere per gran parte del decennio successivo. Come riporta l’Ansa, la patata Amflora, prodotta dalla tedesca Basf, servirà per fabbricare carta, colle e nell’industria tessile, mentre gli scarti della lavorazione saranno usati come mangimi; le tre varietà di mais saranno impiegate invece per alimentare il bestiame e per produrre cibi. Spetterà ora ai singoli Paesi decidere se permettere oppure no la coltivazione di questi prodotti sul loro territorio, e il nostro Ministro dell’agricoltura si è già detto contrario.
La decisione di Bruxelles ha scatenato polemiche in tutta Europa, soprattutto perché rompe una moratoria che durava da 12 anni. E a destare perplessità è stato soprattutto il tubero, perché il suo Dna è stato modificato con geni che conferiscono resistenze a diversi antibiotici ancora usati nella medicina: sebbene infatti il prodotto non sia non sia destinato all’uomo, si teme comunque che la resistenza agli antibiotici possa trasmettersi a batteri pericolosi per la nostra salute, che diventerebbero così invulnerabili a questi farmaci. Come riporta l’Indipendent , l’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti (Efsa) ha rassicurato su questo punto, dicendo che non ci sono ragioni valide per ritenere che la patata possa mettere a rischio la salute.
Questi punti del dibattito sono stati ripresi anche in Italia, dove tuttavia alla discussione si sono aggiunti i temi della contaminazione delle coltivazioni biologiche da parte dei pollini delle piante modificate geneticamente, le questioni economiche legate alle caratteristiche del suolo italiano (per lo più inadatto a ospitare colture di grandi dimensioni, ottimali per la maggior parte degli ogm) e altri argomenti legati alla salute e alla libertà della ricerca. Chi volesse farsene un’idea può leggere gli articoli del Corriere della Sera, con le interviste a Roberto De Fez, biotecnologo del Cnr, e a Federica Ferrario, responsabile della campagna ogm di Greenpeace; gli interventi di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food da sempre contrario agli ogm, sull’Espresso e su Repubblica; gli articoli che la stessa Repubblica ha dedicato al tema, e quelli del Sole24ore (non disponibli sul sito del giornale, ma presenti nella rassegna stampa di Confagricoltura, associazione favorevole agli ogm, a pag. 19, 44-45).
Nel dibattito grandi assenti sono stati però i cittadini. Mentre negli anni Novanta e all’inizio di questo decennio gli europei sono stati più volte interpellati sulla questione, anche con significative esperienze di democrazia partecipativa, oggi coloro che dovrebbero beneficiare (o subire le conseguenze) di questa innovazione sono invece esclusi da qualsiasi processo decisionale.
Merita allora in questa sede ricordare quali sono le posizioni dei cittadini del Vecchio continente. L’ultimo sondaggio Eurobarometro non è in realtà recentissimo, ma non ci sono motivi di ritenere che le opinioni degli europei siano cambiate negli ultimi anni. È stato pubblicato infatti nel 2006, e i dati sono relativi al 2005 (Europeans and Biotechnology in 2005: Patterns and Trends). I risultati però sono chiari: la maggioranza degli europei è contraria agli organismi geneticamente modificati, una posizione di cui la Commissione europea, che pure ordina questi sondaggi, non sembra aver tenuto conto in occasione delle ultime decisioni.
Ma le considerazioni più interessanti emergono se si esaminano i dati nel dettaglio. Per esempio, si evidenzia come il no dei cittadini europei non sia frutto di un rifiuto pregiudiziale a ogni forma di innovazione. Il sondaggio, infatti, riguardava tutte le biotecnologie: la farmacogenomica, le nanotecnologie, la terapia genica e gli ogm. E soltanto questi ultimi hanno ricevuto una bocciatura, forse perché a fronte dei rischi per la salute e l’ambiente e ai dubbi vantaggi economici per la collettività, il pubblico fatica a vedere benefici di una tecnologia che abbassa i costi delle produzioni che avvengono su vasta scala ma non migliora la qualità del prodotto finale (le argomentazioni di chi sostiene che le biotecnologie possano permettere di salvaguardare prodotti tipici, come il pomodoro San Marzano, risultano infatti poco convincenti, anche perché di fatto gli ogm progettati per questi scopi sono una minoranza). Come i sociologi hanno spesso sottolineato, i cittadini sono disposti ad assumersi dei rischi di una innovazione, a patto però che i benefici siano distribuiti equamente. Così, si legge nel rapporto: «Gli europei ritengono che la tecnologia dei cibi geneticamente modificati non debba essere incoraggiata. I cibi geneticamente modificati sono considerati inutili, moralmente inaccettabili e pericolosi per la società». Riferendosi all’approvazione della patata Amflora, il commissario Ue per la sanità e la politica dei consumatori, John Dalli, ha sottolineato: «La decisione si basa su solidi dati scientifici; quando ho a che fare con tecnologie innovative, il principio che mi guida è quello dell’innovazione responsabile». Si tratta di una dichiarazione che esclude a priori la partecipazione dei cittadini al processo decisionale, giacché i “solidi dati scientifici” sono quelli forniti dalle commissioni di esperti, e che limita la responsabilità del politico all’esame degli aspetti tecnici.
Ulteriori spunti di riflessione, in particolare per i decisori intenzionati a creare un’industria europea moderna e competitiva, dovrebbero poi venire dal confronto fra i dati pubblicati nel 2006 e quelli degli anni precedenti. Sondaggi sull’accettabilità delle biotecnologie, infatti, erano stati condotti in Europa già negli anni Novanta. Analizzati nel loro complesso, i risultati mostrano che il livello di fiducia in queste discipline è andato via via diminuendo fra il 1991 e il 1999, ed è poi aumentato nel quinquennio seguente. Nel rapporto, il trend osservato è attribuito proprio agli ogm: la diffidenza verso questa tecnologia, infatti, ha dominato negli anni Novanta, determinando una sfiducia più generale verso tutte le biotecnologie.
(fotografia: “Manifestation anti OGM à l’Assemblée Nationale – 13 mai 2008” – di gcolson in Flickr)