Il saggio di Monica Lindh de Montoya “Il mercato come specchio o modello. Come i commercianti riconfigurano le transazioni economiche e sociali in un’economia rurale”, pubblicato per la prima volta nel 1999, indaga il cambiamento culturale avvenuto in una comunità agricola venezuelana del Bailadores innesescato dalla produzione per il mercato nazionale di ortaggi, in particolare di aglio.
Ecco la lettura del saggio da parte di Guido Carlotto:
Nel saggio l’autrice analizza come, per una comunità rurale, l’entrare a far parte del mercato globale sia una transizione a un’economia di mercato che quasi sempre implica il riordinamento delle relazioni sociali all’interno della comunità stessa. Le coltivazioni non sono più concepite tanto come bene di sussistenza, ma come valore commerciale; pertanto la commercializzazione (e non solo più la coltivazione) diventa di vitale importanza per il nuovo sistema produttivo (caso degli agricoltori del Bailadores, alta vallata delle Ande venezuelane).
Piuttosto che considerare il mercato come lo specchio di una società, il punto di vista proposto dall’autrice è quello di considerare che una particolare società finisce per riflettere le sue relazioni con il mercato, che sia il mercato a fornire il modello per la vita sociale.
Nel caso degli agricoltori del Bailadores, la produzione di coltivazioni per la vendita – basata sulle relazioni sociali esistenti (accordi di mezzadria, relazioni di credito locale, vendita delle eccedenze) – ha cambiato la natura degli impegni delle famiglie di agricoltori e ha portato i nuclei familiari da una situazione di relativa sicurezza all’insicurezza (volubilità del mercato), ma ha fornito loro anche delle opportunità.
In quanto incarnazione del mercato, i commercianti sono diventate figure equivoche nelle comunità: di vitale importanza, ma anche oggetto di biasimo per tradimenti della fiducia accordata e per comportamenti legati all’arbitrarietà delle forze intangibili del mercato. I locali che hanno investito nei mezzi di trasporto sono diventati gli imprenditori privilegiati e di maggior successo; l’appartenere alla comunità ha conferito loro maggior credibilità in quanto conosciuti e, teoricamente, rispettosi dei valori della comunità stessa.
Grazie alla disponibilità di denaro, i commercianti possono acquistare grosse partite di pesticidi usufruendo di sconti ed evitando gli aumenti e possono abbassare i costi di trasporto dei fertilizzanti riempiendo i camion vuoti di ritorno dalla vendita dell’aglio in città. Ma quando calcolano i costi di produzione, e quindi i costi da applicare ai loro soci, si basano sul prezzo pieno della merce come se fosse acquistata al momento. La terra e il lavoro – i due fattori più importanti nell’agricoltura tradizionale e di cui l’agricoltore ha il controllo – non sono riusciti a esercitare alcun potere concettuale nell’economia di mercato, ma sono stati messi in secondo piano dal bisogno di capitale finanziario e di know-how per entrare nei processi del mercato. La partecipazione al mercato ha rovesciato i ruoli, ed è il detentore del capitale, non della terra, che fa la “parte del leone” nelle relazioni di mezzadria. I “vecchi” contratti di mezzadria erano basati su un codice etico che prevedeva il mutuo rispetto e la fiducia reciproca, valori messi in discussione nei nuovi rapporti . Gli ajeros sono anche le persone più importanti e ricche della valle e, quindi, coloro che possono garantire lavoro, referenze, aiuti e altri vantaggi. Gli agricoltori si ritengono ancora vincolati dai principi morali ed economici dell’economia tradizionale ma, per l’ajero, la mezzadria è soltanto una forma diversa di speculazione, i cui codici tradizionali di comportamento possono essere utilizzati per farne un’impresa redditizia.
L’economia domestica opera idealmente all’interno di una sfera sociale in cui le persone sono unite da strati multipli di parentela e da relazioni gerarchiche basate sul concetto di famiglia, di genere e di scambio di mano d’opera. Le persone dipendono più da se stesse e dai loro simili che dal mercato, ma fanno ricorso comunque al mercato, quando possono, per comprare e, in caso di eccedenze, per vendere.
L’economia aziendale dell’agricoltura commerciale opera diversamente. I prodotti sono destinati al mercato, non al consumo, e creano un nuovo tipo di insicurezza perché si diventa dipendenti dai prezzi di mercato. Le risorse per un’agricoltura di mercato non sono facilmente accessibili dalla solo comunità, e richiedono contatti con negozianti, cooperative, banche o chi possa fornire crediti. Le relazioni sociali iniziano ad allargarsi al di fuori della comunità, indebolendo i molteplici legami della casa (l’agricoltura diventa un’attività più individualistica). Anche nell’economia aziendale il successo viene misurato sulla capacità di mantenere la famiglia: non attraverso la produzione per la sussistenza, ma tramite il commercio.
I commercianti arricchendosi prendono gradatamente le distanze dalla comunità, utilizzando mezzi più palesi di dominazione per affermare la loro posizione. Assumere nuovi comportamenti, nuovi valori, e l’utilizzo che fanno di beni materiali moderni serve ai commercianti sia a mostrare il loro potere economico sia a dare un’immagine di uomini d’affari efficienti e capaci (Automobili, abbigliamento, carte di credito, dare un’immagine dura di sé, essere irascibile).
I mercati sono dinamici, attivi, e hanno l’insito potere di trasformare le relazioni sociali. Un concetto simile rende il mercato tanto un modello per la vita sociale quanto un riflesso di essa. Le negoziazioni che vi vengono intraprese cambiano sicuramente le vite delle persone, cambiano il significato, o meglio, i significati della vita.
Una breve annotazione di Valentina Porcellana
Le comunità rurali sono al centro della rete tra mercato locale e mercato globale per mezzo dei beni che producono e di quelli che consumano. Il tipo di coltivazioni legato al fabbisogno locale viene sostituito con prodotti commercializzabili. Governi, imprenditori, aziende, innovatori locali sono gli sponsor del cambiamento: “la produzione di raccolti commerciali necessita di una riorganizzazione dei lavori agricoli e del modo in cui il tempo viene dedicato alle diverse attività; richiede nuovo sapere e nuove abilità e cambia i ruoli sociali degli uomini, delle donne e dei bambini” (p. 43). Come si fa a valutare se l’introduzione di queste innovazioni – che rivoluzionano i tempi, gli spazi, gli stessi modi d’essere sociale di un gruppo – sono responsabili? “La letteratura relativa alle comunità rurali prese in esame nel momento in cui questo processo è in corso evidenzia che è difficile prevedere, sul lungo termine, gli effetti che tali transizioni possono avere localmente, e che le conseguenze sono ben lontane dall’essere interamente positive”. I rischi riguardano l’ambiente, ma riguardano anche la perdita di saperi locali. E anche dal punto di vista economico, si crea “una dipendenza economica da mercati dei prodotti che determinano i prezzi, geograficamente molto lontani”. L’incertezza legata ai prezzi di mercato genera insicurezza, competizione, tensione sociale.
E’ sempre fondamentale ricordare che il mercato non è un’entità impersonale, ma una rete di relazioni sociali, dunque profondamente umano. Per questo ha un ruolo determinante nel cambiamento di valori materiali e sociali. Le figure chiave del cambiamento – anche nel caso venezuelano – sono gli imprenditori, innovatori in quanto “aprono la strada a nuove forme economiche che si discostano da quelle tradizionali”. Nelle loro mani i beni, di per sé neutri, “acquistano senso attraverso l’uso, assorbendo potere e valore” e diventando i “segni” del successo, della modernità e della fortuna. E per questo desiderabili.