In data 26 gennaio abbiamo visitato la sede dell’ATR (Advanced Telecomunication Research Institute International) , una compagnia giapponese specializzata nella produzione di robots i cui quartieri generali sono situati vicino a Kyoto. Il Dr. Takayuki Kanda, ricercatore presso l’azienda e nostro interlocutore, ci ha introdotto all’esplorazione degli artefatti ATR attraverso una presentazione molto articolata delle ricerche aziendali nell’ambito della robotica a uso sociale. Si tratta del progetto della sezione IRC (Intelligent Robotics and Communications Laboratories) dell’ATR, dedicata alla produzione dei cosiddetti ‘robots comunicazionali’ – i ‘communication robots’ -, pensati per essere impiegati nella sfera dei servizi e realizzati con grande attenzione per la dimensione emozionale dell’interazione sociale (1). Toccando la questione dell’interazione tra agenti artificiali e agenti umani, il Dr. Kanda ha enfatizzato l’importanza dell’embodiment, l”incorpamento’, per l’attivazione nell’uomo dell’effetto emozionale. Una delle specificità che distingue i robots da altri tipi di agenti artificiali – per esempio gli agenti virtuali (cfr. report 2) – è il possesso di una struttura che svolge le funzioni di un corpo. Secondo il Dr. Kanda la condivisione della dimensione corporea è la chiave dell’interazione emozionale ed empatica tra macchine e umani. E’ una tesi che suggerisce l’allineamento teorico del ricercatore, perlomeno in certa misura, con la direttrice post-classica della scienza cognitiva, l’embodied cognitive science, interprete della concezione di matrice fenomenologica secondo cui l’accesso all’altro – l’apertura intersoggettiva che permette e produce la risonanza emozionale – dipende essenzialmente dal corpo.
Gli agenti artificiali ATR con ‘embodiment robotico’ che abbiamo incontrato sono di due diversi tipi. Il primo è ROBOVIE, realizzato in diverse versioni, tutte destinate a essere usate come strumenti di informazione sociale (pubblicitaria, educativa o di altro tipo – per esempio il ‘servizio informazioni’ di una stazione ferroviaria ) o come supporto di agenti umani (affiancamento dei pazienti negli ospedali o degli anziani nei ricoveri, lavori domestici, attività di reception in luoghi pubblici, persino sicurezza). Gli aspetti che accomunano le diverse versioni di ROBOVIE sono sostanzialmente tre: (a) la taglia piccola, quasi da bambino; (b) un volto dall’espressività intensa, condensata primariamente negli occhi, capaci di seguire sguardo umano; (c) un corpo (braccia, tronco e parti mobili equivalenti alle gambe) con capacità di movimento che gli permettono di coordinarsi dinamicamente nello spazio fisico con l’interlocutore umano. Nell’interazione ROBOVIE non è mai minaccioso e genera un effetto emozionale positivo. Dà l’impressione di poter riconoscere i propri interlocutori e di ricordare gli incontri passati, instaurando una comunicazione semplice e piacevole come quella che si può avere con un bimbo. Ma, dalla presentazione introduttiva di Kanda, sappiamo che sostanzialmente tutte queste abilità sono in qualche misura una ‘finzione’ o, almeno, non sono ciò che sembrano a prima vista. Per esempio la capacità di riconoscimento degli interlocutori non è effettiva. In occasione del primo incontro con ROBOVIE agli agenti umani viene consegnato un badge il quale, inviando un segnale radio che il robot può intercettare, permette l’identificazione. Più che di una capacità intrinseca del robot, il riconoscimento è una proprietà del sistema costituito dal robot e dall’ambiente sociale (modificato). Accade lo stesso per altre competenze dei robots. La capacità di coordinazione motoria con l’alterità umana, al pari della possibilità di intrattenere una conversazione pertinente e dotata di una dimensione storica, non appartengono al robot, ma dipendono da un operatore umano che, a distanza, lo controlla. Gli attori robotici ATR – e molti di quelli prodotti dalla scienza dell’artificiale contemporanea – sono ‘semi-autonomi’, ovvero sono in permanente relazione con un agente umano che svolge un ruolo decisivo nell’attivazione delle unità motorie e delle funzioni interattive della macchina. La versione più autonoma attualmente disponibile di ROBOVIE ha le fattezze di una bambina robotica, dotata di un sofisticatissimo sistema percettivo, estremamente diverso dal nostro, che le permette di fare ogni giorno una passeggiata da sola tra gli uffici dell’ATR, dove interagisce con le persone che incontra attraverso un repertorio limitato di frasi molto semplici.
Il secondo tipo di artefatto con cui abbiamo interagito presso i laboratori ATR è un androide. Il Dr. Kanda ci ha messo a contatto con il robot senza preavviso, facendoci entrare in un ufficio dove l’androide sedeva in atteggiamento d’attesa con espressione cupa. L’effetto emozionale, inizialmente intenso, si è espresso in entrambi come un misto di perplessità e inquietudine – incertezza. Le dimensioni e le fattezze di un individuo umano adulto, unite a un lieve movimento corporeo ed espressivo permanente, atto a riprodurre artificialmente quello caratteristico dei soggetti umani, non ci hanno permesso di capire subito che avessimo di fronte una macchina. L’impressione primaria è stata quella di trovarci in presenza di un individuo che, per ragioni difficili da definire, risultava anomalo e in qualche misura minaccioso. La reazione si è prolungata oltre il momento dell’identificazione del robot, forse a causa della taglia dell’artefatto o del suo carattere apparentemente autonomo. L’androide è però semi-autonomo e non può muoversi nello spazio. E’ vincolato alla sedia, che gli fornisce l’aria compressa necessaria per dargli la forma umana. L’unico tipo di motilità di cui dispone consiste nei movimenti delle mani e in quelli espressivi del volto. Questi ultimi, in particolare, sono impressionantemente ‘umani’. Riproducono i movimenti espressivi di un operatore che controlla l’androide da un’altra stanza, collegato al robot da un sistema che coordina il limitato apparato senso-motorio della macchina ad alcune porzioni di quello dell’agente umano – porzioni relate esclusivamente all’espressione facciale e gestuale. E’ un tipo di connessione che definisce l’uso più probabile dell’androide nell’immediato futuro. Il Dr. Kanda ne ha parlato come di un ‘telefono’ – un sostituto ‘incorporato’ della persona con cui si parla a distanza. Di fatto l’androide che abbiamo incontrato riproduce le fattezze del Dr. Hiroshi Ishiguro, il Visiting Group Leader del Department of Communication Robots dei laboratori ATR. Questo ‘doppio’ permette al Dr. Ishiguro di ‘interagire’ con lo staff ATR dall’ufficio dell’Università di Osaka.
La visita all’ATR ci ha messo di fronte all’evidenza che la scienza dell’artificiale – anche qui in Giappone, dove la si suppone più avanzata – è molto lontana dalla produzione di agenti autonomi. Esplorando i laboratori ATR abbiamo avuto modo di percepire e comprendere meglio gli effetti dello sviluppo della robotica a uso sociale. E’ chiaro che, allo stato attuale, per dare anche solo un’autonomia parziale alle macchine è necessario trasformare profondamente l’ambiente in cui esse interagiscono con gli umani. Quella richiesta è una trasformazione dell’ambiente sociale in un sistema tecnologico, indispensabile perché gli artefatti possano manifestare le proprie abilità, anche se limitate. Per esempio è necessario che gli agenti umani dispongano di dispositivi di emissione di segnali radio atti a permetterne l’identificazione da parte dei robots. Ma non solo. Il funzionamento di queste macchine richiede spazi semplificati, privi di ostacoli, in cui i robots possano muoversi e riconoscere con una relativa facilità ciò a cui si avvicinano. E’ altamente probabile che l’uso di robots come questi in ospedali, scuole o centri commerciali imporrà la realizzazione di una significativa modificazione di questi ambienti, atta a farne luoghi ‘robot friendly’.
1.
L’attenzione dell’IRC per l’aspetto emozionale è evidente nelle parole con cui gli artefatti robotici ad uso sociale vengono presentati sul sito aziendale: ‘they give us heartful feelings by making gesture with a kid voice.’ (torna al testo)