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Il saluto di Enrico Decleva, Rettore dell’Università degli Studi di Milano, si apre con una considerazione sulla responsabilità dell’innovazione, un tema complesso, abbastanza nuovo per l’Italia, che la Fondazione Bassetti ha il merito di aver centrato con la sua riflessione. Anche il libro di Sheila Jasanoff “Fabbriche della natura”- sottolinea il Rettore – è complesso, ma molto stimolante poiché pone una serie di problemi a cui la nostra cultura riesce a dare risposte solo parziali. “Quella di Sheila Jasanoff – dice Decleva – è una prospettiva storico-sociologico-comparatistica e questo mi sembra un approccio estremamente vivo e che ci ricorda che i problemi ci sono e vanno affrontati all’interno delle diverse culture”.
Piero Bassetti, Presidente della Fondazione Giannino Bassetti, sottolinea quanto il lavoro di Sheila Jasanoff sul ruolo della scienza e della tecnologia nella legge e nelle politiche delle moderne democrazie sia importante per far proseguire le riflessioni della FGB e per fare incontrare attori diversi (scienziati, policy makers, cittadini) a riflettere su temi di interesse comune.
“Nelle società moderne – spiega Piero Bassetti – il sapere e le pratiche scientifiche e innovative devono essere vincolate alla riformulazione dei diritti dei cittadini e delle istituzioni democratiche. Questa è una tematica centrale nel lavoro della nostra Fondazione che si occupa di responsabilità nell’innovazione, con particolare attenzione alle influenza che l’innovazione esercita sulle condizioni sociali, etiche e politiche della società. La FGB si pone infatti l’obiettivo di stimolare il dibattito su un tema troppo spesso ignorato, la responsabilità nell’innovazione. L’innovazione per noi non è equivalente a novità o scoperta, ma è assunta nel suo senso preciso di realizzazione dell’improbabile, di atto creativo per effetto del quale un surplus di sapere, sommandosi sempre a un surplus di potere, determina un fatto o una situazione storicamente nuova, fatalmente destinata a entrare nella nostra vita grazie a coloro i quali, facendo incontrare scienza e potere, decidono di realizzare cose, relazioni, situazioni prima inesistenti. Riflettere e far riflettere su ciò, sulle nuove possibilità, sui nuovi rischi, sui nuovi problemi di senso che l’innovazione propone nelle nostre società è il nostro scopo per orientare coloro che hanno compiti pubblici o privati a fare anche in questi campi complessi scelte consapevoli e responsabili”.
Il Presidente Bassetti ricorda che l’incontro con Sheila Jasanoff è il quarto episodio di una serie di lectures che si sono svolte alla Statale di Milano, luogo ideale per l’incontro tra cittadini e scienziati sui temi della responsabilità dell’innovazione. “E’ già stato detto – conclude Bassetti – che la razionalità sociale senza la razionalità scientifica è cieca e che la razionalità scientifica senza la razionalità sociale è vuota. Ed è stato anche detto che questo divario è insuperabile, quasi agli scienziati toccasse fare scelte anche per i cittadini. Noi siamo invece tra quelli che ritengono che il rimedio a questa sterile contrapposizione c’è e sta nell’avvicinare cittadini e scienziati alla consapevolezza della loro univoca responsabilità civile e politica. Solo così i percorsi dell’innovazione tecnico-scientifica e quelli delle decisioni sociali, normative e politiche potranno fondersi nell’interesse di uno sviluppo accettabile. Sheila Jasanoff ci aiuterà oggi ad approfondire questi temi, insieme ai discussants Mariachiara Tallacchini, Giuseppe Remuzzi e Massimiano Bucchi”.
In apertura del suo intervento Sheila Jasanoff spiega la scelta del titolo “Making the Facts of Life”. Già a partire dal titolo, il suo intento è quello di rendere discutibile ciò che di solito si dà per scontato, in particolare quelli che vengono considerati i “dati di fatto” nelle scienze. Nella sua analisi il metodo comparativo è utile per dimostrare che quello che è un dato di fatto sui temi della vita in un paese può non esserlo altrettanto in un altro, anche se i paesi sono abbastanza simili, come la Germania, l’Inghilterra e gli Stati Uniti.
Nella nostra era biopolitica, le forme classiche di pensiero politico non sono più sufficienti per rispondere a domande cruciali come: “Stiamo strumentalizzando la vita? Stiamo violando l’integrità umana? Chi si occupa della scelta, chi fa i cambiamenti? Chi ha responsabilità dell’alterazione dei ‘dati di fatto della vita’?”. A partire dagli anni Ottanta è andato crescendo lo status della bioetica in qualità di elemento aggiuntivo alla politica pubblica e come nuovo campo di expertise professionale.
Molte cose sono cambiate da quando la Commissione Warnock (1984) ha presentato il proprio rapporto sulla ricerca embrionale, dando la definizione di pre-embrione (dal 14° giorno della fecondazione l’essere in sviluppo diventa “individuo”). Quello che rimane da fare, secondo Sheila Jasanoff, è un’analisi politica profonda di che cosa significa questa diffusione della bioetica, che cosa vuol dire per l’etica, per la responsabilità scientifica, per la vita stessa.
Sheila Jasanoff ricostruisce il contesto politico in cui si sono sviluppate le political ontologies nei diversi Paesi, compara che cosa si intende per pre-embrione in Inghilterra, Germania e Stati Uniti e le diverse politiche bioetiche (di ricerca come in Inghilterra o di negazione dello sviluppo della ricerca come in Germania).
“Davanti a domande di ontologia politica, prima fra tutte, quando inizia la vita umana – spiega Sheila Jasanoff – tre sistemi politici democratici hanno dato tre risposte molto diverse: l’Inghilterra ha realizzato questo ‘intervento chirurgico ontologico’ per cui il pre-embrione prima dei 14 giorni non vale di più di un prelievo di sangue. In Germania non è stato raggiunto consenso scientifico sulla questione ontologica di base. La legge e la politica hanno risposto erigendo delle barriere altissime contro gli invasori moralmente ambigui che lavorano nei laboratori scientifici. Negli USA, in cui le questioni ontologiche rimangono tanto oscure quanto in Germania, le differenze tra i sistemi di regole pubbliche e private hanno permesso di andare avanti, ma con due gruppi di norme diverse. Nel frattempo l’imprenditoria privata invoca l’autorità della scienza per caratterizzare l’embrione in modo da poter procedere eticamente in ricerche biomediche lucrative. Queste strategie non sono né arbitrarie né incidentali, ma sono conformi alle aspettative nascoste della collettività. Modalità tacite con cui le collettività riescono a organizzare le loro vite: sono quelle che io chiamo le epistemologie civiche”.
Secondo Sheila Jasanoff è necessario riteorizzare il posto e il ruolo dell’etica nella politica. I comitati come quello di Harvard di cui la stessa Jasanoff fa parte (Harvard’s Embryonic Stem Cell Research Oversight (ESCRO) Committee) sono luoghi in cui le teorie politiche sono discusse e in cui i principi etici seguono i gruppi di interesse. La bioetica deve essere vista e percepita come strumento che ci aiuta a produrre le ontologie, cioè i dati di fatto della nostra vita che danno supporto alla legge che condiziona il comportamento sociale. La bioetica realizza un “intervento chirurgico ontologico” in tanti settori. Ma la modernità non segue un unico percorso, la scienza infatti non ci dice quello che dobbiamo fare e come dobbiamo gestire le nostre vite, ma la scienza non ci dice neanche quali sono questi dati di fatto. Lo studio delle differenze che si producono nei diversi paesi concerne la cultura in cui si formano insiemi di idee, si creano gerarchie di conoscenze e norme. Dobbiamo fare quindi uno sforzo critico rispetto alle nostre etiche.
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Il sociologo della scienza Massimiano Bucchi sottolinea nel suo intervento la ricchezza dell’analisi empirica di Sheila Jasanoff basata sull’osservazione e sulla comparazione e riflette sul “gioco a somma zero” in cui sono implicati i “valori” da una parte e la “scienza” dall’altra. Bucchi argomenta sul perché, secondo il suo punto di vista, questa visione che contrappone valori e scienza sia storicamente infondata, inadeguata per comprendere i problemi di oggi e controproducente.
Giuseppe Remuzzi, Coordinatore delle ricerche all’Istituto Mario Negri di Bergamo, si chiede e chiede a Sheila Jasanoff che cos’è la bioetica e che cos’è la dignità umana. E sottolinea che deve essere la scienza a guidare le scelte, perché sono gli scienziati che hanno le conoscenze. Sicuramente bisogna avvicinare i cittadini alla scienza, ma attraverso gli scienziati che spiegano alla società la scienza.
La filosofa del diritto Mariachiara Tallacchini sottolinea come la riflessione proposta da Sheila Jasanoff solleciti un ripensamento di molte discipline, a partire dalla sociologia della scienza e la filosofia del diritto. Mariachiara Tallacchini evidenzia come la bioetica ha modificato le istituzioni nello stato di diritto e la gerarchia delle fonti normative. “Io mi riferisco alla bioetica o all’etica – dice Tallacchini – come a quel tipo di pratiche che sono entrate ormai nella gestione delle nostre istituzioni. Bisogna analizzare in che modo le società democratiche devono ripensare queste procedure per aprire i processi democratici, non per chiuderli. Come dice Sheila Jasanoff dobbiamo essere più etici, più democratici e più consapevoli rispetto alle nostre istituzioni”. Tallacchini riprende alcuni punti centrali del discorso della Jasanoff, tra i cui quello dei comitati etici (riferendosi in particolare alle Commissioni di indirizzo politico); apre la questione della collocazione delle commissioni di etica (oggi più vicine al potere esecutivo che a quello legislativo); riprende la questione delle etiche di Stato e del rapporto tra “etica” e “valori” suggerita anche da Bucchi e riflette sul fatto che in Europa (e per fare l’Europa) l’etica è un surrogato della politica.
Le conclusioni di Sheila Jasanoff rispondono alle questioni emerse negli interventi dei discussants, sottolineando come la bioetica non scompare solo perché è molteplice ed ha molteplici livelli. “I territori cognitivi oggi sono complessi – dice Jasanoff – e ogni disciplina ha un linguaggio per rispondere a quelle che chiamo domande definizionali. Secondo me si può dare risposta a cosa sia la bioetica osservando ciò che fanno coloro che dicono di fare bioetica. La bioetica può avere una funzione transnazionale e mediativa, che può aiutare gli scienziati a farsi certe domande, ma anche i cittadini. Secondo me la bioetica è molto importante perché pone grandi domande e porta qualche risposta su che cosa vuol dire esseri umani. Tutti quanti abbiamo il dovere, l’obbligo di riflettere su questi temi e sul significato della vita. Non ci sono risposte ovvie e queste, per essere trovate, presuppongono una grande energia intellettuale che va gestita con responsabilità”.