Il 20 febbraio si è svolto a Roma un importante convegno sulla robotica dal titolo “Robotics: A New Science“. L’evento è stato concepito come seminario il cui obiettivo era quello di discutere l’attuale sviluppo della robotica nel quadro dei recenti sviluppi scientifici e tecnologici nei settori dell’informatica, delle telecomunicazioni, dei software e dispositivi elettronici.
Fiorella Operto in questo articolo traccia in breve i principali punti che sono stati discussi.
Robotica. Una nuova scienza.
di Fiorella Operto
La robotica sta progressivamente penetrando molti spazi della nostra vita. Dopo la robotica industriale, la robotica di servizio ha raggiunto le nostre abitazioni. Inoltre, l’applicazione delle tecnologie della comunicazione e quelle basate sul Web ha aperto il settore multiforme dei robot ubiquiti. Nello stesso tempo, la ricerca robotica sta contribuendo a importanti sviluppi scientifici e culturali. La sfida di costruire un’entità intelligente e autonoma che abbia capacità di azione e intervento simili – talvolta superiori – all’essere umano richiede di ripensare a questa nuova scienza, la robotica, da un punto di vista globale, in un processo che vede scienze fisiche e umane collaborare verso un comune obiettivo di conoscenza.
E’ la robotica una nuova scienza? O è semplicemente quel settore dell’Ingegneria che studia e progetta macchine autonome intelligenti?
Non è certo facile rispondere a questo interrogativo, perché la robotica è una disciplina ancora nel suo stato nascente, ma io credo che la sfida di costruire una replica meccanica di un organismo biologico comporti un tale salto qualitativo, rispetto alla somma delle competenze necessarie, da richiedere forse un nuovo paradigma scientifico. La discussione su questo tema è accesa, come abbiamo visto in occasione del simposio sulla robotica che si è tenuto all’Accademia dei Lincei il 20 febbraio del 2008.
La robotica infatti, riunisce conoscenze che appartengono al settore delle scienze fisiche, e anche di quelle umanistiche, e le impiega in un modo originale teso a riprodurre, sia fisicamente che mentalmente proprietà tipiche degli esseri biologici. Proprio questo melting pot di meccatronica, automazione, cibernetica e intelligenza artificiale è la sua caratteristica fondamentale, che la differenzia dalle altre discipline ingegneristiche.
La questione è ovviamente aperta, ma una cosa è certa: affrontare le problematiche della robotica in chiave fantascientifica può ingenerare gravi confusioni. Ecco perché a mio parere occorrerebbe un divorzio consensuale tra la folta letteratura in tema di automi e robot e la vera storia della robotica. Infatti, non vi è conferenza o articolo sui robot che non prenda le mosse dai miti di Dedalo, o dal Golem, o da Frankenstein. Senza nulla togliere a queste geniali metafore sulla condizione umana, di una cosa possiamo essere certi: i robot non si emozionano, non amano e non soffrono come noi umani.
Essi hanno altre proprietà, alcune delle quali interessanti quanto le nostre, ma profondamente diverse. Un robot di servizio dotato di sensori a ultrasuoni e ad infrarossi avrà una visione del mondo che noi umani non avremo mai. Ma, non sogna certo di trasformarsi da Pinocchio burattino in ragazzino. Semplicemente, fa il lavoro per cui è stato costruito.
Non si insisterà mai abbastanza sul fatto che i robot non potranno evolvere a immagine e somiglianza degli esseri viventi di questo pianeta, in quanto la loro origine, la loro struttura fisica e la loro intelligenza sono profondamente diversi. Il che può essere anche molto interessante. Infatti, l’originalità della robotica è anche in questo suo andare oltre i pattern conosciuti dell’evoluzione biologica.
L’imprecisione del linguaggio comune, e la torre di Babele del linguaggio tecnico, hanno spesso ingenerato confusione. Usiamo le stesse parole per diversa semantica. Pertanto, intelligenza, autonomia, coscienza, apprendimento e così via hanno significati diversi in contesti diversi. Parrebbe una disquisizione scolastica, se il risultato non fosse la nascita di dibattiti francamente ridicoli, come quello sui diritti dei robot, mentre ben più seri e pressanti problemi si affacciano all’orizzonte, come quelli legati all’impiego dei robot in guerra.
Finalmente ci si sta rendendo conto infatti che l’evoluzione delle famose armi intelligenti altro non è che lo sviluppo di robot autonomi dotati della licenza di uccidere esseri umani. La questione è della massima serietà, in quanto l’umanità sta, più o meno consapevolmente, costruendo una nuova micidiale classe di predatori, roboticamente intelligentissimi ma umanamente stupidi.
Non è della improbabile ribellione di questi robot che occorre preoccuparsi, ma piuttosto della complessità dei loro algoritmi di apprendimento e di autonomia, che rende impossibile prevedere ogni dettaglio del loro comportamento in ambiente ostile. Per non parlare della possibilità di malfunzionamenti, siano essi casuali o provocati dal nemico, o del rischio di un loro impiego per fini illeciti.
Per questo chi si occupa di Roboetica (Gianmarco Veruggio, molti ricercatori nel settore della biorobotica, esperti di etica&scienza) ritiene che occorra al più presto aprire un serio dibattito internazionale, basato su una seria e corretta informazione, che porti alla regolamentazione di questi armamenti non convenzionali, come già avviene per quelli atomici, biologici o chimici.
E’ sufficiente leggere i giornali per convincersi che la rivoluzione tecnologica è imminente. La robotica sarà sicuramente un formidabile strumento di progresso, ma susciterà anche problemi ed interrogativi che finora sembravano riservati al campo della fantascienza. A soli quattro anni dalla sua nascita, la Roboetica si sta dimostrando un utile strumento culturale per stimolare una maggiore sensibilità dei ricercatori robotici nei confronti delle loro responsabilità verso la società. La dimostrazione è il crescente numero di autorevoli scienziati che si dimostra interessato e partecipe, e il fiorire di iniziative e progetti sul tema.