Prosegue la riflessione della Fondazione Bassetti su scienza, innovazione e responsabilità. Dopo la presentazione della traduzione italiana del rapporto europeo “Scienza e Governance. La Società Europea della Conoscenza presa sul serio“, lunedi 5 maggio alle ore 15.00 la FGB ospiterà presso la propria sede milanese un seminario con Sheila Jasanoff, professore di Science and Technology Studies alla Kennedy School of Government della Harvard University, tra gli autori dello stesso documento. Il seminario, a cui farà seguito una lectio magistralis il 6 maggio all’Università Statale di Milano, si focalizzerà sulle implicazioni politiche degli immaginari sociali della scienza.
Pubblichiamo qui una riflessione a firma di Mariachiara Tallacchini sull’approccio scientifico di Sheila Jasanoff, che utilizza la prospettiva, per molti versi innovativa, dei Science & Technology Studies per affrontare temi di grande attualità come quello delle biotecnologie.
Politiche della scienza e ridefinizioni della democrazia
di Mariachiara Tallacchini
I Science & Technology Studies (STS), gli studi sociali sulla scienza, non conoscono ancora larga diffusione in Italia, dove solo in tempi recenti hanno cominciato ad apparire nel panorama culturale. Tale ambito di riflessione riunisce un insieme variegato di interessi e ricerche interdisciplinari, che hanno avuto origine tra gli anni settanta e ottanta (1) dall’incontro e all’interfaccia di filosofia, sociologia della scienza e antropologia: indirizzi di ricerca interessati al significato e ai modi dell’impatto della tecnologia sulla società, all’analisi sociale dei rischi e dell’incertezza, all’approccio costruttivista all’epistemologia, allo studio etnografico delle attività degli scienziati e all’analisi delle procedure di demarcazione tra sistemi disciplinari (boundary work) (2).
Pur semplificando le molteplici linee di ricerca rappresentate, ciò che caratterizza i Science & Technology Studies è l’attenzione per le complesse radici storico-culturali del sapere scientifico, per i suoi intricati legami con le scienze sociali, per le dimensioni di sapere-potere in esso implicite, per i rapporti tra scienza e società (science and society) e per il ruolo che la scienza occupa nella società (science in society) (3), infine per le modalità con cui la scienza plasma e permea di sé le istituzioni politico-giuridiche (4).
Al centro delle ricerche degli studiosi di STS vi sono le dinamiche concrete che integrano scienza, tecnologia e pratiche sociali; o, forse meglio, le ragioni per cui la tecnoscienza – termine sovente utilizzato per sottolineare l’inseparabilità sociale e operativa tra scienza e tecnologia – non è adeguatamente compresa, se non in continuità con altri sistemi sociali. E il tipo di riflessione che tali indagini propongono è volto a comprendere non tanto i criteri di validità del sapere scientifico, ma soprattutto le pratiche con cui la scienza costruisce la propria ‘credibilità’ sociale: in altri termini, le modalità con cui le asserzioni degli scienziati, attraverso negoziazioni e procedure di accreditamento, diventano parte del sapere condiviso dalla società.
All’interno di questo quadro concettuale, ciò che rende peculiare la posizione di Sheila Jasanoff è la specifica attenzione alle questioni normative – etiche, giuridiche e politiche – connesse all’evoluzione della tecnoscienza (5). L’approccio che guarda alla ‘scienza nella società’, infatti, appare per più ragioni adeguato allo scopo di analizzare da vicino come i linguaggi della scienza, della politica e del diritto si mescolino, dando vita a nuovi concetti, a nuove istituzioni, a nuove forme di vita pubblica e di democrazia.
Il carattere innovativo del lavoro dell’autrice consiste proprio nel collocarsi all’intersezione tra analisi dei saperi scientifico-tecnologici e riflessione normativa, e nel mostrare che i linguaggi apparentemente distanti di scienza e tecnologia da un lato, e dei sistemi etici, giuridici e politici dall’altro – descrittivi i primi, prescrittivi i secondi – si generano e si sorreggono reciprocamente. La particolarità della prospettiva di Sheila Jasanoff consiste non solo nell’aver esteso lo sguardo e il metodo della decostruzione all’analisi delle istituzioni coinvolte nella regolazione della scienza, ma anche nell’aver suggerito che tale metodo, rivolto alle premesse e alle assunzioni implicite nei discorsi della scienza, del diritto e della politica, può rivelarsi uno strumento prezioso in sede normativa. Esso consente infatti di chiarificare come il riferimento a una presunta oggettività della scienza possa diventare la strategia per far valere poteri non democraticamente legittimati.
Questo intreccio tra l’approccio STS e i temi normativi configura un settore di indagine ancora più nuovo e poco esplorato, e questa volta non solo nel nostro panorama culturale. Lo stesso si può dire, infatti, anche della cultura accademica e istituzionale della science policy statunitense, il cui approccio, prevalentemente intellettuale, resta ancorato a una visione positivistica e riduzionistica del sapere scientifico e a una concezione di neutrale oggettività della regolazione della scienza: un’ideologia che si è cristallizzata nell’espressione ‘science speaks truth to power’ (6).
Sheila Jasanoff, nata a Calcutta ma statunitense per educazione e percorso accademico, insegna Science and Technology Studies alla Kennedy School of Government della Harvard University dal 1998, dopo aver lavorato per molti anni alla Cornell University, dove già aveva fondato il primo dipartimento di Science & Technology Studies.
In una costante produzione scientifica più che ventennale, l’autrice si è incessantemente interrogata sulle implicazioni che una visione costruttivista della scienza comporta nelle contemporanee società liberaldemocratiche, quando il sapere scientifico diventa la fonte principale, più accreditata, legittimata e legittimante nell’elaborazione del background cognitivo degli ordinamenti giuridici (7). Quest’opera di ricognizione delle modalità con cui i saperi ispirano le norme, delle pratiche che trasformano le fonti di acquisizione della conoscenza in fonti normative, e dei complessi percorsi di traduzione tra linguaggi descrittivi e prescrittivi, ha acquistato una sistematicità crescente. Tale sistematicità, che si è via via definita nel suo percorso attraverso tutti i poteri dello Stato nelle loro relazioni con la scienza, si completa nelle pagine di Fabbriche della natura.
Già nel 1990, con The Fifth Branch. Science Advisers as Policymakers (8), Sheila Jasanoff aveva cominciato a sondare il mondo della cosiddetta regulatory science, (la scienza costruita e predisposta per finalità normative) (9), analizzando il ruolo politico degli esperti e le dimensioni di politicità celate sotto l’apparente tecnicità e neutralità dell’expertise scientifico, nelle attività delle principali agenzie di regolamentazione statunitensi. A partire dagli anni settanta, insieme all’affermarsi di nuove tecnologie, le amministrazioni con competenze tecnico-scientifiche hanno cominciato a proliferare e ad acquistare un rilievo sempre maggiore nella regolazione della scienza statunitense. In particolare, la Food and Drug Administration (Fda) e la Environmental Protection Agency (Epa) assumono in quel periodo un ruolo molto attivo nella definizione delle politiche pubbliche nel campo della tutela della salute e dell’ambiente. Ma tale ruolo, pur chiaramente politico, si è presentato ed è stato costantemente giustificato attraverso il carattere oggettivo e certo della scienza, che diventa un potente elemento di legittimazione dell’attività amministrativa e di policy.
La scienza davanti ai giudici, pubblicato nel 1995, è il secondo libro che Sheila Jasanoff dedica ai rapporti tra scienza e normatività – e il primo tradotto in italiano (10). Qui l’analisi dei rapporti tra scienza e diritto investe direttamente il settore più caratteristico degli ordinamenti di common law, il sistema giudiziario. Attraverso l’analisi di numerosi casi giudiziari, che percorrono gran parte della storia della protezione ambientale, delle vicende bioetiche e delle incipienti biotecnologie negli Stati Uniti, l’autrice ricostruisce il filo logico seguito dalle corti americane, tra gli anni settanta e novanta, per l’elaborazione delle relazioni tra scienza e società.
L’analisi delle diverse fasi dell’intervento giudiziario in materia di tecnoscienza illustra il confronto serrato tra le dimensioni normative dell’epistemologia e le dimensioni epistemiche del diritto. Tale analisi parte all’inizio del ventesimo secolo dall’iniziale deferenza che il diritto aveva nei confronti della scienza (11) e arriva all’appropriazione da parte dei giudici del processo di validazione del sapere scientifico utilizzato per finalità giudiziarie, mossa dall’oggettività codificabile del metodo scientifico (12). Le corti americane sono state capaci sia di decostruire il sapere e il metodo scientifico sia di riaffermare il primato del diritto sulla scienza quale strumento fondamentale per le scelte sociali, ritagliando la propria autonomia decisionale tra pressioni diverse (agenzie governative e potere legislativo, industria, individui e associazioni) e rivendicando il proprio ruolo di rappresentanti dei cittadini e della società civile. Ciò che i giudici americani non hanno saputo fare è applicare quel metodo a loro stessi, né acquistando consapevolezza delle assunzioni valoriali implicite nelle nozioni giuridiche né mostrandosi maggiormente autoriflessivi rispetto alla politicità del proprio ruolo istituzionale.
Note
1. Per una ricostruzione storica e teorica degli Sts, vedi S. Jasanoff, G. Markle, J. Petersen, T. Pinch (eds.), Handbook of Science and Technology Studies, Sage Publications, Thousand Oaks, CA 1995; D.J. Hess, Science Studies, an advanced introduction, New York University Press, New York – London 1997. Nella letteratura in lingua italiana si segnala: M. Bucchi, Scienza e società, Il Mulino, Bologna 2002; M. Bucchi, F. Neresini (a cura di), Cellule e cittadini. Biotecnologie nello spazio pubblico, Sironi, Milano 2006; A. Mongili, Tecnologia e società, Carocci, Roma 2007. (torna al testo)
2. T. Gieryn, Cultural Boundaries of Science: Credibility on the Line, University of Chicago Press, Chicago 1999. (torna al testo)
3. Questo mutamento lessicale e concettuale è stato attuato, tra l’altro, in seno alla Commissione Europea, che ha cambiato in tal senso la denominazione di questa tematica. Vedi: http://ec.europa.eu/research/science-society/. (torna al testo)
4. Cfr., per esempio, T. Porter, Trust in Numbers, Princeton University Press, Princeton, NJ 1995; I. Hacking, The Social Construction of What?, Harvard University Press, Cambridge, MA 1999; K. Knorr-Cetina, Epistemic Cultures: How the Sciences Make the Knowledge, Harvard University Press, Cambridge MA 1999. (torna al testo)
5. Il termine tecnoscienza viene talora utilizzato quando si vuole rafforzare il senso di connessione inscindibile tra ricerca scientifica e applicazioni tecnologiche. (torna al testo)
6. A. Wildavsky, Speaking Truth to Power, Little, Brown and Co., Boston, MA 1979. (torna al testo)
7. S. Jasanoff, ‘Is Science Socially Constructed -And Can It Still Inform Public Policy?’, in Science and Engineering Ethics 2, 1996, pp.263-276; ‘Beyond Epistemology: Relativism and Engagement in the Politics of Science’, in Social Studies of Science 1996, Vol. 26, No. 2, pp. 393-418. (torna al testo)
8. S. Jasanoff, The Fifth Branch. Science Advisers as Policymakers, Harvard University Press, Cambridge, MA 1990. (torna al testo)
9. S. Jasanoff, ‘Procedural Choices in Regulatory Science’, in Risk: Health Safety & Environment, 4, 1993, pp. 143-161, http://www.piercelaw.edu/risk/vol4/spring/jasanoff.htm. (torna al testo)
10. S. Jasanoff, Science at the Bar, Harvard University Press, Cambridge, MA 1995, ed. it. a cura di M. Tallacchini, La scienza davanti ai giudici, Giuffrè, Milano 2001. (torna al testo)
11. Si tratta della cosiddetta regola o standard Frye – dal caso Frye v. United States, deciso nel 1923. In base a tale regola, al fine di stabilire quale fosse la scienza valida nelle situazioni scientificamente controverse, i giudici dovevano attenersi alle conoscenze ‘generalmente accettate’ dalla comunità scientifica (‘sufficiently established to have gained general acceptance in the particular field in which it belongs’). (torna al testo)
12. Nel caso Daubert (Daubert v. Merrell Dow Pharmaceuticals Inc., 509 U.S. 579, 1993), la Corte Suprema degli Stati Uniti ha introdotto il principio secondo cui l’accettazione generale, come pure il peer review (la procedura di revisione critica con cui gli appartenenti a una medesima disciplina vagliano la scientificità di nuovi lavori), rappresentano solo una parte degli elementi che i giudici hanno a disposizione per determinare che cosa sia, in un particolare caso, la scienza valida. La nuova regola consente ai giudici di ammettere la testimonianza di esperti che, pur non godendo del riconoscimento della comunità scientifica ufficiale, dimostrino di sapersi avvalere di conoscenze e metodi scientifici (sostengano, cioè, ipotesi falsificabili e suscettibili di essere testate). (torna al testo)