Tra gli eventi dell’XI edizione di Ristorexpo, la rassegna dell’enogastronomia italiana e della ristorazione svoltasi al centro espositivo e congressuale Lariofiere di Erba (CO) dal 17 al 20 febbraio 2008, è stata dedicata una tavola rotonda a “La reinvenzione del cibo: tipicità, tradizione e produzione industriale”. Lo spunto della discussione è venuto dalla contestuale presentazione del volume di Cristina Grasseni, La reinvenzione del cibo. Culture del gusto fra tradizione e globalizzazione ai piedi delle Alpi (Qui Edit, 2007). La Camera di Commercio di Lecco, promotrice dell’incontro, ha chiamato ad intervenire, insieme all’autrice, il suo Vice presidente, Arnaldo Redaelli, Silvio Oldani, direttore di Lariofiere, Giovanni Ciceri, tra i fondatori di Ristorexpo, Italo Bruseghini, Vice presidente della Provincia di Lecco, Carlo Alberto Panont, Segretario generale Ascovilo, Enrica Rivolta, Assessore alla Cultura del Comune di Erba, e Cristina Papa, Ordinario di Antropologia economica all’Università di Perugia. Moderatore dell’incontro è stato Federico Quaranta, esperto di enogastronomia e voce della trasmissione radiofonica Decanter di Radio 2 Rai.
Innovazione e responsabilità sono state le parole chiave evocate dai relatori, l’una in modo esplicito, l’altra suggerita all’interno dei discorsi sulla tracciabilità del prodotto, sulla chiarezza delle etichette e sul maggior coinvolgimento del consumatore in un’educazione consapevole al cibo.
L’eccesso di normalizzazione e di burocratizzazione non facilita l’incontro tra produttori e consumatori e ostacola la produzione dei cibi di qualità. Come superare queste difficoltà? La presentazione del lavoro di Cristina Grasseni è stato lo spunto per riflettere su questi temi, centrali per il comparto enogastronomico italiano che punta al mercato globale e ha suscitato una discussione di carattere propositivo su diversi piani.
La necessità di corredare sempre i prodotti di un’etichetta completa e chiara, avanzata da Giovanni Ciceri, è andata completandosi durante il dibattito con la richiesta di maggiore educazione al cibo avanzata chiaramente da Cristina Papa: la diffusione della qualità si ottiene infatti educando al cibo fin dall’infanzia. Soltanto un consumatore educato e informato può essere in grado di costruire quelle relazioni di fiducia personale, con i propri negozianti, fornitori, ristoratori, che sono l’unica via percorribile da ogni cittadino per assicurarsi prodotti alimentari di qualità. In questo modo, possiamo pensare, anche il produttore sarà chiamato ad un maggiore senso di responsabilità, essendo coinvolto personalmente nel “patto” con il consumatore molte volte evocato dalle organizzazioni agricole italiane.
Un altro aspetto sul quale si è incentrata la discussione è quello del packaging, la presentazione del prodotto per la commercializzazione. Da una parte, come ha sottolineato Cristina Grasseni, un prodotto di qualità necessita di una presentazione coerente che lo valorizzi. A questo proposito è stato evocato il caso del camembert, il cui successo commerciale è avvenuto grazie ad un’innovazione legata al packaging: l’introduzione della celebre scatoletta cilindrica ha permesso di portare il camembert al di là dell’oceano, conquistando New York. Il problema dell’imballaggio, però, è strettamente collegato al tema, oggi più che mai sentito e problematico, dei rifiuti. A questo proposito Italo Bruseghini ha richiamato un’iniziativa attuata in collaborazione con la Provincia di Lecco: la vendita diretta al consumatore del latte crudo da parte dei produttori. Un esempio alternativo è stato portato da Federico Quaranta, che in merito al problema della distribuzione dei prodotti di qualità ha citato il caso di Eataly, il grande mercato dei prodotti tipici aperto a Torino. Da più parti è emersa la necessità di introdurre per questi prodotti la “filiera corta”, in grado di ridurre i prezzi al consumatore e di aumentare il rapporto fiduciario tra le parti.
E’ stato infine sottolineato il carattere convenzionale della parola “tipico”. Difficile, ad esempio, considerare tipici i prodotti realizzati oggi con ingredienti di produzione industriale; ma lo stesso latte italiano, risultato di una selezione bovina che nel nostro Paese si è affinata negli ultimi cinquant’anni, non è più quello delle ricette “di una volta”. “Tipicità”, come ha sottolineato Cristina Papa, è un termine oggi molto più vicino al campo semantico dell’identità che a quello dell’alimentazione, e per questo è dinamico, processuale, problematico. In pratica, ad alto contenuto di innovazione e di responsabilità.
Il libro è stato anche presentato al Salone della Montagna (ALPI 365) al Lingotto di Torino, giovedi 4 ottobre 2007 sul palco della Piazza dei Sapori, da Enrico Camanni (direttore de L’Alpe) e Daniele Jallà (Presidente ICOM – international council of museums – comitato nazionale italiano) ed Elena di Bella (Dirigente del Servizio Sviluppo Montanto, rurale e valorizzazione produzioni tipiche della Provincia di Torino.
Alcune immagini della presentazione ad Erba (Co):