Dal 14 al 17 febbraio presso la Fiera di Udine si è tenuta la rassegna InnovAction”.
L’evento, alla terza edizione, è indirizzato a chi abbia interesse nelle ultime evoluzioni hi-tech, dagli addetti ai lavori ai semplici curiosi. Qui dialogano e si confrontano scienziati di fama internazionale, enti di ricerca e finanziari, imprese e gente comune (40 mila i visitatori del 2007). Tra i personaggi attesi: il premio Nobel per la fisica nel 1998 Robert Laughlin, il co-ideatore del World Wide Web Robert Cailliau, il direttore del Biomechatronics Group del Media Lab Hugh Herr. L’inventore Raymond Kurzweil sarà presente virtualmente con il suo ologramma grazie al teleportec, un suo brevetto Momento di spettacolo con il concerto dei Subsonica. Come spiega Vittorio Bo, uno degli organizzatori. Il tema della manifestazione è la ‘qualità della vita’: da come affrontare con strumenti ‘futuristici’ lo spreco di risorse o l’emergenza rifiuti, a come utilizzare la casa domotica, l’alloggio intelligente e computerizzato. Accanto ai convegni scientifici, ci saranno ampi spazi dedicati agli inventori in cerca di finanziatori, ai laboratori interattivi, alle discussioni e zone studiate per i giovani, dove vivere l’innovazione attraverso exhibit in cui si fondono tecnologia, cultura e musica. ‘La musica si vede e si tocca. Le installazioni permettono di comporre brani combinando immagini e suoni, oppure scalando una parete. Con il mappamondo Globe4D poi si viaggia nel tempo osservando i cambiamenti della Terra’.
All’evento il Corriere della Sera del 10 febbraio ha dedicato due dense pagine.
In particolare, nell’articolo Il dopo Pistorius: protesi attive guidate dal cervello
Claudio Arrigoni riporta le opinioni dello scienziato americano Hugh Herr.
Nel 1982 Herr aveva 17 anni: ‘Amava la montagna. Era un famoso alpinista, ma il Mount Washington lo tradì: tre giorni disperso nel New Hampshire e al ritorno l’amputazione delle gambe sotto il ginocchio a causa del congelamento. Fu allora che Hugh Herr, professore del Dipartimento di Tecnologia e Salute del Mit di Boston, decise di impegnarsi perché fossero migliorate le protesi convenzionali. Ha iniziato a progettare da solo le sue protesi, non ha mai smesso di scalare, si è laureato in biofisica ad Harvard.’
Obiettivo dello scienziato americano è di far scomparire il concetto di disabilità per le persone senza arti.
Più esplicitamente, la protesi non va intesa come un appendice del corpo (gamba di legno), ma deve integrarsi completamente con esso.
Per esempio, riferendosi a Pistorius, un caso che ha ormai ha assunto, al di là della comprensione umana, il ruolo del paradigma dell’integrazione naturale-artificiale: ‘Sono convinto sia possibile avere protesi molto più efficienti di quelle di Pistorius.
Il passo successivo sarà il collegamento delle protesi al corpo. Non manca molto. Fra un decennio saranno pronte nuove protesi e sarà un passaggio rivoluzionario nella storia della disabilità. E’ un momento eccezionale della ricerca scientifica: le protesi esterne hanno risultati grandiosi e la ricerca che si sta conducendo in tutto il mondo per impiantare nei tessuti muscolari dei sensori, che potremmo chiamare protesi interne e che trasportano l’impulso dal cervello alle protesi’,
Meno ottimista di Herr è, però, il redattore dell’articolo, che chiude in questo modo: ‘L’era del cyborg non è ancora arrivata e forse non arriverà mai. Le protesi saranno parte del corpo, per migliorare la vita, non per cambiare l’uomo’
In Sui tacchi ho scoperto d’essere sexy Riccardo Romani intervista la campionessa Usa Sarah Reinertsen.
Al di là della psicologia dell’atleta e della fortezza di carattere ghe l’ha sospinta a superare la propria disabilità e a cogliere risultati prestigiosi, è da cogliere l’osservazione di come la Reinertsen coglie il rapporto con i normodotati.
‘Io lo chiamo “abilismo”: è il razzismo verso quelli come me e Pistorius. Nasce dalla paura che grazie alla tecnologia possano nascere sul serio gli uomini bionici, che qualcuno possa arrivare a farsi amputare un braccio o una gamba di proposito. Cosa assolutamente fuori dalla realtà. Esiste una chiusura mentale che a volte si trasforma in vera e propria discriminazione.’
Qualcosa di analoga è affermato anche da Herr: ‘credo che nel prossimo secolo, avremo largamente diminuito e quasi fatto scomparire la disabilità per persone amputate. E questo accadrà non per l’uso di droghe o medicine, ma grazie allo studio e alla tecnologia. Forse la gente ha paura di questo perché grazie ala tecnologia la diversità non esiste’.
L’articolo Energia, salute, tecnologia.Così ci salverà il ‘nano’ di Ray Kurzweil è una sorta di minimanifesto sul contributo della tecnologia a migliorare il nostro futuro. In particolare Kurweil si sofferma su tre rivoluzioni in atto:
1-GENETICA
Il primo genoma costò un milione di dollari, ora c’è un progetto per un milione di genomi a mille dollari l’uno
2-ROBOTICA
Entro la fine del secolo l’intelligenza artificiale sarà trilioni di trilioni di volte più potente del cervello umano
3-NANOTECNOLOGICA
Tra 20 anni riusciremo a catturare lo 0,0003 della luce solare sufficiente al nostro fabbisogno energetico Kurzweil non si nasconde però i rischi dell’implementazione delle tecnologie: ‘Tutte queste tecnologie hanno dei risvolti preoccupanti per la nostra esistenza. Stiamo già convivendo con tante armi termonucleari da poter distruggere la vita di tutti i mammiferi del pianeta, armi che basta basta poco a far scoppiare. C’è anche una nuova minaccia per la nostra esistenza: la possibilità che un gruppo o un individuo con intenzioni distruttive riprogrammi un virus biologico in modo che sia più letale, più contagioso o, peggio ancora, che sia più insidioso (cioè con un periodo di incubazione più lungo, che ritardi la scoperta della sua diffusione) di quanto non sia mai avvenuto in passato. Una notizia confortante è che abbiamo gli strumenti per impostare un sistema di risposta rapido come quello che abbiamo per i virus informatici. Ci sono voluti cinque anni per tracciare la sequenza dell’HIV, ma ora possiamo sequenziare un virus in un giorno o due’.
Le due pagine del Corriere si chiudono con una riflessione Purché la scienza non renda aggressivi del filosofo Giulio Giorello.
Al centro del discorso di Giorello vi è le consapevolezza che: ‘mentre noi pensiamo di poter modificare con la tecnologia l’ambiente per adattarlo ai nostri scopi, non sempre ci accorgiamo che è la tecnologia a modificare noi. Sul finire dell’Ottocento Samuel Butler temeva che l’evoluzione dei congegni sarebbe stata ben più veloce di quella del mondo organico e che le macchine avrebbero finito per asservire gli esseri umani. E non c’erano ancora informatica o biotecnologie, così “piccole” e magari più insidiose!’
Questo sito web utilizza i cookie per consentirci di fornirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie vengono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito Web e aiutare il nostro team a capire quali sezioni del sito Web trovi più interessanti e utili.
This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.