‘La Federazione Internazionale di Atletica Leggera ferma Oscar Pistorius, l’atleta sudafricano amputato a entrambe le gambe che voleva correre i 400 metri alle Olimpiadi. Dopo una serie di test, le Cheetahs, le sue protesi in fibra di carbonio sono considerate un vantaggio tecnologico e violano le norme.’
‘La decisione nasce dalle conclusioni della perizia effettuata a novembre dal biomeccanico tedesco Bruggermann, che sottopose Pistorius e cinque atleti normodotati a una serie di analisi. Secondo quello studio Pistorius con le protesi è in grado di correre alla stessa veloÂcità di un atleta normale con un dispendio di energia infeÂriore del 25%. Nello stesso tempo, raggiunta una certa velocità, correre con le proteÂsi richiede meno energia adÂdizionale che correre con gambe naturali. La perizia, mandata nei giorni scorsi ai 26 membri del Consiglio Iaaf (fra i quali l’italiana Anna RicÂcardi), conclude che “il vanÂtaggio meccanico della lamiÂna di carbonio può essere giudicato superiore al 30%”.’
E così dalla stampa, nel caso specifico Dario Arrigoni sul Corriere della Sera del 15 gennaio, abbiamo appreso del niet a Pistorius presente. In sé una notizia un po’ scontata e un po’ attesa. In pratica la Federazione di atletica ha preso atto dell’ingresso dell’artificiale nel naturale e ha cercato di adeguare in tal senso i propri regolamenti. Questa decisione si è scontrata con alcuni commenti, particolare quello del ministro Melandri che ha dichiarato:
‘Leggerò con attenzioÂne le motivazioni, ma l’idea di trattare un disabile come potenziale truffatore non mi piace. Sono delusa, spero che il Cio intervenga’.
Una dichiarazione, come si vede, più improntata alla pietas umana che alla consapevolezza che di fronte alle innovazioni tecnologiche le lenti dell’etica vanno aggiornate.
Più articolato il commento di Luca Pancalli, presidente del Comitato Paralimpico, l’organizzazione che promuove i giochi per portatori di handicap, che in una intervista a Mariolina Lossa dice:
‘lo non sono un esperto di biomeccanica, non so dire se esista un vantaggio meccanico, quello che so è che bisogna allora guardare anche agli svantaggi. Perché non mi si può dire che correre su due protesi di carbonio al posto delle gambe non abbia i suoi svantaggi. Per esempio: è stata fatta un’indagine per capire quale impatto psicologico può avere su un atleta correre senza avere la percezione del terreno sotto i piedi?’.
Un’affermazione che implicitamente, e seppure in modo semplificatorio, si fa consapevole che la commistione fra artificiale e naturale apre problematiche che vanno al di là delle abituali e consolidate concezioni etiche e morali.
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