Se la saggezza giuridica ci insegna che in dubio pro reo, una versione approssimativa del principio di precauzione vorrebbe che in dubio contra reo.
La versione meno garantista pare essere quella proposta da Peter Singer nell’articolo Giochi virtuali, risarcimenti reali apparso su Il Sole del 22 luglio.
L’articolo di Singer prende le mosse da una polemica sul fatto che il gioco di ruolo Second Life, attraverso la promozione della pedofilia virtuale, vedi Second Life: pedofilia virtuale è *PEDOFILIA*! possa favorire anche la pedofilia non virtuale.
“Se si riesce a dimostrare che dare corpo a una propria fantasia facendo sesso virtuale con un bambino virtuale aumenta le probabilità che qualcuno si dedichi alla pedofilia anche nel mondo reale, allora dei bambini reali potrebbero ricevere un danno e la tesi di chi vuole proibire la pedofilia virtuale acquisirebbe credibilità.”
Ma il discorso di Singer vuole andare al di là della pedofilia virtuale, per porsi:
“altro interrogativo, forse ancora più importante, sulle attività virtuali: la violenza dei videogiochi”.
E aggiunge Singer:
“Analizzare la questione in questi termini fa sorgere un altro interrogativo, forse ancora più importante, sulle attività virtuali: la violenza dei videogiochi. Gli appassionati di videogiochi violenti spesso hanno un’età che li rende facilmente impressionabili. Doom, un videogioco violento tra i più famosi, era uno dei preferiti di Eric Harris e Dylan Klbold, gli adolescenti autori del massacro alla scuola di Columbine. In una raccapricciante videocassetta girata prima del massacro, Harris dice: “Sarà come Doom! …Questo fucile [bacia la sua arma] è uguale preciso a quello di Doom!”. Ci sono altri casi in cui appassionati di videogiochi violenti si sono trasformati in assassini, ma questo non basta a dimostrare l’esistenza di un rapporto di causa ed effetto.”
Ma se non esiste la prova provata del nesso fra videogames violenti e comportamenti sociali, tuttavia:
“Più attenzione, però, dovrebbe essere dedicata agli studi scientifici, sempre più numerosi e condotti sia sul campo sia in laboratorio, sull’effetto di questi giochi. In ‘Violent Video Game Effects on Children and Adults‘, Craig Anderson, Douglas Gentile e Katherine Buckley, del Dipartimento di psicologia dell’Università statale dello Iowa, mettono insieme tutti questi studi per giungere alla conclusione che i videogiochi violenti accrescono i comportamenti aggressivi.”
Poiché il risarcimento dovrebbe essere dato dai produttori dei videogames incriminati, ricordando le cause multimiliardarie contro le multinazionali del tabacco, le prospettive per gli avvocati americani potrebbero essere più che ottime.
Si veda anche l’articolo di Luca Annunziata “Chi ha paura del videogame cattivo?” nel quotidinao on line Punto informatico.