Per i tipi dell’editore Guerini e associati è stato recentemente pubblicalo il terzo quaderno dell’IReR (Istituto di Ricerca Regione Lombardia). Il fascicolo riporta gli atti del convegno che l’IReR insieme alla Fondazione Giannino Bassetti ha tenuto a Milano il 18 giugno 2006 sul tema “Innovazione tecnico scientifica – innovazione della democrazia“. Tema centrale del convegno è quale risposta possano dare le istituzioni della democrazia in un mondo sempre più pervaso dalle innovazioni tecnico-scientifiche. Il nuovo modello istituzionale, come affermato da Raffaele Cattaneo, assessore alle Infrastrutture e Mobilità della Regione Lombardia, nel suoi saluti al convegno, non può prescindere dalle conquiste di libertà del passato. Infatti, di fronte al rischio di una deriva tecnocratica, “recuperare spazio, anche attraverso idonei strumenti formativi, all’esercizio di questa libertà”, significa diventarne anche responsabili.
Nell’altro intervento di saluto, Adriano Di Maio, Presidente dell’IRerR, ha sottolineato come la risoluzione dei problemi che di volta in volta vengono affrontati, devono confrontarsi con l’aumento della complessità, “che implica la necessità di predisporre una serie di analisi e di esplorazioni, di integrazioni tra temi e argomenti e osservazioni, le quali erano un tempo di più facile indagine in quanto sufficientemente separate le une dalle altre”.
L’intervento di Piero Bassetti, presidente della Fondazione Giannino Bassetti, promotrice del convegno, ha dato inizio ai lavori veri e propri del convegno. Sintetizzare in poche righe la relazione di Bassetti significa, in ogni caso, far torto alla vastità e complessità dei problemi trattati. Problemi che nascono dalla difficile coniugazione fra innovazione e responsabilità. Se, infatti, l’innovazione, come afferma Bassetti, è ” la realizzazione dell’improbabile” diventa difficile imputarne la responsabilità all’innovatore. Di fronte all’improbabile, che non significa affatto imprevedibile, si ha uno slittamento dei nostri sistemi cognitivi e perciò la responsabilità si sposta da chi produce innovazione a chi fa uso dell’innovazione. Paradigmatico il caso della bomba atomica. Al tempo della lettera di Einstein a Roosvelt, in cui lo scopritore della relatività sollecitava il Presidente americano a potenziare, di fronte al pericolo nazista, le ricerche sull’energia nucleare, Fermi non aveva ancora realizzato la fissione dell’atomo e non era affatto probabile il risultato della ricerca, anche se le conseguenze, nel caso di successo, abbastanza prevedibili. Ma “lo scienziato, spesso, non sa niente di storia e politica. Può sapere di scienza nucleare, ma non sa se la bomba verrà usata da Hitler o da Truman. Quando si pone il problema di dare la formula della bomba a Hitler o a Truman si pone un problema politico, non scientifico.” Tutto ciò significa che va ridimensionata la pretesa tecnocratica per riaffermare più che il primato del principe che, sia esso quello del Macchiavelli o della lettura gramsciana, risulta deresponsabilizzato dall’influenza dei media, quanto delle istituzioni democratiche che devono essere ridisegnate per far fronte alle sfide dell’innovazione e della in-sicurezza.
Vi è poi un altro aspetto che rende difficile il realizzarsi di una innovazione responsabile. “L’innovazione c’è quando una conoscenza s’incarna nella prassi” – afferma Piero Bassetti – “Molto spesso l’innovazione è poiesis intensive, cioè combina in modo diverso saperi, valori, giudizi, per esempio senso estetico e crea nuovi modi di vivere la nostra storia”. E in questa combinazione di nuovi saperi e potere, “la responsabilità , che è fondamentale in politica, può scappare di mano al Principe”.
All’intervento di Piero Bassetti, sono seguiti gli interventi più tecnici di Sergio Bellocci, direttore del Centre for Technology Assesment presso il Consiglio Svizzero per la Scienza e Tecnologia, di Giuseppe Pellegrini, docente di Metodologia e tecniche della ricerca sociale dell’Università di Padova e di Alessandro Colombo, direttore della ricerca IReR.
Bellocci ha illustrato il metodo di lavoro di TM-SWISS, il Centro per la valutazione delle scelte tecnologiche, che, sulla scia della lunga tradizione partecipativa elvetica, prevede gruppi di pilotaggio composti da esperti, pro e contro, capaci di realizzare percorsi formativi per i cittadini.
Giuseppe Pellegrini nella sua relazione illustra le esperienze significative condotte dalla società di ricerca Observa, spesso in collaborazione con la Fondazione G. Bassetti, in cui attraverso procedure di consensus conference sono stati coinvolti nei processi deliberativi agricoltori, imprenditori, associazioni di consumatori.
A sua volta Alessandro Colombo si è soffermato sulle modifiche statutarie, in fase di studio, per cogliere la necessità di coniugare democrazia, innovazione e decision making.
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