La pirateria informatica può essere considerata un effetto collaterale negativo delle tecnologie digitali. Altrettanto si può dire per la diffusione dei virus.
Perciò ogni iniziativa rivolta a contrastare l’uno a l’altra non può che essere considerata positivamente.
Se, però, come ha fatto la Sony nel 2005, che ha messo nei suoi CD musicali un software antipirateria per spiare l’uso che ne avrebbero fatto i propri clienti e gli hacker ne hanno approfittato per controllare i computer altrui, c’è da interrogarsi sulla liceità di certi “eccessi di difesa”.
La vicenda che ha interessato la Sony BMG è raccontata sul numero di settembre-ottobre di Tachnology Review nell’articolo Spyware, retroscena di uno scandalo a firma Wade Roush, Caporedattore di ‘Technology Review’, edizione americana.
L’articolo di Roush, vasto e ben documentato, specialmente per quanto riguarda le tecnologie antipirateria, va al di là del caso specifico per interrogarsi sui software di gestione dei diritti d’autore digitali (Digital Rights Management,DRM), cioè programmi pensati per controllare le attività di copiatura e quindi scoraggiare la pirateria informatica.
La conclusione di Santeri Kangas, responsabile delle ricerche F-Secure è che:
‘Il DRM di per sé non è qualcosa di negativo. Ma quando abbiamo cominciato a studiare le cose che questo strumento rendeva possibili in quanto veicolo di malware, abbiamo dovuto prendere una posizione e dire beh, tutto questo è pericoloso’.