L’articolo Attenzione alle nuove scarpe ripreso dalla rubrica Attualità della rivista Darwin di luglio-agosto, per un certo aspetto, ci riporta al tema dell’item precedente L’innovazione nello sport.
Al di là del merito specifico dell’innovazione descritta nell’articolo:
‘L’ultima diavoleria sfoggiata è una tecnica nuovissima nel disegnare le scarpe dei calciatori per migliorare una serie di parametri quali l’aderenza al piede, la leggerezza della calzatura, l’irrobustimento asimmetrico della tomaia in corrispondenza dei punti di forza del piede quando si calcia il pallone. Una società inglese, la Prior2Lever, ha sviluppato una tecnologia che sembrerebbe in grado non solo di migliorare questi parametri, ma di costruire ‘addosso’ al piede la calzatura come forse non è stato mai possibile in passato. Il piede del calciatore, ad esempio, viene scannerizzato per ottenere un modello digitale, poi si sottopone il piede a una serie di sforzi per avere un parametro di distorsione della forma e a partire da questi dati si realizza un calco. Una macchina utensile governata da un software appositamente sviluppato sarà poi in grado di costruire la coppia di scarpe in circa un paio d’ore. Per sviluppare questa tecnologia è stato coinvolto l’University College di Londra e per i materiali è scesa in campo addirittura una industria aerospaziale, la British Aerospace System’.
Mi pare importante sottolineare come, implicitamente, l’adozione di tecnologie innovative, a volte anche marginali, nella pratica sportiva, ma non solo, non sia contemporaneamente accompagnata da una uguale innovazione nei nostri schemi cognitivi. Infatti guardiamo ancora all’atleta come se fossimo ancora ai tempi delle panatenaiche, trascurando che l’impresa sportiva è il risultato sia di una interazione fra atleta e attrezzature, sia del condizionamento dovuto alle pratiche sociali.
Così spesso vengono stilate classifiche o riportate cronostorie di record dove capita ad esempio che il risultato di 1 10″3 di Owen alle Olimpiadi di Berlino del 1936 venga paragonato ai 9″7 dell’ultimo recordman centometrista, trascurando che le modificazioni avvenute nel frattempo rendono improponibile ogni paragone.
La bioetica ci ha insegnato che di fronte alle trasformazioni scientifiche e tecnologiche dobbiamo revisionare i nostri schemi etici, così dovrebbe essere parimenti opportuno riguardare i nostri schemi cognitivi.