L’ultimo numero di ‘Aspenia’, la rivista dell’Aspen Institute, è dedicato al futuro dei media e all’impatto delle nuove tecnologie. Qui di seguito viene proposto uno stralcio dell’intervista di Nathan Galders al futurologo Alvin Toffler, pubblicata su Il Sole 24 Ore il 13 giugno Una ricchezza senza moneta.
La tesi avanzata da Toffler è che molte delle applicazioni dell’innovazione tecnologica stanno creando un mercato parallelo a quello dove beni e servizi vengono scambiati su base monetaria. In altre parole si dilata la pratica del “fai da te” con la conseguenza di sottrarre al mercato parte degli scambi economici, e superare la dicotomia fra produttori e consumatori.
‘L’economia tradizionale, infatti, si basa sul concetto di penuria o scarsità di beni. Ma la conoscenza è sostanzialmente inesauribile. Se tu coltivi riso in una risaia, io non posso coltivarlo in quella stessa risaia nello stesso momento. Se usi una macchina utensile, io non posso usarla nello stesso momento. Ma entrambi possiamo utilizzare la stessa conoscenza contemporaneamente senza esaurirla. Chiunque può utilizzare l’aritmetica senza correre il rischio di esaurirla. Anzi, più persone utilizzano la conoscenza in contemporanea, più è probabile che creino nuova conoscenza. La conoscenza è in assoluto il prodotto più facile da trasportare. Può essere compressa in simboli e astrazioni. Tende a diffondersi ed è difficile da occultare e proteggere. Non è lineare, nel senso che piccole intuizioni possono portare enormi risultati e, soprattutto, è intangibile.’
Paradigmatico, per Toffler, il caso di Linux:
‘E’ probabile che l’economia non monetaria generi altrettanto valore di quella monetaria, perché esistono una miriade di attività non retribuite che alimentano gratuitamente l’economia monetaria. Anzi, in realtà la sovvenzionano. Pensiamo, ad esempio, al software open source Linux e all’enorme impatto che ha avuto in tutto il mondo. Questo software è stato inizialmente prodotto da Linus Torvalds gratuitamente, quasi per hobby, e in seguito ha calamitato un gran numero di programmatori che senza alcun compenso lo hanno modificato, adattato e ampliato, stimolando altri programmatori ancora a dedicare un po’ del loro tempo, sempre su base gratuita e volontaria, a produrre altri tipi software. Quest’attività “prosumistica”, tutta nell’ambito dell’economia non monetaria, ha trasformato il modo di produrre software nell’economia monetaria.’
La labilità del confine tra produzione e consumo, ha indotto Toffler a coniare il neologismo “peismi”:
‘Sono sempre più numerose le aziende operanti nell’economia monetaria che “esternalizzano” il lavoro, – chiedendo ai clienti di svolgere compiti in precedenza affidati ai loro dipendenti.
Quando, ad esempio, noi usiamo il bancomat e inseriamo da soli il codice, questo è prosumo: la conseguenza, fra l’altro, è che le banche licenziano i cassieri. Ancora: in passato mandavamo le pellicole fotografiche alla Kodak per farle sviluppare e stampare. Oggi effettuiamo da soli queste operazioni con le nostre mani. Ci controlliamo da soli il diabete. Produciamo da soli i nostri film digitali e i cd musicali. E questo è solo l’inizio. Stiamo per assistere al boom del lavoro non retribuito. Presto avremo un miliardo di ultrasessantenni nel mondo che – almeno nei Paesi dell’Ocse – utilizzeranno le nuove tecnologie – dall’autodiagnosi alleanalisi a casa – per fare da soli ciò che un tempo facevano i medici.’
Qualche anno fa (1999) il filosofo Ermanno Bencivenga ha pubblicato da Feltrinelli il volume Manifesto per un mondo senza lavoro.
All’epoca della sua pubblicazione il libro di Bencivenga era apparso come una generosa e affascinante utopia.
Alla luce, però, delle riflessioni di Toffler, dobbiamo riflettere quanto gli scenari dei futurologi non debbano alle utopie dei filosofi.
Sul libro di Bencivenga vedi le recensioni:
Lavoratori, prendetevi tempo di Paola Springhetti da Avvenire 11 febbraio 1999;
Questa è l’isola del lavoro che non c’è editoriale de Il Sole 24 Ore del 14 marzo 1999.