Su Il Sole 24 Ore del 9 giugno Silvio Garattini, riprendendo un un editoriale
dell’ultimo numero di “Nature”, propone nell’articolo “Un terzo degli scienziati imbroglia” un’inchiesta condotta dai National Institutes of Health su 3.600 ricercatori.
Dalla lettura dell’articolo si ha che:
‘Circa il 50% ha risposto a una serie di domande che hanno messo in luce comportamenti preoccupanti. Ad esempio lo 0,3% ha dichiarato di aver falsificato dei dati o di averli inventati; un altro 1,4% ha utilizzato
idee di altri senza dare il giusto credito; l’1,7% ha utilizzato dati che
aveva ottenuto confidenzialmente per realizzare le sue ricerche; il 6% non ha pubblicato dati che erano in contrasto con le proprie precedenti ricerche; il 15,5% ha cambiato il disegno e la metodologia della ricerca per accontentare chi finanziava la ricerca.’
Complessivamente si può dire che:
‘In totale circa il 33% di coloro che hanno risposto hanno ammesso di aver avuto almeno un cattivo comportamento fra quelli sopra elencati.’
A complemento dell’articolo di Garattini, sulla stessa pagina del quotidiano economico, è apparso l’articolo “Lavori truccati a causa del conflitto di interesse” di Federico Mereta.
Se il caso del tabacco è paradigmatico:
‘nei lavori prodotti dagli autori degli articoli finanziati dall’industria del tabacco esisteva una probabilità maggiore di concludere la ricerca con una sostanziale assoluzione del fumo passivo per l’organismo umano di circa 88 volte maggiore rispetto a quanto emergeva negli studi indipendenti’
… esiste pure una casistica in cui, riguardo alla sperimentazione sui farmaci, i principi di una corretta pratica medica sono stati messi da parte solo per semplificare l’onerosità della ricerca:
‘A fronte di un arruolamento che doveva prevedere quasi 17mila pazienti, ne sono state invece reclutate poco meno di 11 mila. […] Nel caso, studiato dall’Office for research integrity (Ori), che ha interessato 99 donne inserite nello studio poi apparso sulla rivista, un medico dell’Ospedale Saint Luc di Montreal ha falsificato i dati relativi alle pazienti, per inserire nell’indagine pazienti che non presentavano le caratteristiche cliniche richieste dal protocollo d’ammissione al trial. In altri casi non era stato chiesto il consenso informato necessario per aderire allo studio’.
Come scrive Garattini:
‘L’editoriale di “Nature” mette il dito nella piaga e mostra comportamenti che intaccano l’integrità della scienza, comportamenti di cui la comunità scientifica deve prendere atto e, riconoscendone l’esistenza, prospettare adeguati provvedimenti. […] E’ tempo che i ricercatori, ai vari livelli organizzativi si occupino seriamente di questi problemi. Ignorarli vuol dire mettere le basi per far divenire la ricerca una della tante attività cui non si può più credere’.
– nel Percorso ad esso dedicato (chiuso nell’Agosto 2002);
– nel Settembre 2002 con interventi di Arrigo Schieppati, Giuseppe Remuzzi, Silvio Garattini e Giovanni Fava.