Su Repubblica del 12 agosto, a seguito della notizia che in Gran Bretatagna è stata approvata la clonazione di embrioni ai fini della ricerca con cellule staminali, sono stati pubblicati due articoli, l’uno di Umberto Veronesi “Il conflitto società-scienza“, l’altro di Umberto Galimberti “Etica moderna“.
L’articolo di Veronesi è incentrato sui lavori della Commissione Dulbecco (si veda sul sito della FGB il relativo Percorso). Veronesi lamenta che siano state disattese le indicazioni innovative proposte dalla Commissione riguardo il “trasferimento nucleare di cellule staminali autologhe” (Tnsa):
‘I risultati della commissione furono accolti con favore sia dal mondo politico sia dagli ambienti scientifici, ma quel documento è rimasto una carta teorica, nulla è stato fatto sul piano concreto e attuativo. Quattro anni dopo il mondo discute e si divide, come è giusto e inevitabile che sia in questi casi, su una scelta presa da un altro paese. E’ come se avessimo subìto un sorpasso sulla linea del traguardo, uno smacco che rappresenta per chi, come me, fa della ricerca una ragione di vita, una grande amarezza, una frustrazione. C’è da augurarsi che l’importante decisione di Londra riapra anche da noi un confronto serio sui limiti dell’intervento della scienza nella vita dell’uomo, per curare le sue malattie e la sua sofferenza. Con serenità e senza scientismi, ma al di là delle ideologie e di chiusure che rischiano di farci precipitare in un nuovo oscurantismo’.
Occorre precisare che il Tnsa:
‘consiste nel privare del nucleo un ovocita umano non fecondato e nel trasferire al suo interno il nucleo prelevato da cellule di un malato.’
E, a giudizio di Veronesi:
‘in questo modo si evita la necessità di produrre un embrione con i problemi etici e scientifici che questo comporta. Si tratta d’una proposta tecnicamente molto avanzata, eticamente equilibrata e con altissime probabilità di efficacia terapeutica per malattie altrimenti incurabili’.
L’articolo di Galimberti, al di là di considerazioni analoghe sul Tnsa, pone il problema dell’attualità dei princìpi etici che governano la nostra società e, in particolare, la ricerca scientifica.
‘Ma i princìpi forti in epoca pre-tecnologica sono all’altezza dei problemi posti all’età della tecnica? Qui, prima di dare una risposta, occorre porre una questione di metodo. Una discussione sul problema etico posto dalle biotecnologie è possibile solo se non si incomincia a discutere a partire dai “princìpi” (termine dietro cui si celano molto spesso solo proprie credenze personali), perché basta una differenza di “prìncipi” perché le posizioni restino inconciliabili. Dai princìpi, infatti, tutto discende per semplice deduzione e il confronto tra gli uomini risulta inutile. E’ sufficiente chiamare un professore di logica che dai “princìpi” ricaverà subito le “conclusioni”‘.
Tra l’altro, per Galimberti, è necessario ricordare che:
‘i princìpi dell’etica occidentale affondano nella filosofia greca e nella tradizione giudaico-cristiana, che si sono espresse quando il potere dell’uomo sulla natura era praticamente nullo, mentre oggi ci troviamo a operare in un contesto dove la natura non è più l’immutabile, perché è modificabile dall’intervento umano’.
Ma se l’etica, oggi, non può più trovare una propria giustificazione nei princìpi forti del passato è necessario indiduare delle nuove ragioni per il nostro agire:
‘adottare il principio aristotelico della “saggezza”, come mi pare sia il caso in cui l’etica deve di volta in volta prendere posizione di fronte alle scoperte “impreviste” delle biotecnologie’
‘Aristotele dice che la phronesis (che traduciamo con “saggezza”) di fronte alla scarsa applicabilità dei princìpi generali alle situazioni particolari, consente di prendere decisioni “caso per caso”. Una sorta di “etica del viandante” che, non disponendo di mappe, affronta le difficoltà del percorso di volta in volta, a seconda di come esse si presentano e con i mezzi al momento a disposizione. Questo è il nostro limite e in questo limite dobbiamo decidere’.