La preoccupazione che l’uso delle nuove tecnologie, dalla biogenetica alle nano tecnologie, ingenera nell’opinione pubblica è che si possa pervenire alla realizzazione di un uomo “innaturale”. Sia esso un replicante alla Blade Runner o il simbionte fra naturale e artificiale.
Al tema delle machinae, da quelle sognate dagli antichi a quelle modernissime dell’era telematica, è stato dedicato il convegno Machina, promosso dall’Istituto per il lessico intellettuale europeo e storia delle idee del Cnr, dall’Istituto e museo di storia della scienza e dalla Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma “La Sapienza”.
Massimo Di Forti nell’articolo “In principio era il Golem” apparso su Il Messaggero del 9 gennaio, si sofferma sul come la semantica del termine machina abbia subìto una traslazione dal mondo greco al giorno d’oggi.
Tullio Gregory, professore di Storia della filosofia a “La Sapienza” e direttore dell’Istituto, interpellato da Di Forti afferma:
‘Machina è un termine che, dal mondo greco fino all’età moderna, ha un duplice significato. Può indicare, in senso proprio, uno strumento oppure, in senso metaforico, una macchinazione, un inganno… Ha infinite implicazioni. Ma, soprattutto, quello della macchina è un tema che ha appassionato i più grandi pensatori, le menti più elette della storia dell’umanità: da Aristotele a Leonardo, che ne ha immaginate e disegnate tantissime, cercando di studiare i meccanismi più profondi del loro funzionamento. Per non parlare di Pascal e Leibniz, che si impegnarono nella progettazione di macchine logiche finalizzate al calcolo’.
Il passaggio da macchine logiche finalizzate al calcolo ad esseri artificiali più complessi è al centro, poi, dell’articolo di De Forti:
‘In Dio & Golem s.p.a, uno straordinario saggio degli anni 60, il padre della cibernetica Norbert Wiener si pose il problema inquietante, attualissimo, più che mai irrisolto “del gioco tra il creatore e la creatura”. Era, sottolineava Wiener, “il tema del Libro di Giobbe e anche del Paradiso perduto”, opere religiose in cui “si immagina che il Diavolo giochi una partita con Dio”. Ebbene – sosteneva il grande matematico con un’avvincente rete di citazioni bibliche e argomentazioni scientifiche – se il XX Secolo sembrava aver dato all’homo sapiens (ma non era un ex scimmia?) la possibilità di mostrarsi all’altezza della blasfema offerta del serpente nel Giardino dell’Eden (voi sarete come Dei) raggiungendo con l’ “avvento dell’era atomica e dell’ingegneria genetica poteri assoluti di vita e di morte, la cibernetica e i moderni robot gli prospettano invece una disfatta prossima ventura: quella di essere travolto dalle sue stesse creature, le macchine”‘.
Le machinae della letteratura, dal Golem al mostro di Frankenstein per finire a quelle di Erewhon di Samuel Butler traevano origine, in un certo qual senso, da un patto diabolico. Quelle che la nuova tecnologia produce e promette di produrre nascono, invece, dai processi cognitivi propri della razionalità moderna. In ambedue i casi rimane incognita la ratio del loro funzionamento. Infatti se nel primo caso il contenuto profondo del patto diabolico sfuggiva sia al Dr. Frankenstein che al rabbino di Praga, i prodotti delle moderne tecnologie invece nascono da una interazione di competenze diverse il cui risultato sfugge a un discorso unitario.
Riprendiamo il discorso di Gregory:
‘Quella del Golem, della macchina che combatte contro l’uomo che l’ha creata e lo vince, è una leggenda quanto mai suggestiva, oggi più che mai. Le macchine informatiche danno spesso l’impressione che l’uomo abbia scatenato un potere che rischia di non poter più controllare’.
A sua volta Luciano Canfora, docente di filologia all’Università di Bari afferma:
‘E’ un dilemma che ci riconduce alla questione basilare della libertà. La terribile eventualità che l’uomo finisca vittima di macchine che possono addirittura sovrastarlo sarebbe la più grande catastrofe del concetto di libertà. Sarebbe la perdita della libertà… L’uomo si può dire libero fino a quando riuscirà a dominare le sue creazioni. E’ sulla questione della libertà che si è giocata e si gioca la sfida che gli esseri umani hanno posto in atto nei confronti della natura’.
Tutti ricordiamo l’omino di Tempi moderni che nel clima alienante della fabbrica fordista viene trasformato in un semiautoma. Ma siamo sicuri che un qualcosa di simile non esista anche nei moderni sistemi di produzione basati sulla parcellizzazione di procedure, codificate e computerizzate, il cui fine ultimo è estraneo alla comprensione e agli interessi degli operatori?
Dobbiamo, perciò, essere ottimisti o pessimisti sul futuro dell’uomo?
Gregory sostiene:
‘Non credo che l’intelligenza artificiale possa scavalcare la nostra, come ritenevano gli stessi cibernetici fino a pochi anni fa. Arrivare alla macchina che gioca a scacchi va bene, ma quella che pensa in modo davvero creativo è un’altra cosa’.
Più preoccupato invece Canfora:
‘Non c’è da essere troppo tranquilli. L’esperienza quotidiana prova che questi computer, dai quali dipende ormai anche il nostro aggiornamento culturale, non sono noti a nessuno in modo compiuto. Ebbene, l’umanesimo si fonda sul dominio degli strumenti che l’uomo crea: “io so come funziona”. Ma con i nuovi media questa certezza è entrata in crisi. Chi può dire di dominarli, nel senso che ne conosce le procedure fino in fondo? Anche il tecnico del computer non conosce la dinamica intima dello strumento che usa tutti i giorni. Certo, ci consola il fatto che il computer sia stato sconfitto nel gioco degli scacchi da Karpov e che, quindi, possiamo sperare di essere noi a vincere la partita. E rimane il rischio che il dominio sulla natura si rivolti contro di noi come un boomerang’.
Riferimenti:
Per analogia col tema trattato nell’articolo di Di Forti si veda nel sito della Fondazione Bassetti: 11 creature, a cura di Tommaso Correale Santacroce
In Bibliografia su Innovazione e Responsabilità nella Information Society, a cura di Leone Montagnini, si veda la sezione La società del Golem
Prossimamente, nella sezione Argomenti del sito della Fondazione Bassetti, riprenderemo il tema della robotica, delle nanotecnologie e delle preoccupazioni mostrate da Bill Joy nel famoso articolo, scritto per Wired nell’aprile del 2000 e poi ripreso da numerose altre riviste e quotidiani, “Why the future doesn’t need us“. [G.M. Borrello]
Altri riferimenti al tema delle machinae:
La Pascalina: l’antenata dei moderni calcolatori sul sito del Liceo Scientifico Statale “Blaise Pascal” di Ovada (AL).
Sulle opere logiche di Leibniz si veda al sito Leibniz e la lingua characteristica universalis.
Sulle macchine di Leonardo si veda sul sito del Museo della Scienza “Leonardo tecnologo”.
Una sintesi, a cura di Antonella Fusco, del testo citato di Norber Wiener si trova sul sito omonimo “Dio & Golem spa”.
Su Samuel Butler e sul suo rapporto con il mondo delle macchine si veda “Samuel Butler: memorie del futuro“.