‘Non abbiamo dominato la natura come la nostra onnipotenza tecnica ci fa credere. La natura l’abbiamo usata, anzi usurata, ma non domata’. Così scrive Umberto Galimberti su La Repubblica del 18 aprile “Il terrore del contagio”.
In questo articolo Galimberti si distacca dalla tesi di “Pische e techne” (cfr. in FGB la pagina Galimberti Umberto), per porre il problema della tecnica nella chiave di una nuova comprensione etica:
‘Perché le etiche che finora abbiamo concepito regolano solo i rapporti tra gli uomini, ma non si fanno carico degli enti di natura come l’aria, l’acqua, la flora, la fauna, che tutte le etiche finora formulate concepiscono come mezzi al servizio dell’uomo, quando ormai sono diventati fini da salvaguardare, espressioni della natura da tutelare e da proteggere’.
Una comprensione etica che sappia richiamare la responsabilità di fronte all’imprevedibilità dell’innovazione tecnica:
‘Acclimatati alla potenza della tecnica (medica) retrocediamo a quel primitivismo che è il trovarsi senza difese di fronte all’imprevedibile. Dove l’imprevedibilità non è più dovuta all’ignoranza degli uomini, ma alla loro incuria della natura, accompagnata dalla persuasione di averla in ogni suo aspetto dominata’.
Alla responsabilità verso le conseguenze globali richiama Eugenia Tognotti su La Stama del 25 aprile “Virus globale”:
‘La vulnerabilità di tutti i paesi del mondo che la famigerata “polmonite atipica” sta disvelando con tanta spietata evidenza, propone un ‘principio della responsabilità’ che non può essere ‘locale’, limitato nello spazio e nel tempo, ma ampliato fino a comprendere una capacità ‘globale’ di previsione e di prevenzione, capace di eliminare dal nostro futuro lo spettro di emergenze sanitarie come quella che stiamo vivendo’.
Anche Edoardo Boncinelli, su Il Corriere della Sera del 26 aprile “La vita è anche questa”, nella vicenda della “polmonite atipica” coglie l’aspetto di un processo evoluzionistico in cui il confine fra “naturale” e “culturale” si fa sempre più indistinto:
‘LÂ’Aids, la ‘mucca pazza’ e ora la Sars ci ricordano che siamo organismi viventi fra gli organismi viventi. [….]
Ogni organismo, dal più grande al più piccolo, si agita e si trasforma per guadagnare e per mantenere il suo posto al sole, naturalmente e inconsapevolmente. Osservato su tempi lunghi questo formicolio si compone in un quadro armonico, caratterizzato da un sostanziale livello di convivenza. CÂ’è posto per tutti e alla lunga il tutto compone un puzzle smussato e quasi armonioso. In questo puzzle in passato figurava anche lÂ’uomo, predatore e preda, sfruttatore e sfruttato, sullo stesso piano di tutti gli altri viventi. Il gioco non ci è piaciuto del tutto e ci siamo parzialmente svincolati da alcune dipendenze e sudditanze. Siamo sempre più spesso predatori e sempre meno spesso prede, ma questo non significa che il quadro di riferimento generale sia cambiato e non è detto che se cambiasse troppo noi stessi potremmo sopravvivere.
Un aspetto ineliminabile di questo quadro è che di tanto in tanto il miracoloso equilibrio mostra una qualche falla, un anello che non tiene’.
Boncinelli però si pone anche nell’ottica positiva di una ricerca scientifica che deve restare sempre attenta alla prevenzione dei problemi indotti da nuove forme evoluzionistiche:
‘Nessun pericolo giustifica lÂ’abbandono dei presidi della civiltà, né lÂ’abbandonarsi al ‘tanto peggio, tanto meglio’: cÂ’è sempre un domani. E cÂ’è sempre un dopodomani. Altri virus, altri batteri e altri morbi verranno a trovarci, anche transitoriamente’.