Il 9 luglio, nella sede di via Barozzi, è stato presentato a pubblico e stampa l’accordo quadro tra Università Statale degli Studi di Milano e Fondazione Giannino Bassetti. Un accordo che prevede l’apertura dell’archivio personale di Piero Bassetti, scrigno della vita politica e culturale di Milano degli ultimi 70 anni, alla ricerca di studiosi e studiose dell’Ateneo, e una serie di iniziative quali borse di studio, convegni, pubblicazioni e dibattiti pubblici sul potere e sull’innovazione responsabile. Di seguito, una sintesi dell’incontro guidato dal segretario generale Francesco Samorè, dalla ricercatrice di storia economica Roberta Garruccio, il rettore della Statale Elio Franzini e lo stesso Piero Bassetti, con video, podcast, fotografie e comunicati informativi sull’archivio.
Che cosa significa aprire un archivio privato per donarlo alla comunità? Se esiste un valore assoluto delle carte di Piero Bassetti, gli oltre 150 metri lineari ricordati da Roberta Garruccio, esiste ancor di più un valore relativo, culturale, che risiede nelle traiettorie di pensiero qui custodite a cominciare dal 1947 che, come sottolinea invece Samorè, sono individuali e insieme collettive. Fare un elenco anche solo tematico di un simile patrimonio rischia di essere un’operazione incompleta, Samorè prova a citare alcuni degli elementi da cui ancora oggi si può continuare a estrarre un senso per la contemporaneità. E sono le riflessioni intorno all’idea delle regioni e dell’autonomia presenti fin dagli Anni Cinquanta; gli appunti che portarono al libro nel 1978 di Occidente Scomodo con le intuizioni intorno all’idea di globalizzazione e rete; gli scambi epistolari e i documenti autografi della sua presidenza all’IPALMO e al Gruppo Italiano della Commissione Trilaterale che illuminano sul pensiero politico mondiale e la genesi della crisi degli Stati nazionali; la testimonianze della ricerca di Alessandro Pizzorno sulla comunità di Rescaldina, la company town, centrata sugli stabilimenti Bassetti… idee per istituzioni nuove o da rinnovare, idee che hanno generato anche frutti come questa stessa Fondazione o Globus et Locus.
Già intorno al 2007 Roberta Garruccio aveva avuto accesso, insieme a un gruppo di studiosi e studiose, alle carte di Piero Bassetti. Il loro lavoro sfociò in un convegno tenutosi alla Statale e nel libro Milano tra ricostruzione e globalizzazione (Rubettino ed.). Ma, dice Garruccio: «In un momento storico di grande attenzione, che qualcuno ha definito fame, verso gli archivi, il grande patrimonio documentale di Bassetti non solo consente di dare senso a un’intera vicenda politica, ma fornisce strumenti critici per guardare al futuro, tanto più che oggi possiamo interrogare le carte in modo del tutto nuovo». Le parole chiave, pilastri dell’archivio più volte citate dai presenti, sono innovazione, sapere e potere. Tutto nasce, è ancora Garruccio a spiegarlo: «da un’intuizione molto precoce di Bassetti che ci dice che il potere non risiede nelle istituzioni istituite, ma in grembo all’innovazione, ragione per cui l’innovazione ha bisogno di responsabilità. Intuizione che porta alla nascita di Fondazione Bassetti nel 1994, ma prima, anno 1959, al saggio Le redini del potere scritto con Giacomo Corna Pellegrini, metafora sugli strumenti del controllo del potere, sulle condizioni del potere e sulle condizioni della governabilità. Sulla natura dinamica della relazione tra potere e sapere, da cui nasce la domanda “a quale sapere andrà il potere?” che costella tutte le attività di Fondazione, l’archivio non dà risposta, ma consente almeno di impostarne la cornice». È questo, dunque, il dono – ed è lo stesso rettore Elio Franzini a definirlo così – nascosto nelle carte di Bassetti? «Un archivio che ci consente di ragionare sulla dinamica tra sapere e potere e di guardare il laboratorio della politica dall’interno, illuminandone gli sviluppi silenziosi riconoscibili solo nel lungo periodo; e che ci consente di andare a guardare come la politica può agire sul sapere, ovvero promuovendo delle arene di confronto di discussione e di valutazione, intercettando le idee per portarle vicino ai policy makers», conclude Garruccio.
In un momento storico di grande attenzione, che qualcuno ha definito fame, verso gli archivi, il grande patrimonio documentale di Bassetti non solo consente di dare senso a un’intera vicenda politica, ma fornisce strumenti critici per guardare al futuro
La politica, passata e presente, è la questione sul tavolo. «L’archivio Bassetti è per noi particolarmente importante, non solo perché ci permette di approfondire il senso delle cose, scoprirne la varietà, la complessità, alimentare il dialogo critico, ma anche perché rientra all’interno di quello che è il ruolo della politica nella nostra realtà locale, ma è noto che quello che si fa a Milano lo si fa in Italia, ed è altrettanto noto che Milano è la prima a recepire quello che si fa nel mondo. Il pensiero di Bassetti ha insegnato a leggere il rapporto tra sapere e potere in modo dinamico, ovvero all’interno di una dimensione di innovazione per cui la volontà di sapere e la volontà di potere hanno un senso soltanto se si pongano nel senso di una finalità. Si tratta di un archivio che non vede il potere per il potere, in una dimensione autoreferenziale, quindi, ma in un quadro prospettico, che ci pone domande sulla politica e sul come, e se, le istituzioni si evolvono o meno nel corpo sociale», dice Franzini. D’altra parte, conclude il presidente Piero Bassetti: «È evidente come la politica non sapiente stia pagando un prezzo altissimo, mentre altri attori si affannano ad occupare quello che dovrebbe essere il suo spazio… Finché il sapere non riesce a agguantare la storia gira a vuoto, va dietro alla verità, ma non questo sempre è utile o significa fare politica vera. L’augurio è che questo archivio messo nelle mani giuste possa dare un contributo per il lavoro che ne seguirà».
QUI il comunicato stampa e QUI una scheda con una selezione di momenti dall’Archivio di Piero Bassetti.