Pubblichiamo l’intervento che Francesco Samorè, segretario generale di Fondazione Bassetti, ha pronunciato nella Sala Zuccari del Senato il 26 gennaio 2024, nel corso del convegno “Italiani ed italici verso le elezioni europee”. Insieme a Piero Bassetti e alla sua associazione Svegliamoci Italici (affiancata da Globus et Locus, Fondazione Giannino Bassetti e Schola Italica) sono intervenuti Pier Ferdinando Casini, Maria Chiara Prodi, Silvia Costa, Francesco Rutelli, Giuseppe Terranova, Andrea Vento, Umberto Laurenti.
Partecipi di fenomeni globali
L’invito di questa mattinata è guardare l’Europa con gli occhi del resto del pianeta. Qualcuno tra noi è abituato a farlo, e non da oggi: penso alla definizione che il corrispondente del Times, Peter Nichols, diede di Piero Bassetti – battezzandolo Planetarista – nel 1978.
Lasciatemi cominciare, da storico, con un salto più indietro. 1932, “Annales”, Lucien Febvre: «A fianco degli interessi materiali, a fianco delle tradizioni politiche, vedo nell’Europa attuale delle realtà non meno sostanziali, inquietanti nella loro instabilità: le nazioni. Quelle nazioni di cui la storia volentieri fa l’analisi, ma mai la sintesi. Se tentasse di farla, se coraggiosamente si accingesse a questo compito… forse ci si accorgerebbe assai presto che è assai più facile e più semplice parlare all’umanità che parlare alle nazioni d’Europa»
Però è nel XXI secolo, cioè oggi, che il mondo fronteggia le principali transizioni: quella demografica (eravamo tre miliardi nel secondo dopoguerra, siamo nove miliardi oggi), quella climatica e biologica (mi riferisco alla capacità di intervenire sul genoma, a fratture globali come la pandemia, al dibattito aperto sullo spazio europeo dei dati sanitari) e naturalmente alla transizione digitale, culminante nell’intelligenza artificiale.
Ebbene: come possiamo pensare di governare fenomeni, processi e transizioni globali con l’Europa così com’è? Forse è nella legittimazione di istituzioni nuove, create da civilizzazioni più larghe dei nostri piccoli stati, fondate su un sapere guidato da sensibilità e responsabilità umane, che si gioca la nostra partita. Provo a spiegarmi.
Il Corriere della Sera ha raccontato che i generali israeliani hanno battezzato Vangelo il selettore di bersagli basato sull’intelligenza artificiale che, tra i suoi parametri, comprende le vittime civili che si possono accettare in un bombardamento coi droni. Non è strano: perché non appena gli uomini sanno e possono di più, subito si scatena la lotta per decidere verso quali fini questo potere vada indirizzato.
Ebbene, in Fondazione Bassetti diciamo da trent’anni che Responsabilità nell’innovazione significa riconciliare l’immenso nuovo sapere che passa dal genoma, dall’intelligenza artificiale, dalla corsa allo spazio, con l’altrettanto grande desiderio delle persone di vivere insieme, in pace. Quale ispirazione è infatti più europea e insieme planetaria di quella erasmiana del Dulce bellum inexpertis (la guerra piace solo a chi non la conosce)?
Proprio Erasmo ci conduce alla principale (e planetaria) delle rivoluzioni in atto. Fu lui, olandese all’inizio del Cinquecento, a esperire nella bottega veneziana di Aldo Manuzio il potere della tecnologia: il suo incenso fu l’odore dell’inchiostro da stampatore; il suo più grande strumento era l’educazione, e la più grande arma per l’educazione era la stampa. Scrive Roland Bainton: Nessuno come Erasmo si diede da fare con tanto ardore per portare l’insegnamento a livello della tecnologia.
Se l’epoca del Rinascimento e della Riforma fu l’epoca della rivoluzione di Gutenberg, ai nostri giorni la rivoluzione passa ancora dall’informazione, vale a dire dal dato, nuovo petrolio, che genera i social, popolati da influencer, vettori planetari di fake news.
Stiamo parlando di struttura, non di sovrastruttura: da due decenni la capitalizzazione borsistica mondiale ha visto le multinazionali informatiche e digitali scalzare dalle prime posizioni l’industria tradizionale, manifatturiera, chimica, energetica; ma in borsa il 2023 è stato l’anno dell’intelligenza artificiale. Le imprese trend setter di questa rivoluzione sono cresciute, in termini di capitalizzazione (Sole24Ore), di 4.2 trilioni negli ultimi dodici mesi. Se pensiamo a uno dei pilastri legittimanti ogni potere nella storia – la capacità fiscale, la raccolta delle risorse – facilmente capiamo perché i primi provvedimenti di tassazione delle GAFA abbiano cercato di darsi un orizzonte ben più che continentale…
Dunque, in un’epoca nella quale è arduo non solo distinguere il falso dal vero, ma anche discernere se il falso e il vero siano generati da esseri umani o intelligenze artificiali, la sfida per la fissità delle istituzioni, fossero anche grandi e ambiziose come la casa europea, è drammatica. Sì, perché, osservata dal pianeta, l’Europa che conta un sedicesimo della popolazione mondiale sembra alla disperata ricerca non tanto del potere, quanto del diritto a esercitarlo, cioè della legittimazione democratica.
I processi di innovazione che sicuramente fanno parte della storia – forse la parte preponderante – e della cronaca che noi stiamo vivendo, non sono governabili dai singoli stati, né, credo, dall’Europa così com’è. Qual è la risposta possibile? Nello spirito del titolo e anche nello spirito di tanti anni di conversazione con tutti voi, direi che la risposta è un’Europa delle civilizzazioni:
(…) qualcosa di organizzato ben oltre la messa in comune dei debiti e di un parlamento; ma capace di raccogliere politicamente la somma di un’emozione comune, che da secoli fa dell’Europa un soggetto non solo culturale ma anche latu senso politico, sebbene non del tutto istituzionalizzato.
Vale a dire, sì, la comunità immaginata (cito Benedict Anderson e Piero Bassetti) degli italici, ma in termini planetari il più largo concerto delle civilizzazioni, come recepite anche da UNAOC. Un’Europa vista dal mondo, non introversa, che concepisce anche la presenza di sé stessa fuori, in dialogo con altre grandi civilizzazioni. Per questa nuova Europa, gli italici sono un nuovo noi. Sono il modo di vedere (anche) l’Europa da una posizione planetaria, o planetarista.