Il 18 dicembre 2023 Fondazione Bassetti ha dato il via al suo trentennale con un evento ospitato al MEET di Milano: “La realizzazione dell’improbabile – 30 anni di Fondazione Giannino Bassetti”. Una mattinata densa che, secondo le parole conclusive del presidente Piero Bassetti, ha collezionato più domande che risposte, ma che ha comunque indicato una direzione per il lavoro della Fondazione nei prossimi anni.
In questa pagina rendiamo disponibili una sintesi, i podcast, la registrazione video della mattinata e alcune fotografie.
Numerosi e significativi sono stati gli interventi che si sono succeduti, dopo l’apertura di Maria Grazia Mattei, fondatrice e presidente di MEET, e del segretario generale Francesco Samorè, e intervallati da video saluti di David Guston dell’Arizona State University (video/podcast 3, min.2:47), Sally Randles, autrice di De-facto Responsible Innovation (v/p 3, min.18:33), Agnes Allansdottir, Università degli Studi di Siena (v/p 4, min.20:54), e René Von Schomberg dell’University of Aachen (video 4, min.40:00).
La coincidenza con il compleanno del presidente Piero Bassetti ha indotto anche molte riflessioni sull’eredità delle sue intuizioni. Un riconoscimento è giunto da figure istituzionali come Attilio Fontana, Lamberto Bertolè e Raffaele Cattaneo (v/p 3, min.20:38) alla sua lucida capacità di avere una visione proattiva, e non passiva, del futuro; alla concezione dell’innovazione come sfida non tanto per le cose da fare ma per quello che dobbiamo comprendere; al coraggio di accogliere la complessità del pensiero senza renderlo adatto alla nostra capacità di comprensione; all’acutezza nel presentire l’inadeguatezza della politica e delle istituzioni quando i cambiamenti esigono l’abilità e l’intelligenza di trascendere il territorio.
Quello che ci separa dal mondo migliore è il potere di realizzarlo
18 dicembre 2023, Piero BassettiRacchiudere 30 anni di storia in una mattinata, e proiettarla verso il prossimo futuro, non è stato, e non è, una facile impresa. L’opera di Fondazione Giannino Bassetti, come ha detto il giornalista Massimo Russo che ha diretto la mattinata, ha costituito uno snodo fondamentale per capire la complessità del fenomeno “innovazione”, le sue implicazioni sociali ed etiche, oltre che meramente tecniche. Un approccio originale, avviato nel 1994, che ha coinvolto nella riflessione sulla responsabilità nell’innovazione personalità e competenze più diverse.
L’attrice e drammaturga Laura Curino, per esempio, è stata vicino alla Fondazione con molti suoi spettacoli, a partire da quello del 2011 in cui, chiamata dallo stesso Piero Bassetti, ha rappresentato la Milano della cultura del progetto e del movimento maker. Lo ricorda lei stessa sul palco del MEET (video/podcast 1, min.13:33), prima di leggere un brano estratto da Il Planetarista ed evocare la sua più recente commedia Big Data B&B, che mette in scena, con una ricca signora gestrice di un B&B per professionisti del mondo della Rete, i rischi correlati all’innovazione tecnica e scientifica nella nostra società in cui gli algoritmi sono ormai diventati i reali padroni. Eppure, la strategia più efficace per affrontare qualsiasi improbabile futuro, dice Curino, è ancora quella di creare relazioni, secondo uno degli insegnamenti dello stesso Piero Bassetti.
Il nostro presidente Piero Bassetti sul palco ripercorre (v/p 1, min.25:50) i titoli dei capitoli del suo discorso, cominciando proprio dal principale, La realizzazione dell’improbabile, e dalla fatica che ne discende, immediatamente espressa nella negazione di fatto dell’improbabilità di ciò che si intende realizzare. «Il potere di riuscire a realizzare l’improbabile resta il vero tema della Storia», dice, «in perenne equilibrio tra quello che sappiamo di sapere, e il sapere quello che possiamo, così sempre alle prese con qualcosa che sarà validato storicamente oltre gli assunti conosciuti nel presente». Una tensione tra sapere e potere tanto più forte oggi, con l’intelligenza artificiale, che segna un cambiamento d’epoca paragonabile forse solo dalla rivoluzione della stampa a caratteri mobili di Gutemberg, e che pare porre questioni esistenziali. «L’innovazione», conclude Bassetti, «è del resto un cambiamento nel modo di essere, più che nelle cose, e quella realizzazione di un mondo migliore che tutti auspichiamo non può che andare di pari passo con la comprensione e la definizione di un “nuovo noi”».
L’intelligenza artificiale è di fatto il cuore degli interventi della mattinata. Il panel (v/p 2) moderato da Margherita Fronte, con Guido Romeo, giornalista nel sounding board Fondazione Bassetti, Nicoletta Iacobacci di Women’s Brain Project, e Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, si concentra sugli aspetti regolatori e di finanziamento dell’AI. Così, mentre Epifani (v/p 2, min.2:30) fa notare che l’Europa, fresca di approvazione Ai Act, è al primo posto nell’attività di regolamentazione ma tra gli ultimi in capacità di ricerca e investimento, visione industriale e sociale, invitando a riflettere sul rischio di normare un’innovazione che di fatto non gestiamo e non governiamo, nonché sulla parzialità culturale del termine “etica”; Romeo (v/p 2, min.19:55) documenta con dati e confronti la disparità tra i capitali, privati, investiti negli Stati Uniti, rispetto a quelli di Cina – in cui è il governo a moltiplicare gli investimenti per recuperare il gap della ricerca scientifica – , e dell’Europa, in cui solo l’Inghilterra, come polo finanziario molto dinamico e patria di DeepMind, forse può avere una posizione competitiva. L’Italia, con solo 27 punti su 100, in un contesto in cui capacità di investimento e concentrazione di capitale fanno la differenza, è chiamata urgentemente a ricavarsi un suo ruolo. Un ruolo certamente complicato in un continente che rimane comunque il mercato più grande del mondo, e in un mondo in cui, come sottolinea Romeo, la presenza di “statosauri” come Elon Musk (termine mutuato dal libro di Massimo Russo Statosauri. Guida alla democrazia nell’epoca delle piattaforme), modifica la configurazione di potere e istituzioni.
Del rapporto di questo nuovo mondo con le nuove e prossime generazioni parla Nicoletta Iacobacci (v/p 2, min.11:20), nella speranza, come sottolineato da Samorè, che nel futuro non siano così drasticamente divise causa digital divide. Molto dipenderà dall’evoluzione del lavoro, inteso sia come strumento di sostentamento che identitario. Su questo tema, Anna Rosa Pesole, esperta di politiche digitali e del lavoro per Commissione Europea e Nazioni Unite, è chiara: serve un nuovo patto sociale per il lavoro al tempo dell’intelligenza artificiale, tempo in cui la concentrazione di sapere (dati) e del potere che ne deriva è nelle mani di poche aziende tecnologiche capaci di scardinare qualsiasi prassi e istituti del lavoro (v/p 3, min.4:47). Citando il libro di Brishen Rogers, Data and democracy at work, che evidenzia come le imprese utilizzino le tecnologie come strumento di potere di classe (tema da tempo escluso nel dibattito di stampo neoliberista), Pesole richiama alla responsabilità di valutare nella sua complessità l’impatto dell’AI nel mondo del lavoro; denuncia la necessità di ristabilire il peso di chi negozia dall’organizzazione del lavoro alla riformulazione degli istituti da accesso; fino al dovere di rimettere al centro di ricerca e sviluppo di queste tecnologie, non gli interessi del mercato ma welfare e benessere sociale. Anche «la trasparenza», conclude Pesole, «serve infatti a poco se non declinata a partecipazione sociale: la trasparenza è solo visibilità se non garantisce diritto di accesso ai sindacati o rappresentanti lavoratori ai dati e al loro uso».
Verso l’epilogo della mattinata, il focus delle riflessioni si avvicina così alla definizione di quel “nuovo noi”, enunciato nella parte finale del discorso di Piero Bassetti La responsabilità di disporre di un nuovo sapere: Intelligenza Artificiale. Un “noi” che la Fondazione, come ricorda lo stesso presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana (v/p 3, min.20:38), interroga nei suoi progetti europei, di cui spesso è ente coordinatore, come Transform o Reinforcing, e che mettono in pratica i principi Ricerca e Innovazione Responsabile (RRI) attraverso nuove forme di processo decisionale partecipativo locale per allinearle con valori, esigenze e aspettative della comunità. Un “noi” che si ritrova nelle tante relazioni che Fondazione Giannino Bassetti ha con enti e istituzioni della società civile rappresentati sul palco (inizio v/p 4) dagli interventi di Maria Cristina Ferradini di Fondazione Amplifon, Felice Scalvini di Fondazione Ravasi Garzanti, Mario Ferrario di Rule of Law & Society, Fiorenzo Galli del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, Massimiliano Tarantino di Fondazione Feltrinelli, e Stefano Micelli di Upskill 4.0.
E infine un “noi” richiamato dall’intervento di Giuseppe Testa, direttore del centro di neuro genomica di Human Technopole (v/p 4, min.23:00). Che, tra citazioni felliniane e incursioni nella scarsa trasparenza del Natural Language Processing (NLP) e delle black box, tra allucinazioni artificiali e ambiguità reali del linguaggio dell’AI (Open AI è veramente “open”?), evidenzia come le (molte) intelligenze artificiali chiamino in vero in causa il nostro modo di stare insieme, il nostro modo di essere insieme cittadini. Quelle macchine che diventano una sorta di alterità cognitive ci spingono a interrogarci su «quale guizzo in avanti dobbiamo fare per (ri)pensarci, tra logos e carne, soggetti e insieme oggetti, in luoghi, istituzioni e modi che hanno poco a che fare con lo Stato nazione come lo conosciamo oggi. Ritrovare la forza di una nuova regia, proprio come succede nel finale di 8½ di Federico Fellini, abbandonare la strada individuale per sciogliersi in una soluzione collettiva, rifondare una nuova epistemologia civica, è forse il modo per far nascere quel “nuovo Noi” capace di affrontare il mondo di domani».