Nella cornice della XX1 Triennale, la mostra-progetto New Craft, ha permesso numerosi momenti di approfondimento. Messi tutti insieme offrono un grande ventaglio di punti di vista. Abbiamo già pubblicato le riprese e i report di Labour versus Labour, ora ci apprestiamo a condividere i materiali relativi al convegno Manifattura 4.0.
Il convegno, svoltosi il 9 Giugno 2016 e intitolato ‘Manifattura 4.0 : il ruolo del valore artigiano‘, ha avuto l’obbiettivo di fare il punto sul dibattito attorno alle prospettive aperte dall’incontro fra manifattura, tecnologia e digitale. Mentre sono richiamati da più parti modelli che guardano alla digitalizzazione della manifattura come superamento dell’elemento umano, nell’economia reale si sta affermando un modello originale di convivenza e reciproco rafforzamento tra innovazione e valore artigiano che può diventare un vera “via italiana all’innovazione”. Una sfida di cui hanno discusso rappresentanti di Confartigianato Imprese (che ha curato il programma del convegno), decisori pubblici ed economisti.
In sede di convegno è stato inoltre presentato l’ultimo libro di Paolo Manfredi: “L’economia del su misura”, che approfondisce alcuni punti fondamentali presi in esame proprio dalla mostra New Craft, la quale a sua volta esplora la relazione fra artigianato, innovazione tecnologica e cultura del progetto.
(Questo post vi propone i video degli interventi, seguiti da una sintesi. In fondo, le fotografie dell’evento)
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(I video sono visibili anche nel nostro account in Vimeo)
Gli artigiani protagonisti dell’innovazione.
Eugenio Massetti, Presidente Confartigianto Lombardia , ha ha riportato la sua esperienza prendendo in esame l’universo delle imprese artigiane con le quali ha avuto modo di instaurare una relazione di lunga durata, dividendole provocatoriamente in due macro-categorie: chi vince e chi perde, a fronte della digitalizzazione e robotizzazione dei processi.
La digitalizzazione e la robotizzazione sono dei potenti strumenti, preziosi alleati della piccola e media impresa artigiana italiana grazie ai quali, in controtendenza rispetto ai pareri di molti studiosi sia Italiani che internazionali, questa può riuscire a conservare le sue dimensioni e a rimanere competitiva sul mercato.
Massetti ha concluso sottolineando come questi strumenti possano contribuire a conservare l’eccellenza del primato Italiano nell’artigianato a livello globale, senza necessariamente dover stravolgere la produzione e la sua natura storicamente ‘piccola’.
Intersezioni tra le tecnologie digitali e le piccole imprese e l’artigianato.
I primi risultati di una indagine su MPI
Enrico Quintavalle, Ufficio Studi Confartigianato Imprese ha presentato i primi risultati di un’indagine sulla manifattura 4.0 condotta dal centro studi e ricerche di Confartigianato che dirige.
In primo luogo lo studio ha mostrato come chi, a livello d’impresa, abbia adottato almeno una tecnologia digitale a scelta fra Manifattura 3d; Internet of Things; Social Manifacturing; Cloud Computing; Realtà Aumentata; Realtà Virtuale; Robotica o Nanotecnoologie presenti oggi notevoli vantaggi in termini non solo di fatturato ma anche di posizionamento sui mercati esteri.
Se da un lato è vero che in Italia, rispetto all’Europa, per quanto riguarda l’adozione di tecnologie digitali siamo indietro, il settore dell’Internet of Things registra dei tassi di crescita costanti e presenta le maggiori percentuali di adozione a livello di impresa manifatturiera.
Dallo studio è emerso come si stia profilando un modello ibrido (digitale-classico) di impresa artigiana vincente, che intercetta le tecnologie digitali a disposizione e ne ricava vantaggi reali. In questo senso è importante sottolineare due fatti: il primo è che le aziende che fanno uso di tecnologie digitali sono spesso aziende strutturate con più di 10 dipendenti, quindi non esattamente micro; il secondo, che l’adozione di queste tecnologie non riposiziona l’impresa all’interno della catena delle subforniture che anzi, viene ampliata e diversificata.
Se da un lato si è registrato come l’adozione di tecnologie digitali si presenti sia come driver per l’export, sia come driver per l’innovazione di prodotto e di processo, al momento il numero delle imprese che conosce ed usa le tecnologie digitali equivale quello di chi non le conosce e non le usa, di fatto rendendo le imprese che ne fanno uso ancora un fenomeno poco affermato.
Infine, la sfida per arrivare ad una penetrazione capillare ed efficiente di queste tecnologie, dovrà essere sicuramente raccolta anche a livello di policy making.
In questo senso la legge sulla manifattura 4.0 di regione Lombardia può essere considerato un notevole passo in avanti.
Lo studio, presentato ufficialmente il 28 Giugno, ha concluso mettendo a fuoco lo stato di questi processi all’interno dell’ecosistema delle imprese artigiane Lombarde e quelle del resto d’Italia, mostrando come vi sia un dislivello considerevole a favore della Lombardia.
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Manifattura 4.0: tra i robot e i FabLab, qual è il ruolo del valore artigiano?
Mauro Parolini, Assessore Sviluppo Economico Regione Lombardia, ha illustrato che cosa stia cambiando nel panorama regionale in termini di relazioni fra le istituzioni e imprese artigiane. Innanzitutto ha sottolineato come anche la grande industria stia intraprendendo percorsi di artigianalizzazione – ovvero lo sviluppo delle capacità necessarie a fornire risposte sempre più personalizzate – e ha messo in luce come, anche a livello regionale, venga incentivato e stimolato il dialogo la grande e la piccola impresa.
In questa direzione si muove infatti il prossimo bando regionale per le PMI che stanzia ingenti fondi per cofinanziare progetti innovativi (fino a 800.000 euro), proprio a consorzi formati o da piccole e medie imprese e un centro di ricerca, oppure piccole e medie imprese e una grande impresa. L’idea è quella di compattare il tessuto imprenditoriale in modo tale da riuscire a sfruttare le esternalità positive dovute alla messa in rete di alcune competenze specialistiche.
Parolini ha concluso prima citando un fenomeno ‘nuovo’ del quale si sta interessando la regione, ovvero quello di legare il turismo all’artigianato, per poi spendere qualche parola sull’area Expo, che diventerà un HUB per soggetti eterogenei (PMI, grande impresa, centri di ricerca, etc.) proprio perché è dalla condivisione, dalla contaminazione e dalle partnership multisettoriali che oggi si ricava il maggiore vantaggio competitivo.
Stefano Maffei, Polifactory.
in qualità di rappresentante del mondo dell’accademia, ha sottolineato come il ruolo di un’Università come il Politecnico di Milano, del quale fa parte, sia quello di fare da cerniera, facilitando processi di apprendimento per l’utilizzo delle nuove tecnologie. In questo modo è possibile creare una classe di neolaureati che possa fare veramente la differenza all’interno di un’azienda, mettendo a disposizione nuove skills e nuove conoscenze up to date al servizio di un saper fare che trova il suo valore aggiunto nella tradizione. Maffei ha ricordato inoltre che se da un lato è certamente importante riuscire a calare in maniera virtuosa le nuove tecnologie all’interno delle aziende artigiane, dall’altro è pure vero che ci sono alcune qualità esclusive dell’essere umano, che sono sostanzialmente insostituibili da un equivalente robotico: la capacità relazionale; la capacità di percepire e manipolare; la capacità creativa.
Maffei ha concluso affermando che anche le Università stanno attraversando un periodo di forte cambiamento: stanno trasformando il modo che hanno di trasmettere il sapere. È infatti in corso un avvicinamento progressivo al modo in cui gli artigiani trasmettono il proprio sapere, ovvero attraverso una relazione profonda e personale con l’oggetto della sperimentazione e della ricerca. In quest’ottica appare di critica importanza l’esistenza di uno spazio come quello di Polifactory, un makerspace all’interno del Politecnico, che ibrida più conoscenze e saperi allo stesso tempo, cercando di creare nuove sinergie.
Mauro Colombo, Direttore ASARVA conf Varese
ha portato una testimonianza diretta sui cambiamenti che sono avvenuti all’interno di un territorio a tipica vocazione artigiana come quello del Varesino.
Secondo Mauro Colombo tecnologia e artigianato hanno una relazione storica che è di lunga data. Da sempre infatti gli artigiani nello svolgimento del loro lavoro hanno fatto utilizzo di macchinari e tecnologia di ogni sorta. Si tratta piuttosto di capire quali siano i protagonisti della contemporaneità in questo senso, e di diffondere il più possibile le loro best practices, in modo che facciano da esempio per gli altri.
In questo modo è possibile aumentare la consapevolezza riguardo la necessità di alcuni processi di digitalizzazione, facendo ‘toccare con mano’ i vantaggi che ne derivano. Ma non basta, ci vuole infatti anche personale aziendale dedicato in grado di gestire questi processi e di trarne un vantaggio reale e sostenibile.
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Presentazione del libro:
“L’economia del su misura. Artigiani, digitale, innovazione”
(Marsilio Editore)
Paolo Manfredi, Confartigianato ha presentato durante questo prestigioso incontro il suo libro: “L’economia del su misura”, commentato successivamente da alcuni ospiti illustri quali Giulio Sapelli, dell’Università Statale di Milano e il presidente di Confartigianato Cesare Fumagalli.
Paolo Manfredi, cercando di spiegare le ragioni che lo hanno spinto a scrivere “L’economia del su misura”, ha preso spunto proprio da un passo del libro stesso, dove fa notare come dal 2003 fino ad oggi vi siano stati più di un migliaio di convegni sul tema della digitalizzazione e delle sfide che la contemporaneità pone all’artigianato, fortemente incentrati sull’individuazione dei problemi e non sulla ricerca delle soluzioni. Pare anzi che alcune sfide siano rimaste pressoché immutate nel tempo, contribuendo ad avvalorare la tesi secondo la quale in Italia si sappia quali siano i problemi, ma manchi la volontà comune di risolverli.
Una delle motivazioni per cui succede questo è riconducibile, secondo Manfredi al cosiddetto Club dei 200, ovvero un gruppo, il solito gruppo, di 200 persone che propongono un modello di driver pubblici il quale prevede la partecipazione di grandi imprese come co-partner obbligatorio. Questo modello, che in realtà si è dimostrato essere non solo inapplicabile, ma soprattutto fallimentare, incentiva un certo livello di commistione fra chi fa policy e chi vende le sue soluzioni applicative, producendo alcuni strani costrutti come la Smart City e il fenomeno di hype che le è ruotato attorno, prima di sparire completamente dal dibattito pubblico.
La scommessa è quella di investire una piccola parte di quelle risorse che vengono normalmente destinate a fenomeni che (come le start-up innovative ora, la Smart City ieri) più che aggiungere un reale valore all’economia, sono di ‘moda’, quindi passeggeri per definizione. Le imprese che sono citate nel libro e quelle all’interno della mostra New Craft, per quanto non rientrino all’interno delle maglie dei bandi e dei finanziamenti, se riuscissero ad accedervi, secondo Manfredi potrebbero recuperare 2% del PIL in dieci anni.
Manfredi ha concluso sottolineando da un lato la necessità di avere un tipo di capitale cosiddetto paziente, ovvero in grado di saper aspettare il giusto tempo per il rientro sull’investimento (l’esatto opposto della natura del capitale normalmente messo a disposizione per le start-up innovative); dall’altro la moralità del conto economico per avere accesso ai finanziamenti, che è una caratteristica intrinseca di questo paese, ma che forse proprio per questa ragione continua ad avere la sua ragione di esistere.
A Giulio Sapelli (Università Statale di Milano) è stato chiesto di scegliere un’epoca storica in Italia, che più somiglia a quella contemporanea dal punto di vista dello stato del sistema produttivo.
Sapelli ha risposto che il periodo che stiamo vivendo in questo momento somiglia molto al prospero periodo del ‘400-‘500, al quale però è seguita la crisi del ‘600, crisi alla quale noi saremo portati dall’economia digitale. Secondo Sapelli infatti, stiamo assistendo ad un progressivo disequilibrio fra l’aumento di capitale fisso, tipico by-product dell’impresa classica, a favore di una riduzione dei costi di transazione, obiettivo principe della cosiddetta economia delle app. Il pericolo sta proprio nelle modalità attraverso le quali l’economia delle app crea valore.
Il corretto modo di procedere sarebbe quello di integrare l’economia digitale dentro la manifattura. La tecnologia digitale è in grado di sterilizzare la piccola impresa dall’importanza della dimensione, per ottenere una serie di vantaggi in termini di posizionamento sul mercato. La piccola gode in questo modo dei plus che sono intrinsechi alla sua natura, come flessibilità e customizzazione.
Le tecnologie digitali, come la manifattura additiva, possono risultare estremamente utili alla piccola impresa artigiana e fornire nuove prospettive e nuovi orizzonti applicativi anche per la tecnologia stessa. Ma attenzione a non pensare che il libro di Paolo Manfredi sia una sorta di evangelizzazione della figura dell’artigiano digitale, quanto piuttosto debba essere considerato come un’opera che va a sottolineare l’importanza del crocevia fra il digitale e la manifattura, in quanto locus di creazione di vero valore aggiunto.
Sapelli ha concluso poi con una riflessione sui meccanismi che regolano l’erogazione di fondi per ricerca e sviluppo, quindi dei fondi per fare innovazione, riflettendo su come la piccola impresa sia un soggetto estremamente più adatto della grande impresa a ricevere questi finanziamenti, ma che venga sistematicamente sottovalutato.
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Cesare Fumagalli, Segretario Generale Confartigianato, ha espresso la sua contrarietà ad una sacralizzazione degli strumenti digitali in quanto tali. Gli strumenti servono nella misura in cui aiutano realmente un soggetto a svolgere la sua attività professionale.
A prescindere dall’integrazione o dall’utilizzo di strumenti digitali, i prodotti italiani troveranno sempre spazio all’interno dei mercati, perché sono fatti con testa mano e cuore. Nonostante i dati registrino un certo rallentamento del nostro export, a livello qualitativo non abbiamo rivali: saranno dunque i consumatori che faranno la differenza sul lungo periodo, premiando i prodotti Italiani.
Ha concluso ricordando l’importanza del ruolo di associazioni come Confartigianato, che devono aiutare le piccole imprese non solo nei loro percorsi di digitalizzazione, ma in ogni aspetto che riguarda il posizionamento all’interno di un mercato, sia estero che nazionale.
In sintesi
Il convegno ci ha permesso di ascoltare le testimonianze dei protagonisti a livello istituzionale, associativo e del mondo della ricerca, impegnati nel disegnare una traiettoria originale di sviluppo del tessuto produttivo Italiano, a fronte delle profonde trasformazioni che sta affrontando. Ciò che è emerso infatti è una sorta di ‘via italiana all’innovazione’, che trova nella sua struttura imprenditoriale (piccola, flessibile, altamente specializzata) la leva che le permette di attivare delle forti sinergie con il progresso tecnologico. Di primaria importanza sono le condizioni abilitanti a far sì che questi processi possano prendere forma e radicarsi all’interno dell’ecosistema Italiano. Serve una presa di coscienza da parte delle istituzioni sulla necessità di elaborare alcuni strumenti, sia finanziari che a livello legislativo, che facciano da catalizzatori per questo cambiamento. Il rischio è proprio quello di farsi sfuggire fra le mani una grande occasione di crescita per il nostro paese.
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