In un mondo di comunicazioni globali, in cui si sta già studiando l’estensione della rete ad altri corpi celesti del sistema solare, sembra paradossale che due terzi della superficie terrestre siano privi di qualsiasi collegamento alla rete.
Eppure è quanto accade negli oceani e nei mari di tutto il mondo, nonostante essi siano attraversati da decine di migliaia di kilometri di fibre ottiche (che trasportano in cavi sigillati i flussi di dati della superficie emersa).
Le ragioni di questa particolare forma di isolamento sono di diverso tipo:
- le apparecchiature elettroniche sottomarine richiedono energia elettrica ed oggi possono venire usate in acqua solo per periodi limitati a causa della necessità di essere alimentate a batterie;
- il modello di ricerca oceanografica prevalente è quello dell’esplorazione (con navi, sommergibili, batiscafi, robot), in cui una équipe tecnica raggiunge fisicamente un luogo di interesse.
Tutto questo sta per cambiare, grazie ad una tecnologia di connessione elettrica ed informatica sottomarina, in corso di sviluppo in Canada e negli USA.
A partire dal 2007 inizieranno a funzionare i primi nodi della rete al largo della costa canadese del Pacifico, con decine di strumenti permanentemente installati sott’acqua e collegati a terra.
Il luogo dell’esperimento sarà la placca tettonica di Juan de Fuca, una delle più piccole della crosta terrestre, estesa di fronte all’isola di Vancouver ed agli stati di Washington ed Oregon e limitata ad occidente dalla grande placca del Pacifico.
Si tratta di un luogo molto interessante scientificamente, da un lato per lo studio geologico e sismografico, dall’altro per la presenza di soffioni caldi sottomarini (a 300 °C) che ospitano forme di vita uniche e che rappresentano possibili future infinite fonti di energia.
Il progetto viene gestito da un consorzio di università canadesi e statunitensi ed ha anche ricevuto la consulenza dell’europea Alcatel, esperta nella posa di cavi sottomarini a fibra ottica.
Esperimenti analoghi sono previsti nei prossimi anni anche in Europa ed in Giappone.
Come funzionerà il sistema NEPTUNE?
Esso prevede l’impiego di una stazione di terra alla quale saranno connessi ii diversi componenti della rete sottomarina, ovvero in ordine:
- un collegamento elettrico ad alta tensione in corrente continua a 10 kVolt (10.000 Volt), integrato con una fibra ottica multimodale con una banda di vari Gigabit al secondo, collegamento potenzialmente lungo centinaia di kilometri;
- nodi di diramazione per il collegamento elettrico principale e per la dorsale in fibra;
- nodi di trasformazione elettrica (da 10 kVolt a 400 Volt in continua), che ospitano anche diramazioni della fibra (ed il suo passaggio da multimodale a unimodale con una banda ridotta all’ordine dei Megabit);
- collegamenti a 400 Volt più fibra, ciascuno di lunghezza massima di 4 Km;
- nodi di diramazione della rete elettrica a 400V e di conversione del trasporto dati da ottico ad elettronico;
- brevi collegamenti a 400 Volt più rame, ciascuno di lunghezza massima di 85 metri;
- nodi di interfaccia per gli strumenti, che abbassano la tensione a 24 Volt e permettono di collegare alla rete grappoli di strumenti oceanografici.
Gli strumenti destinati all’installazione permanente saranno di numerosi tipi: idrofoni, sismografi, sensori biologici, sistemi di illuminazione sottomarina, robot esploratori collegati via cavo, ecc.
Le prime versioni di tali strumenti potrebbero durare solo pochi anni prima di dover essere sostituiti, ma in futuro potranno venire industrializzati e resi più affidabili.
In caso di rottura di parti della rete, la stazione di terra disporrà di un sistema diagnostico, per individuare il luogo in cui inviare una nave per la riparazione.
I dati scientifici raccolti saranno disponibili ai laboratori coinvolti ed in futuro forse pubblicati in tempo reale sulla rete Internet; solo alcune informazioni di interesse militare (ad esempio l’eventuale rilevazione indiretta di movimenti di sottomarini) verranno censurate.
L’estensione della rete elettrica e della rete dati alle profondità oceaniche, se perseguita in futuro, porterà significativi benefici a tutta l’umanità.