Immagine periodica
‘…e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura’: l’arte come precognizione
Il celebre quadro di Edward Munch, in assoluto uno dei più famosi dell’espressionismo nordico, è usato per illustrare una parte del quarto articolo scritto in modo collaborativo, intitolato "L’inevitabile e il desiderabile".
‘Camminavo lungo la strada con due amici
quando il sole tramontò
il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue
mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto
sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco
i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura
e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.’
Questa l’ispirazione autobiografica del quadro, quale emerge dai diari dell’autore.
"Un grande urlo infinito" che pervade la natura: trattandosi di un quadro dalle note caratteristiche emblematiche di un’angoscia esistenziale che da esperienza privata diventa pubblica e universale, nell’articolo sopra citato è stato associato al punto in cui si parla delle capacità evocative e precognitive dell’espressione artistica. Nel caso specifico: la visione del nulla a cui (ci) porta la tecno-scienza? L’incubo di una (nostra) dis-umanizzazione? La sofferenza atroce, anche fisica, conseguente alla consapevolezza di ciò che la tecno-scienza (ci) sta facendo?
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