Guglielmo Marconi e la "realizzazione dell'improbabile"
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"È perfettamente esatto e confermato da tutta l'esperienza storica che il possibile non verrebbe mai raggiunto, se nel mondo non si ritentasse sempre l'impossibile". Questa proposizione di Weber, che si integra perfettamente con la definizione di innovazione come "realizzazione dell'improbabile" (cfr. in questo sito: Piero Bassetti, "Quale impresa per la sfida evoluzionista?"), è una chiave di lettura adeguata per ricordare il centenario della trasmissione attraverso lAtlantico di un segnale radio, realizzato il 12 dicembre 1901 da Guglielmo Marconi.
Ovviamente "impossibile" e "improbabile", vanno letti non in senso strettamente tecnico (impossibile è impossibile) ma con quel minimo di vaghezza consentito dalluso quotidiano del linguaggio.
Infatti, la trasmissione via etere di impulsi radio che potessero superare le colline e perfino la curvatura terrestre era, secondo i canoni scientifici dellepoca, impossibile. Scrive Giovanni Maria Pace nellarticolo di La Repubblica del 12 dicembre: «in quell'epoca i fisici sono ancora convinti che gli impulsi radio si propaghino in linea retta, fino a perdersi negli spazi siderali, e non possano quindi seguire la curvatura della Terra».
«All'epoca infatti nessuno, neppure Marconi, aveva idea dell'esistenza e delle proprietà della ionosfera, quella zona ionizzata dell'atmosfera che circonda la Terra e riflette le onde elettromagnetiche come uno specchio». Cfr. Umberto Bottazzini, Il Sole 24 Ore 9 dicembre.
Ciò non significa però che i processi innovativi non siano altro che gli esiti casuali della caparbietà di qualche "dilettante di genio". L"impossibile" o l"improbabile" della scienza dipende dallo stato hic et nunc di una certa teoria. Rendere possibile limpossibile consiste (anche) nel cogliere nellhic et nunc di una teoria quelle parti non ancora consolidate e interpretarle secondo nuove intuizioni. Nella chiusura ad un commento precedente "Dulbecco e il gene egoista" avevo scritto (perdonate lautocitazione) «Ma forse linnovazione è la scoperta del non previsto (che non è affatto il non prevedibile)».
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«Il fisico tedesco Heinrich Hertz dimostrò che non solo la luce, ma anche altre radiazioni sono in realtà onde elettromagnetiche che si propagano nello spazio come la luce. E come la luce interferiscono tra loro. E possono essere riflesse, rifratte, diffratte» scrive Romano sullUnità dell11 dicembre. Agli inizi del secolo terminato da poco, la fisica degli strati superiori dellatmosfera era ancora abbastanza sconosciuta. Per esempio era ancora presente lipotesi delletere. Antonio Socci, su Il Giornale del 20 luglio, nel riportare la storia della formula E=mc² scrive: «De Pretto era arrivato a quell'equazione basandosi sulla teoria dell'etere che è esattamente il fattore che Einstein intendeva eliminare».
Guglielmo Marconi, che non aveva compiuto studi regolari, non possiede una cultura accademica, ma forse proprio per questo, come scrive Giovanni Maria Pace nellarticolo di Repubblica citato sopra, «ha una freschezza di pensiero che gli accademici non possiedono e si rende conto che le onde hertziane possono venire riflesse dalla ionosfera, in una serie di rimbalzi aria-terra che avvengono alla velocità della luce. Forte di questa intuizione, Marconi procede, dall'età di 17 anni, a una serie di esperimenti che culmineranno nell'impresa del 1901».
Non è, come scrive Romano nellarticolo dellUnità, che «i fisici, nonostante la superba e veritiera teoria di Maxwell, avevano torto». E infatti Marconi non ha per nulla falsificato i fondamenti della fisica precedente, ha però avuto il merito di intuire che nell'alta atmosfera cera un qualcosa completamente trasparente alla luce visibile ma che era capace di rifrangere altri tipi di onde elettromagnetiche.
Può anche darsi che nellesito positivo dellesperimento del 1901 ci fosse una forte componente di fortuna, come si può leggere nella corrispondenza da Londra di Paolo Passerini apparsa su La Stampa dell11 dicembre. «Calcolata distanza e tipo di trasmissione, l´esperimento appare matematicamente impossibile. ( ) nonostante i dubbi, c´è una spiegazione scientifica: la sua trasmittente era potente e, inoltre, a differenza delle radio di oggi non doveva mandare un segnale molto preciso. E´ possibile che, senza saperlo, Marconi abbia usato un segnale a onde corte».
Da Fleming a Penzias, la casualità ha sempre giocato un ruolo importante nelle scoperte scientifiche, se non altro per il fatto che quando ci si muove in campi ancora inesplorati è facile imbattersi nel nuovo; è merito allora della "virtù" dello scienziato, nuovo principe machiavelliano, estrarre dalla "fortuna" della scoperta linvenzione e linnovazione.
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Poco più di due mesi fa abbiamo ricordato il centenario della nascita di Enrico Fermi (" Enrico Fermi, sottotitolo: "Beati gli scienziati che non hanno bisogno di essere eroi' "). Oltre che kitsch, sarebbe oltremodo fuorviante voler fare dei paragoni. Le diversità fra Marconi e Fermi sono troppo rilevanti, tuttavia sia nella storia di Marconi che in quella di Fermi dobbiamo a malincuore constatare che ambedue gli scienziati per portare avanti le loro ricerche si sono dovuti allontanare dallItalia. Le ragioni di questi "esilii" sono innumerevoli e vanno dallinsofferenza per le pastoie burocratiche allinsofferenza per leggi liberticide. Ma esiste anche un fattore di fondo che solo raramente viene preso in considerazione, e cioè che la cultura italiana nelle sue componenti di fondo era impermeabile ai valori della cultura scientifica. Scrive G. M. Pace riguardo a Marconi, «In Italia fu guardato dagli accademici con una certa dose di diffidenza. Cinque università inglesi e sei americane gli conferirono lauree ad honorem. Solo due atenei italiani Bologna e Pisa gli tributarono il massimo alloro». Non credo sia del tutto casuale che proprio negli anni in cui Marconi conduceva gli esperimenti più significativi era in pieno sviluppo la polemica che opponeva Croce a Federigo Enriquez, conclusasi con la sconfitta di questultimo e un conseguente effetto negativo sulla diffusione e il prestigio della cultura scientifica in Italia. E noto daltra parte che ai tempi di Fermi il dominus della cultura accademica italiana era Giovanni Gentile, che riguardo alla cultura scientifica non aveva idee molto difformi da quelle di Croce.
E forse questo è vero anche oggi se, come sembra, nella riforma della riforma della scuola è stato ventilata la soppressione della matematica e della chimica nel nuovo liceo classico.
(20 dicembre 2001)
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[*]Vittorio Bertolini (Scheda biografica)
collabora con la Fondazione Giannino Bassetti
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