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intitolato "Biotecnologie fra innovazione e responsabilità"
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La Fondazione Giannino Bassetti, nel tentativo che la caratterizza di favorire la comprensione delle ragioni che implicitamente o esplicitamente influenzano linnovazione nella società contemporanea, ha promosso, nel quadro di una serie di ricerche che sta sviluppando, la seconda indagine su opinioni e atteggiamenti della popolazione italiana nei confronti delle biotecnologie. Lindagine è stata condotta in collaborazione con Poster, società di ricerca attiva nel campo della partecipazione pubblica allinnovazione scientifico-tecnologica, che aveva già realizzato nel corso del 2000 un'analoga ricerca.
Le biotecnologie influenzano in modo significativo i mutamenti sociali, politici ed economici e questa loro pervasività costringe a riconsiderare il concetto di responsabilità entro nuove cornici dominate dalla fallibilità delle conoscenze e dallincertezza dei valori etici. A questo studio era stato posto come obiettivo quello di analizzare le biotecnologie perché, nel loro specifico, ritenute particolarmente rappresentative di una problematica che in questo momento è di particolare attualità: la relazione tra la percezione del rischio e le concezioni di responsabilità nell'opinione pubblica. Verso quali soggetti dellinnovazione (politici, imprenditori, ricercatori scientifici, "grand commis" pubblici, associazioni) si indirizza la fiducia o la sfiducia dei cittadini utenti-consumatori? Come questi ultimi valutano la responsabilità dei "policy maker" di fronte alle proprie esigenze di sicurezza?
Rispetto a tale problematica, sul sito della Fondazione (www.fondazionebassetti.org) è stato avviato un interessante dibattito, a cui rimandiamo, comprendente interventi che, in parte, si sono confrontati con due testi di Ulrich Beck (lautore del volume "La Società del rischio") e che hanno cercato di analizzare come la percezione del rischio risenta delle credenze etiche ed ideologiche.
Dalla ricerca svolta da Poster emergono alcune indicazioni interessanti sia riguardo a una serie di temi specifici che sono al centro del dibattito pubblico (quali la clonazione, i cibi geneticamente modificati, la fiducia e responsabilità attribuite in materia di ricerca e applicazioni biotecnologiche), sia in merito al problema della responsabilità, che viene interpretato in modi strani e a volte contraddittori.
In corrispondenza dei temi specifici, è stata condotta una verifica sul livello di informazione, sulle valutazioni e sui giudizi del pubblico, mentre per quanto riguarda il tema della responsabilità, il profilo affrontato dal sondaggio è stato quello del "decision making" (chi dovrebbe decidere? di chi si fidano gli italiani per ciò che riguarda le biotecnologie?).
I risultati della ricerca mettono in luce la presenza di due tendenze dominanti: una parte dell'opinione pubblica sembra infatti preferire processi decisionali orientati alla delega o alle autorità pubbliche (lo Stato, il Governo) oppure agli esperti (gli scienziati), mentre un'altra parte sembra invece richiedere un diretto coinvolgimento. Inoltre, mentre le organizzazioni espressione della società civile (associazioni di consumatori, movimenti ambientalisti, associazioni di tutela dei cittadini) sono riconosciute come fonti d'informazione autorevole, esse sembrano riscuotere minore credibilità come attori dei processi decisionali.
In sintesi i principali risultati dell'indagine si possono riassumere come segue:
Le biotecnologie? Ne ha sentito parlare un italiano su due
Probabilmente schiacciato da altre emergenze, il tema delle biotecnologie diminuisce lievemente la propria visibilità rispetto al 2000, tornando ai livelli del 1996: un italiano su due (50%) dichiara di averne sentito parlare nei mass media negli ultimi tre mesi. La TV (citata dal 69% di quanti ne hanno sentito parlare, contro l82% del 2000) vede diminuire il proprio ruolo di canali informativi; stabili quotidiani , periodici e radio. Circa un terzo (32%) afferma anche di averne parlato, almeno occasionalmente, con qualcuno (per il 5% è un frequente argomento di discussione).
Che cosa sappiamo delle biotecnologie?
Il livello di conoscenza, tuttavia, resta a livelli modesti, per non dire preoccupanti. Lo si comprende analizzando quella parte del questionario che chiedeva di valutare la verità o la falsità di una serie di affermazioni. Oltre un quarto degli italiani, infatti, sembra disporre di informazioni piuttosto confuse sullargomento. Il 30%, ad esempio, ritiene che "i comuni pomodori non contengano geni, mentre quelli geneticamente modificati sì" e il 37% che "gli animali geneticamente modificati siano sempre più grandi di quelli comuni". Rispetto al 2000, aumentano anche quanti ammettono la propria ignoranza in proposito (in media quattro italiani su dieci). Nel complesso, quasi due terzi della popolazione italiana appare caratterizzata da una diffusa carenza informativa sul tema delle biotecnologie. Ciò suggerisce inoltre l'opportunità di riflettere sul nesso fra livello d'informazione e assunzione di responsabilità nei processi decisionali.
Ma le biotecnologie sono utili o rischiose?
Il pubblico italiano conferma la propria tendenza a discriminare nettamente tra applicazioni biotecnologiche in campo medico e applicazioni in campo agroalimentare. Nel caso delle prime, infatti, i rischi - pur riconosciuti in modo spesso molto evidente - sono almeno parzialmente controbilanciati dai potenziali benefici, come nel caso degli xenotrapianti (il 48% ritiene utile inserire dei geni umani negli animali per produrre organi da trapiantare). Fa eccezione la clonazione a fini riproduttivi, che solo il 24% ritiene utile e oltre il 70% considera rischiosa (per l80% è anche moralmente inaccettabile).
Lapplicazione delle biotecnologie in campo alimentare, invece, incontra chiara lostilità da parte degli italiani: due intervistati su tre considerano gli OGM rischiosi. Solo uno su cinque sarebbe disposto ad acquistare frutta GM se anche avesse un gusto migliore di quella tradizionale e solo uno su dieci la acquisterebbe se costasse meno dell altra.
Che cosa bisognerebbe fare per sviluppare e regolamentare il settore delle biotecnologie?
Gli italiani si sentono generalmente poco protetti dall'attuale apparato legislativo nei confronti degli eventuali rischi connessi alle moderne biotecnologie: il 72% ritiene insufficienti le attuali leggi in materia. Praticamente tutti (95%, con un ulteriore aumento rispetto al 2000) sembrano inoltre daccordo sulla necessità che i cibi geneticamente modificati devono presentare speciali etichette di riconoscimento. Convince poco, invece, la necessità di accettare qualche rischio connesso alle moderne biotecnologie pur di mantenere lItalia competitiva rispetto ad altri paesi europei (19%, con un calo rispetto al 2000) o nella prospettiva di utilizzarle per risolvere il problema della fame nel mondo (anche se in questo caso la quota aumenta dallultima rilevazione). Va sottolineato infine ce oltre uno su tre (38%) non sarebbe disposto ad autorizzare in nessun caso la commercializzazione di cibi GM, neppure se ne fossero chiariti rischi e benefici.
E chi dovrebbe decidere?
A larga maggioranza (oltre l'80%) prevale l'orientamento a non lasciare che gli scienziati possano liberamente condurre ricerche sulle biotecnologie; per due intervistati su tre (63,9%) la regolamentazione non può neppure essere lasciata alle imprese. Emerge inoltre una significativa richiesta da parte del pubblico di essere coinvolti nelle decisioni: dopo il governo, il soggetto più spesso citato come avente titolo a decidere sono "tutti i cittadini" (22%), addirittura davanti agli stessi scienziati (20%). Questa domanda di coinvolgimento è confermata tra laltro dal fatto che oltre un quarto degli intervistati (28%) ha espresso il proprio interesse a partecipare a un eventuale evento pubblico (forum, consensus conference) per discutere delle biotecnologie con scienziati, politici e giornalisti.
Correlazione [5 aprile 2002] Dalla recensione di Vittorio Bertolini del libro "Scienza e Società", di Massimiano Bucchi: «Il grande pubblico ha molta fiducia nella scienza, ma un po meno negli scienziati, e daltra parte ha molta fiducia in quegli attori che più di altri sembrano rappresentare linteresse pubblico (associazioni consumatori ecc.). Questo significa che lo scienziato deve uscire dallautorefenzialità e mettersi nella logica che la sua attività vada continuamente negoziata sia nei suoi fini che nei suoi metodi.»
"Scienza e società", recensioni al libro di BucchiSi è chiesto agli intervistati di dare un giudizio sulla credibilità di diverse fonti. Il risultato è ancora una volta di quelli che inducono alla riflessione. La fonte giudicata più credibile, "quella che dice le cose più vere sulle moderne biotecnologie", sono le organizzazioni dei consumatori (le ritiene credibili il 42,3%) che hanno peraltro continuato a incrementare i propri consensi negli ultimi anni (le indicava il 25,3% nel 1996 e il 35,8% nel 2000). Seguono università e scienziati (19,6%), che hanno superato per la prima volta le organizzazioni ambientaliste (18,4%, in discesa costante negli ultimi anni). Dietro questo trio, la fiducia precipita in un baratro: rispetto alle precedenti rilevazioni guadagnano credibilità le autorità pubbliche (ora al 10%) e più lievemente le industrie (4,3%), mentre perdono fiducia le organizzazioni religiose (dal 9% al 2,8% in un anno). E interessante notare che lopinione pubblica richiede la garanzia dellinformazione corretta a organizzazioni private non economiche (associazioni consumatori), daltra parte però ritiene che le decisioni debbano essere prese dallo Stato o attraverso forme di democrazia diretta.
Lindagine su "Biotecnologie e opinione pubblica in Italia" è stata condotta da POSTER sotto la supervisione scientifica di Federico Neresini (Università di Padova), Massimiano Bucchi (Università di Trento) e Giuseppe Pellegrini (Università di Padova).
Lindagine è stata condotta tramite un sondaggio telefonico, realizzato nel corso delle ultime due settimane del mese di ottobre 2001.
Il campione intervistato è composto da 1017 unità ed è rappresentativo della popolazione italiana con oltre 18 anni.
La procedura di campionamento ha seguito due stadi. Nel primo le province sono state stratificate per regione di appartenenza e per zona geopolitica. La selezione è avvenuta in modo tale che la probabilità di inclusione delle province, in totale 44, fosse proporzionale alla dimensione di ciascuno strato. Al secondo stadio il campione è stato suddiviso sulla base delle variabili relative al genere e all'età. I dati sono stati trattati ed elaborati in forma rigorosamente anonima.
[Febbraio 2002 - on-line: marzo 2002]
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