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ovvero: il blog di Vittorio Bertolini (pagina personale dell'autore)

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Tre regole per salvarsi dalle bufale scientifiche.
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Nell'item del 2 maggio Come misurare la scienza? si era visto quali fossero i criteri che potessero aiutare a distinguere la scienza innovativa dalla pratica di routine. Su Nòva del 14 settembre, Roberto Vacca nell'articolo La scienza delle bufale cerca di individuare e suggerire alcuni utili a non cadere nella trappola delle "bufale", di quegli annunci, cioè, che promettono soluzioni miracolose per problemi antichi e complessi. A differenza del citato item precedente che avanzava criteri oggettivi (il numero di citazioni), la metodologia proposta da Vacca è di carattere empirico: «la prova del pudding è nel mangiarlo». In sintesi: 1) E' insensato controllare una pretesa invenzione della quale non vengono forniti dati e prototipi. Il riferimento è a una ditta informatica irlandese Steor che: «su un grande settimanale economico (spendendo, pare, 120.000 euro) ha sfidato gli scienziati a valutare la loro tecnologia per produrre energia dal nulla mediante interazioni tra campi magnetici. McCarthy, fondatore di Steor, sperimentava aeromotori e ne trasformava l'energia meccanica con artifici magnetici producendo, poi, più energia di quella fornita dal rotore del mulino». la conclusione di Vacca è: «Volersi scegliere i propri giudici già scredita il giudicando, ma ci sono motivi più forti per non accettare quell'ingenuo invito. È insensato andare a controllare una pretesa invenzione, della quale non vengano forniti dati numerici, descrizioni accurate e un prototipo. Poi c'è una questione di pedigree. È ragionevole applicarsi a considerare invenzioni, scoperte, teoremi nuovi solo se chi li propone ha già avuto successi precedenti nello stesso settore. Nel caso particolare, la Steor vanta successi nella produzione di procedure informatiche per individuare carte di credito false, non nella generazione di energia.» 2)Se la fusione fredda sia sfruttabile su grande scala non si può decidere con il buon senso. «Un criterio di giudizio esterno e indiziario si applica al modus operandi dei presunti inventori. È più credibile chi presenta i propri risultati a riviste scientifiche note che affidano ad arbitri anonimi (reftree) il giudizio sui lavori presentati. È meno credibile chi comincia con un'inserzione su di una rivista non scientifica o con una conferenza stampa. Quest'ultima scelta fu fatta da Pons e Fleischmann quando annunciarono la fusione fredda. Il processo destò grandi speranze, ma ancora non ha avuto successo sperimentale.» Ma un momentaneo insuccesso non chiude il discorso. «Edison dovette fare migliaia di esperimenti prima di realizzare una lampada a incandescenza che funzionasse almeno per qualche ora». 3) Per accettare come valida una ricerca non basta che il ricercatore insegni in un'ottima università. «Nel 1904 H.Blondlot dell'Università di Nancy pubblicò con Gauthier Villars le sue memorie presentate all'Académie des Sciences, sui raggi N: emessi dal sole, da tubi di Crookes e dalla materia vivente (come i muscoli contratti), capaci di attraversare molti materiali e di ravvivare scintille e sostanze fosforescenti. Furono presentate centinaia di lavori sui raggi N. Poi fu dimostrato che non esistevano affatto». Su Roberto Vacca vedi su questo sito in Rassegna Stampa del 21 febbraio 2006 Ray Kurzweil: tecnosviluppo esponenziale
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sabato, settembre 23, 2006  |
Un comitato etico per le nanobiotecnogie. Fra tecnocrazia e partecipazione.
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Le nanotecnologie rappresentano una delle frontiere più interessanti della tecnoscienza. Però, come c'insegna la storia delle esplorazioni, ogni nuova frontiera insieme alle possibilità ci offre anche rischi, veri o presunti. Nell'articolo L'Europa punta sulle nanotecnologie, ma non trascura il controllo etico apparso a firma di Alessia Nencioni su il Riformista del 6 settembre, si spiega come il progetto comunitario Nano2life che si propone di: «Creare sinergie tra esponenti del mondo scientifico per contribuire allo sviluppo delle nanobiotecnologie in Europa. E' questo l'obiettivo principale di Nano2Life, la prima Rete di eccellenza europea nata grazie al sostegno della Commissione nell'ambito del Sesto programma quadro. Istituita nel 2004 con un finanziamento di oltre 13 miliardi di euro, Nano2Life conta al suo interno 23 protagonisti europei del settore nano e biotecnologico e 31 membri associati provenienti anche da Paesi extra-europei quali America settentrionale, Australia, Corea del sud e Giappone, con un numero complessivo di circa 700 scienziati». Ad evitare che anche per le nanobiotecnologie emergano i problemi posti dagli OGM, si è ritenuto fondamentale informare il pubblico sui rischi e i benefici delle nuove tecnologie. Per questo motivo: «Nano2Life ha istituito, al suo interno, un Comitato Etico composto da esperti provenienti da diversi settori - biotecnologico, chimico, umanistico, antropologico, sociologico, legale, religioso, - che ha l'obiettivo principale di stabilire un dialogo con gli scienziati e di informarli sulle possibili implicazioni etiche e sociali legate al lavoro che svolgono e su quelle che potrebbero nascere in futuro. Nano2Life è l'unica rete ad avere questo tipo di comitato etico che tiene sotto controllo le applicazioni sconosciute e cerca di monitorare, fin dalle prime fasi di sviluppo, i progetti che coinvolgono direttamente pazienti o implicano l'impiego di materiale umano come tessuti, cellule o Dna. Il Comitato, tra l'altro, ha ottenuto anche il riconoscimento da parte del Gruppo europeo sull'etica nella scienza e nelle nuove tecnologie, formato da esperti nominati dalla Commissione Europea». Tutto bene dunque. E' lecito però porsi un dubbio: fino a che punto è utile ed etico, sottoporre l'operato di esperti al giudizio di altri esperti. I dubbi sulle conseguenze della tecnologia non possono essere risolti con la tecnocrazia, ma cercando, come si propone questo sito, di far crescere la responsabilità e la partecipazione informata dei cittadini.
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venerdì, settembre 15, 2006  |
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