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Ibridazione uomo-tecnologia
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Il tema dell'ibridazione uomo-tecnologia, è stato trattato più di una volta su questo sito. Citiamo nella sezione Argomenti Il simbionte di G.O.Longo; Il postumanesimo di Roberto Marchesini in una recensione di Claudio Tugnoli; La questione della responsabilità secondo Joy e secondo Kurzweil; per finire a diversi item di questa rassegna stampa: I Verichhips; Videogiochi e il nuovo simbionte "uomo-console". Tornare, perciò, sull'argomento potrebbe apparire ridondante. Tuttavia, l'articolo di Matteo Sacchi apparso su Il Giornale del 6 maggio scorso Aiuto, la tecnologia invade il corpo umano, scritto in occasione del convegno "Le invasioni tecnologiche" tenutosi a Pisa dal 19 al 21 maggio, mi è parso interessante oltre che sul piano strettamente, per la sottolineatura del fatto che la tecnica stia modificando la nostra evoluzione culturale. «Prima ancora che i nostri geni, e i nostri corpi, a essere modificata è la percezione della realtà. Sino ad alcuni decenni fa esistevano sistemi di simboli condivisi. Ora al loro posto c'è un immaginario fluido, che cambia senza che l'individuo abbia il tempo di controllarlo.» Per il professor Paolo Fabbri si crea una situazione caratterizzata da "policronia della comunicazione": «"Ci sono due tipi di comunicazione: quella che informa e basta e quella che trasmette il sapere. La prima cerca di fornire il massimo di informazione hei tempi più brevi, senza curarsi di quello che viene recepito, la seconda cerca di trasmettere conoscenze stabili, di fare imparare. La seconda necessita di tempi lenti...". Così, nonostante l00mila articoli scientifico-tecnologici pubblicati ogni anno e miliardi di notizie, il modo umano di apprendere resta quello tradizionale; non supera la velocità di lettura. Per far convivere i due livelli l'unico sistema è quello del filtro, della scelta ponderata e senza fretta. E' forse è proprio nella nostra capacità di lentezza, nella volontà di chi riflette ai convegni, oppure più banalmente sul tram, che bisogna confidare. Simbionti o meno possiamo sempre decidere di non andare più veloci della nostra capacità di comprensione. Leggere e rileggere è, da sempre, una bella muraglia cinese contro ogni tipo di invasione.»
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giovedì, maggio 25, 2006  |
Leonardo a Firenze
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Confrontarsi con l'innovazione non significa solo rapportarsi alle ultime novità che la scienza produce ma, pure, misurarsi con la storia. In quanto attraverso la lettura del passato si riesce a cogliere come l'innovazione si è sviluppata, come il clima socio-culturale e politico-economico abbia influito sul successo delle idee innovative e come, ancora oggi, siamo ancora debitori verso le intuizioni del passato. Non può, perciò, che essere salutata con soddisfazione, in un tempo in cui la figura di Leonardo da Vinci a un improbabile priorato di Sion, l'apertura a Firenze della mostra « La mente di Leonardo», alla Galleria degli Uffizi a Firenze (fino 7 gennaio 2007). La mostra ci propone di entrare, come leggiamo nel cataogo Giunti: «Nel laboratorio del Genio universale» mostrandoci un Leonardo "tutto intero", non diviso per ambiti specifici di attività: l'arte, l'anatomia, la tecnologia, gli studi d'acqua, i giochi, gli strumenti musicali, il volo, la pittura.e conduce il visitatore a esplorare il modo stesso di pensare di Leonardo e la sua concezione unitaria della conoscenza» Le pagine culturali de Il Sole 24 ore del 30 aprile hanno dedicato all'evento di Firenze alcuni articoli. Ne abbiamo stralciati tre, che ci sembrano mettano in luce del come Leonardo si sia addentrato su percorsi innovativi, non sempre con esito fortunato nel caso di realizzazioni concrete, ma ancora validi sul piano della riflessione teorica. Il primo articolo, di Andrea Bernardoni Come innovazione eravamo a cavallo riguarda il progetto leonardesco per realizzare una gigantesca statua equestre di Lodovivo Il Moro. Come scrive l'autore dell'articolo: «negli appunti e nei disegni che ci sono pervenuti possiamo osservare la complessità del processo di fusione ideato da Leonardo nel quale occorreva coniugare in maniera bilanciata problemi di carattere estetico, considerazioni statiche, capacità organizzativa e, in primo luogo, una forte carica di innovazione tecnica.» Il secondo articolo, del cognitivista Roberto Casati Intelligenza universale con tanta pratica è sulla teoria della visione e lo sfumato. Per Casati, Leonardo di fronte alla realtà fenomenica: «mancandogli un corpus organizzato di conoscenze e gli strumenti matematici necessari a interpretarla, considera che la scienza suprema sia la pittura, ovvero la resa dell'apparenza sensibile in base a principi razionali.» In conseguenza scoprì fenomeni sulle "ombre colorate" e sulle loro proiezioni ancora di grande interesse per gli psicologi cognitivi. Nel terzo articolo di Umberto Bottazzini Ogni conoscenza passa per i numeri) attraverso numerose citazioni leonardesche si mostra come Leonardo anticipò l'dwea galileiana del mondo scritto in caratteri matematici: «Alla figura e all'opera di Leonardo si può datare l'inizio del rinascimento scientifico. Non tanto per il continuo ricorso all' esperienza, per l'idea tante volte ripetuta nei suoi scritti che "ogni nostra cognizione principia dai sensi", quanto piuttosto per la convinzione che l'esperienza va corroborata dalla matematica. "Nessuna umana investigazione si può dimandare vera scienza s'essa non passa per le matematiche dimostrazioni e nessuna certezza è dove non si può applicare una delle scienze matematiche". È una frase di Leonardo, ma sembra di leggere Galileo.» . La mostra offre anche una ricostruzione del leone meccanico e una sezione dedicata ai "moti mentali", interpretati da un attore, una rassegna dei film che contengono citazioni del Cenacolo dei grandi registi del '900 (Bunel, Eisenstein, Pasolini) e traduzioni in sculture fisiognomiche degli studi in disegno di Leonardo sui moti mentali di singoli apostoli. Ciò comporta l'impiego integrato di una notevole varietà di mezzi di comunicazione (multimedialità, filmati, modelli funzionanti, sculture, plastici). In mostra si trovano anche importanti opere originali, come il San Girolamo, l'autoritratto di Torino e il Foglio di Weimar, per la prima volta esposto in Italia.
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mercoledì, maggio 24, 2006  |
Come misurare la Scienza?
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 "Scienza innovativa" è un'affermazione che in molti casi può risultare una tautologia. Come si fa però a distinguere la "scienza innovativa" dalla ricerca di routine? Non si tratta solo di leggere nella storia della scienza. Secondo il proverbio che il tempo è galantuomo, oggi riusciamo a distinguere fra le ricerche, indubbiamente importanti, di Ticho Brahe e il lavoro di Copernico, ma il problema consiste nello stabilire quali sono le ricerche da portare avanti, con finanziamenti ed altro, e quali no. In due articoli apparsi su Nòva (l'inserto del Sole 24 Ore dedicato a scienza, tecnologia, innovazione) del 6 Marzo, Guido Romeo affronta il problema della misurazione della ricerca. Nel primo articolo " Genio e misuratezza", egli mostra come alcune delle ricerche più significative del secolo scorso non siano state subito riconosciute come tali. La teoria delle stringhe ideata da Gabriele Veneziano alla fine degli anni Sessanta... «sembrava un'eresia, ma per molti oggi è la base di una seconda rivoluzione copernicana in grado di disegnare un nuovo modello del Cosmo». Ma anche l'intuizione di Craig Venter che ha ideato un metodo più efficace per il sequenziamento del Dna non ha avuto all'inizio vita facile: «James Watson, Nobel per la scoperta della doppia elica nel 1954, liquidò il progetto come "degno di un branco di scimmie"». Lo stesso Einstein, ricorda Romeo, ... «nel 1921 ricevette il Nobel non per la teoria della relatività che ha cambiato la fisica moderna, ma per i suoi lavori sull'effetto fotoelettrico». L'altro articolo " Viaggio al centro della scienza" si apre con l'affermazione: «La scienza vuole misurare tutto l'Universo, ma non ama misurare se stessa.» Affermazione chiarita nel sottotitolo "Esiste un criterio per giudicare la ricerca? Gli studiosi lo stanno ancora cercando". D'altra parte, giudicare la ricerca è questione cruciale: «conoscere la qualità della ricerca scientifica è un dato importantissimo a moltissimi livelli. Dall'assegnazione di finanziamenti, cattedre e borse di studio all'interno di un singolo ateneo, alle decisioni politiche e strategiche dei governi, ma non è raro imbattersi in graduatorie che usano i sistemi più diversi.» Il metodo proposto da Eugene Garfield, fondatore dell'Isi, l'Istituto per l'informazione scientifica (oggi Thomson Scientific), che da oltre 45 anni registra l'impatto delle pubblicazioni dei ricercatori di tutto il mondo è basato sull'analisi del numero di citazioni: «ogni articolo pubblicato nelle riviste scientifiche internazionali termina con una serie di riferimenti bibliografici. Analogamente a come avviene per Google, il noto motore di ricerca online, chi è nominato più spesso finisce in cima alla lista e una lunga lista di citazioni è spesso meglio di una montagna di pubblicazioni.» Un metodo, però, che non trova un consenso generalizzato. Il Nobel per la medicina Sydney Brenner considera le citazioni molto conservatrici, utili più che altro alla sociologia. Possibilista, con riserva, Jacopo Meldolesi, direttore del dipartimento di neuroscienze dell'Istituto San Raffaele di Milano e presidente della Federazione italiana delle scienze della vita: «l'analisi delle citazioni rimane comunque uno strumento importantissimo e dovrebbe essere utilizzato più spesso, soprattutto in Italia. Ma con le dovute cautele. Per valutare un giovane ricercatore, ad esempio, va considerata l'originalità del suo lavoro, che può non essere ancora molto citato». Parallelamente alla necessità di valutare le ricerca "buona", sorge il quesito di come smascherare le "bufale". L'articolo, a firma la.ri, " Come smascherare le bufale e farle fruttare" illustra le strategie che si possono adottare nei confronti di quelle persone... «che dichiarano di avere elaborato la dimostrazione di un grande problema irrisolto, o una teoria straordinariamente nuova, in grado di far vacillare le precedenti, o di spiegare fenomeni ancora misteriosi, un'idea così nuova e destabilizzante che nessuno l'accetta». Accanto alla strategia del prof. Massimo Ferri, dell'Università di Bologna (vedi Matematici dilettanti), l'articolo riporta quella di John Baez, che invece è un fisico matematico dell'Università della California, noto... «per aver sviluppato il Crackpot Index (http://math.ucr.edu/home/baez/crackpot.html), che può essere tradotto come "indice delle assurdità". Trattasi di un semplice metodo di valutazione per classificare i potenziali contributi rivoluzionari della fisica. Eccone un breve estratto: si parte con cinque punti di cortesia, bisogna aggiungere due punti per ogni considerazione chiaramente vacua e tre per quelle logicamente inconsistenti. Cinque se vengono utilizzati esperimenti complessi che contraddicono i risultati di esperimenti oramai largamente accettati. Altri cinque punti per ogni citazione di Einstein, Hawkins e Feynmann e per ogni parola scritta maiuscola. Dieci punti per ogni nuovo termine che viene inventato, senza che sia data un'adeguata definizione, altrettanti se si inizia la descrizione della teoria spiegando per quanto tempo ci si è lavorato sopra, e per chi dice che una teoria ben accettata è dopotutto "solo una teoria", come se questo fosse un punto a suo sfavore. O, ancora, per chi dice che la teoria corrente che si vuole scardinare è in grado di predire correttamente i fenomeni, ma non spiega perché questi accadano, o quale sia il loro meccanismo. Dieci punti se si dice che il proprio lavoro è l'inizio di un nuovo paradigma, e dieci punti se ci si paragona a Einstein. Venti se ci si paragona a Newton o se si pensa di meritare il Nobel. Trenta se si sostiene che Einstein alla fine della sua carriera stava proprio giungendo a conclusioni simili. Galileo, e il riferimento a una sorta di inquisizione contemporanea vale 40 punti. Cinquanta, infine, per chi assicura di avere una teoria rivoluzionaria, ma non dà alcuna concreta previsione che è possibile sperimentare.» Come si può constatare, i metodi per misurare la scienza, sia in senso positivo che in senso negativo, sono essenzialmente empirici e più che altro basati sulla credibilità dell'autore. Se da un lato ciò va a salvaguardia della scienza "normale", alla Kuhn, dall'altro rischia di vanificare gli sforzi verso l'innovazione, ed in un certo senso a deresponsabilizzare la verifica dei progetti.
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martedì, maggio 02, 2006  |
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