Rassegna stampa del sito della Fondazione Bassetti  

ovvero: il blog di Vittorio Bertolini (pagina personale dell'autore)

Scrivi a le tue osservazioni o le tue segnalazioni: saranno riportate in questa rassegna.

ARCHIVI MENSILI

Il feed RSS di questo blog: Click here to see the XML version of this web page

 Un futuro da topi?

Permalink (da utilizzare per segnalare questo post)

Nel precedente item "Chimere e 'Post human'. Buone intenzioni per le vie dell'inferno?" sono state prese in considerazione alcune ricerche, in atto negli Usa, in cui cellule umane venivano inserite nel corpo di animali. Lo stesso argomento è stato ripreso da Massimo Gaggi, corrispondente del Corriere della Sera a New York, che nell'articolo "Topo con cervello umano, la nuova chimera" si sofferma sull'esperimento su cui lavora lo scienziato californiano Irving Weissman e che consiste nel trapiantare cellule staminali umane nel cervello di un topo.
Ovviamente lo scopo è quello di individuare cure per malattie cerebrali degenerative come l'Alzheimer o il Parkinson.
Ma, al di là delle intenzioni, la possibilità, anche se remota, di produrre animali con caratteristiche, per di più cerebrali, umane non può non destare preoccupazioni.
Così, Jeremy Rifkin dopo aver tentato, senza successo, di brevettare il processo di integrazione tra cellule umane e animali con l'obiettivo di vietare per vent'anni la produzione di chimere da parte di qualunque soggetto che operi sotto il tetto della legislazione americana, afferma:
«"Gli scienziati continuano a spiegarci che così cercano di curare molte malattie. E' ora di dirgli che nessuno ha consegnato loro un assegno in bianco"».
Anche se il comitato etico di Stanford, l'università in cui opera Weissman, ha messo alcuni paletti, fra cui quello che le cellule umane impiantate non superino l'l% e l'Accademia nazionale delle scienze ha imposto che...
«l'impianto di cellule umane nel cervello di un topo venga interrotto dopo un certo periodo: l'animale verrà ucciso e la materia cerebrale sezionata per vedere come si sta sviluppando. Se il cervello va assumendo sembianze umane, se si crea una corteccia cerebrale, gli esperimenti dovranno essere definitivamente abbandonati»
... le preoccupazioni non sono state fugate. Tanto più se si pensa che gli unici vincoli alla sperimentazione sono quelli dati dai comitati etici locali, che per i più disparati motivi possono assumere comportamenti differenziati.
«Così Cynthia Cohen, esperto di bioetica e membro della commissione del governo canadese che ha deciso di vietare la produzione di chimere, cerca di spingere nella stessa direzione anche la Georgetown University di Washington, l'ateneo americano nel quale insegna. Per la Cohen "mescolando gameti dell'uomo e di animali si riduce la dignità umana"».
La posizione della Cohen, per un certo aspetto, rimanda alla responsabilità della politica, che non si esaurisce certamente solo nell'imposizione di limiti, nei confronti della ricerca scientifica.
Di fronte ad esperimenti come quello di Williams, che non è l'unico nel suo genere, vale la pena citare il fisico Freeman Dyson che scrive sulla rivista Technology Review:
«Stiamo andando verso un mondo nel quale le specie non esisteranno più. L'ingegneria genetica ci darà un'esplosione di biodiversità. Disegnare il genoma potrà diventare perfino una nuova forma di arte, una sorta di pittura creativa».


lunedì, maggio 23, 2005  

 Il Festival della creatività [16/5/05]

Permalink (da utilizzare per segnalare questo post)

16 maggio 2005 : VAI all'aggiornamento

Nella rubrica delle Segnalazioni in questo sito viene presentato il Festival della creatività e dell'innovazione, che si terrà dal 18 al 22 maggio 2005 preso la Fortezza da Basso di Firenze.
Riservandoci di ritornare, a manifestazione conclusa, sui contenuti del Festival, vengono di seguito riportati alcuni stralci dell'articolo "La miniera della creatività", apparso a firma Alessia Maccaferri su Il Sole 24 Ore del 12 maggio.
«L'Italia crea un bene che non ha prezzo. [...] Perché non è in vendita. Si chiama creatività e nasce da un incontro fortunato di intuizione e fiducia. Solo in quel momento il Paese si innova e cresce. "Per anni il made in ltaly ha attinto da un ricco" giacimento di gusto": dalla nostra storia, dal nostro Dna abbiamo colto quali sono le cose che piacciono al mondo. [...] L'economista Giangiacomo Nardozzi è chiamato a portare una proposta concreta per il Paese, davanti alla platea di "Nuovo e utile". Compito non facile su un terreno che non può
essere misurato con la statistica, ma che da qualche anno - complice il libro dell' americano Richard Florida, "L'ascesa della nuova classe creativa" - è entrato nel lessico e negli studi degli economisti. "Io credo che sia necessario fare due cose - propone Nardozzi - Portare nuove risorse a questo "giacimento di gusto": investendo sulla formazione, sul personale e accompagnando, laddove possibile, le imprese in una riconversione di competenze.»
Tra le tante iniziative del Festival Value Partners presenterà
«cinque best practice: aziende italiane che hanno saputo
strutturare al loro interno il processo creativo e hanno fatto dell'innovazione lo strumento principe della loro capacità compctitiva.
Di altrettanto interesse, in un'ottica che vede la creatività non ristretta all'ambito aziendale, ma come commistione di generi dove arte, scienza, marketing, spettacolo, economia, sport interagiscono, saranno:
«i 29 racconti di persone di talento che saranno intervistati durante "Nuovo e utile": dal regista Pupi Avati allo scienziato Massimo Inguscio, dall'attore Moni Ovadia all'atleta Jury Chechi.»

Aggiornamento del 16 maggio 2005
A postilla di quanto detto sopra, credo valga la pena ricordare la recensione di Pier Luigi Sacco a un saggio di Paolo Legrenzi, pubblicata su il Sole del 15 maggio con il titolo "Un duro lavoro chiamato creatività".
Per Legrenzi la creatività più che il risultato di una intuizione individuale è il risultato di una collaborazione collettiva, e questo mi sembra al fondo delle intenzioni di chi ha progettato il Festival.
«Da un campionamento casuale, sembra prevalere l'idea che essere creativi significhi essere visitati da una specie di Daimon che romanticamente sussurra all'orecchio della nostra mente frasi ispirate e idee sconvolgenti. [...]Perché possa esserci un confronto di intelligenze su un problema, occorre avere a che fare con un contesto sociale in cui sono in molti a pensare: occorre cioè una società orientata alla produzione di conoscenza, e non una società che deleghi a pochi "creativi" il compito di far funzionare la testa.»


domenica, maggio 15, 2005  
Fondazione Bassetti -- Informazioni e contatti Questa Rassegna stampa appartiene al sito della Fondazione Giannino Bassetti: <www.fondazionebassetti.org>

  Powered by Blogger Pro™