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Robot come uomini o uomini come robot?
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Robot come uomini o uomini come robot? Scopo della robotica e, più a monte, dell'Intelligenza Artificiale è di costruire artefatti che, in tutto o in parte, si comportino come esseri umani o di realizzare processi capaci di rendere più efficace l'azione dell'uomo? A questa domanda cerca di dare una risposta il libro " Cyborgsofia. Introduzione alla filosofia del computer" (Il Pozzo di Giacobbe, pagg. 113, euro 11,00) di Alberto Giovanni Biuso, di cui il quotidiano Il Mattino ha pubblicato una breve recensione, a firma Eugenio Mazzarella, il 9 luglio dal titolo " Un'analisi di Biuso sulle prospettive dell'intelligenza artificiale. Orizzonte cyborg, via dalla finitezza nel segno della contaminazione". L'ottica di Biuso sembra indirizzarsi verso il polo uomini come robot e verso il concetto di ibridizzazione, cioè, " della specie umana [che si amalgama] con gli artefatti da essa prodotti". Infatti, come scrive Mazzarella, da un'intelligenza artificiale non può evolvere una coscienza umana, perché ad essa manca il contesto emozionale e il suo medio, il corpo, che integra calcolo e vita e «fa» una coscienza. Nel sito della Fondazione Bassetti si veda l'intervento di Fiorella Operto " Robot: il corpo e l'anima", nel quale la storia dell'Intelligenza Artificiale viene vista nel contesto di un'interazione fra diverse discipline; inoltre nel " Dialogo on line tra Fiorella Operto, Gian Maria Borrello e Tommaso Correale Santacroce" viene discussa la interrelazione fra estetica e robotica. Il tema dell'ibridizzazione viene analizzato nel blog "Segnalazioni della FGB" col post intitolato " Roberto Marchesini, 'Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza'" e nelle pagine che appartengono all'argomento intitolato " Post Human".
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mercoledì, luglio 21, 2004 |
Nanotecnologie: la rivoluzione industriale prossima ventura
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Su Il Riformista del 5 giugno è stata pubblicata la corrispondenza da San Francisco di Enrico Beltramini " Nanotech, il dio delle piccole cose." L'articolo di Beltramini, in particolare, sviluppa tre tematiche delle nanotecnologie. Nella prima parte si cerca di chiarire che cosa siano le nanotecnologie. Credo sia capitato a tutti di scorrere delle vignette dove qualcuno è impegnato a ricavare uno stuzzicadenti da un tronco d'albero. Scrive Beltramini: «Da sempre si è partiti da «cose grandi» (legno, pietre, minerali) per ottenere o ricavare cose piccole (i prodotti voluti). La nanotecnologia invece parte da «cose piccole» (atomi e molecole), per combinarle insieme e ottenere cose più grandi. Per fare uno stuzzicadenti non usiamo più un tronco d'albero ma partiamo da elementi più piccoli. Partire da "cose piccole" significa la precisione assoluta (fino al singolo atomo), un totale controllo dei processi, nessun rifiuto e minore e uso di energia». L'ultima proposizione è da sottolineare. Da essa infatti si evince come le nanotecnologie, in prospettiva, possono risolvere alcuni dei lati negativi (eccesso di rifiuti, consumo di energia) indotti dall'industralizzazione. Nella seconda parte dell'articolo Beltramini descrive l'impegno economico finanziario che vari Paesi, dagli Sati Uniti al Giappone, dalla Cina alla Comunità Europea dedicano alla " rivoluzione industriale prossima ventura" (espressione ripresa dal sottotitolo dell'articolo). «Le nanotecnologie sono diventate cool in California (dove c'è una impressionante concentrazione di imprese del settore) a partire dal 4 dicembre scorso, da quando cioè il governo federale ha erogato 3,7 miliardi di dollari in quattro anni (a partire dal 2005) per la ricerca e sviluppo (R&S) di tutto ciò che è trattamento dell'infinitamente piccolo. [...] Il Giappone è il secondo investitore in R&S in nanotecnologie, con circa 800 milioni di dollari, poi ci sono l'Europa e la Cina con quasi 300». Come si vede il divario è notevole. Nella terza parte dell'articolo vengono descritte alcune applicazioni delle nanotecnologie nella diagnosi dei tumori e delle malattie cardiovascolari. In particolare, gli esempi addotti riguardano la realizzazione dei mezzi di contrasto che diano risultati migliori nella MRI (Magnetic Risonance Imaging). «Si tratta di metalli pesanti (quali iodio, inizialmente, o gadoligno, più di recente e specificamente in MRI) che vengono inglobati in «carrier» (trasportatori), attraverso un processo di chelazione (da «chele») il quale consente di ridurrre/annullare la tossicità del metallo stesso, in quanto non si disperde e di rendere il legame con il metallo idrosolubile. In questo modo il metallo mantiene le sue proprietà dì contrasto ma, grazie al chelato che consente di trattarlo come un derivato dell'acqua, diventa una sostanza iniettabile e non nociva al corpo umano.» Riguardo alle nanotecnologie, si veda sul sito della Fondazione Bassetti:
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martedì, luglio 20, 2004 |
Domande alla Robotica
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In una precedente rassegna stampa, " Un'etica per i robot", relativa ad un convegno promosso dal Robotlab del Cnr di Genova, è stato introdotto l'argomento della roboetica. Nicla Vassallo su Il Sole 24 Ore del 1 maggio, nell'articolo " Arrivano i robot. Studiamo la loro etica" constata che: «I Robot non solo fanno ormai parte della nostra vita, ma ne faranno sempre più parte: nei giochi e nelle incombenze domestiche così come nelle sale operatorie, nelle missioni spaziali, o nei conflitti militari». Questa pervasività della robotica nella nostra vita quotidiana se da un lato comporta lo sviluppo di un tipo di ricerca, caratterizzato da nuove forme di interdisciplinarietà, dove le discipline scientifiche devono interagire con quelle umanistiche, dall'altro pone alcuni problemi di carattere etico e filosofico. Come scrive Nicla Vassallo: «E' eticamente rilevante, o irrilevante, se i neuroni sono biologici o di silicio? Quale valutazione filosofica si guadagneranno i robot basati su commutatori molecolari? Robot intelligenti possono essere creati solo nel caso offrano benefici e non danneggino gli esseri umani, oppure questo significherebbe limitare ingiustamente l'intelligenza, il libero arbitrio e la conoscenza che i robot potrebbero avere? Se arrivassimo ad attribuire una mente ai robot, dovremmo riconoscere loro lo statuto di portatori della legge morale e, quindi, lo statuto ontologico di persone? In quanto creatori di robot, noi esseri umani dobbiamo assumerci la responsabilità epistemica e morale delle loro eventuali credenze e azioni?» Domande, come si vede, che, singolarmente prese, fanno ormai parte dell'agenda di ogni riflessione sull'introduzione delle nuove tecnologie sia di carattere biologico che informatico. Ma che ora, nel caso della robotica, vanno considerate complessivamente. Peccato che l'articolo della Vassallo, nella sua brevità, si limiti a una pura e semplice elencazione di eventi e non indichi, anche solo per sommi capi, una traccia di risposta per le domande poste. Nel sito della Fondazione Bassetti, l'argomento della Robotica è stato trattato di recente: si vedano nella sezione Argomenti il post di G.M. Borrello " 20 passi per un dialogo", e l'articolo di F. Operto " Robot: il corpo e l'anima". Si veda, inoltre, nel blog Kata gene, l'intervento: " Maybe,the ultimate robot!". Più in generale, nel sito della Fondazione Bassetti il tema della robotica, cibernetica e bionica è stato trattato come articolazione del cosiddetto " Post Human" e con un approccio che ha per riferimento costante l'ampia questione del rapporto tra l'essere umano e la tecnica (su cui, in particolare, si vedano il Seminario in forma di Forum on line tenuto per la FGB dal Prof. Giuseppe O. Longo, docente di Teoria dell'informazione all'Università di Trieste, nel Febbraio 2003, nonché gli ampi stralci tratti dal saggio "Il 'senso' del possibile e l'orizzonte del limite nella civiltà tecnologica" di Adriano Pessina, docente di bioetica all'Università Cattolica di Milano: due approcci diversi alle questioni del "Post Umano").
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lunedì, luglio 19, 2004 |
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