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Tre voci sugli Ogm
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Su L'Opinione del 9 aprile, a firma Elisa Borghi, è apparso l'articolo " Ogm. Voci a confronto". Si tratta di un'intervista a Leonardo Santi, presidente del Comitato per la biosicurezza e la bioetica della presidenza del Consiglio dei ministri; Lorenzo Melioli, presidente dell'Associazione italiana giovani agricoltori (Anga) ed Edoardo Ferri, portavoce di Jean-Michel Duhamel, presidente della Monsanto Italia. Tre voci che rappresentano settori diversi, da quello della ricerca a quello dell'imprenditoria, comunque molto coinvolti alle tematiche delle biotecnologie. Il filo conduttore alle tre interviste, come scrive la Borghi in premessa, è: «Ignoranza, e pregiudizio. I motivi che impediscono lo sviluppo della ricerca e la semina degli organismi geneticamente modificati (ogm) in Italia sono presto detti: l'ignoranza di chi pensa che un pomodoro transgenico sia tale perché contiene geni, al contrario del pomodoro "normale" che ne sarebbe invece privo, e il pregiudizio di certe parti politiche, che si oppongono alle applicazioni vegetali della biotecnologia perché "non è un tema popolare" [...] Ma gli ogm sono veramente cibo di Frankestein, monopolio delle multinazionali, applicazione della scienza oltre i confini dell'eticamente lecito? E quali eventuali minacce e vantaggi offrono all'ambiente e all'uomo che lo abita?» Leonardo Santi si sofferma in modo particolare sulla " corretta informazione" e sulla biodiversità. Per quanto riguarda il primo aspetto afferma: «Le preoccupazioni relative agli ogm dipendono da tre fattori che derivano dalla scarsa informazione sulla biotecnologia: in primis, si teme che gli ogm possano danneggiare la salute dell'uomo e degli animali; poi ci si preoccupa di un'eventuale contaminazione ambientale; e infine si guarda con sospetto al possibile impatto economico che gli ogm potrebbero avere sui prodotti nazionali. Ma questi effetti non sono dimostrati. Gli ogm vengono utilizzati, da anni, da milioni di americani e non si è mai riscontrato alcun danno». Alle preoccupazioni degli ambientalisti che sostengono che la semina di ogm riduca la biodiversità. Santi risponde: «Dipende da come vengono utilizzate le biotecnologie, che in molti casi sono utili proprio per tutelare e mantenere la biodiversità. Se si riesce a produrre un maggior numero di alimenti per ettaro, si riduce l'uso di terreno per scopi agricoli. E si possono preservare certi ambienti, come le foreste, oggi minacciate dalla deforestazione fatta per aumentare la superficie agricola. Aumentare la produttività del terreno è anche un modo per ridurre la desertificazione». Il portavoce del presidente della Monsanto, Edoardo Ferri, sottolinea il ruolo degli scienziati per quanto riguarda l'informazione: «Non mi piace dare colpe alla stampa. I giornalisti colgono i momenti di conflitto, e su questo tema sono chiaramente evidenti. Fare informazione scientifica è invece compito dell'industria e degli scienziati. Ma gli scienziati in Italia sono poco ascoltati. Tanto che esiste un'autorità scientifica, un'autorità sulla sicurezza alimentare europea che avrà sede a Parma, che ha già dato parere positivo su molti prodotti ogm in corso di approvazione, nei confronti dei quali l'Italia continua ad esprimere un "no" di natura ideologica. Nemmeno un'istituzione scientifica come l'Efsa, che detterà le linee sulla sicurezza alimentare in Europa, è ascoltata in Italia. A livello politico il parere degli scienziati è carta straccia». Altro punto sottolineato da Ferri è il rapporto fra politica e opinione pubblica. «La biotecnologia non è un tema popolare, e la politica tende a "dimenticarsi" di governare il problema perché non vuole entrare in conflitto con "l'opinione pubblica". Definizione peraltro inesatta nel caso degli ogm: non è l'opinione pubblica ad opporsi agli ogm, ma sono una minoranza di persone molto attive, ben organizzate, con contatti che funzionano. Anche le campagne pubblicitarie di alcune aziende della grande distribuzione demonizzano la tecnologia ogm, influenzando negativamente i consumatori». Interessanti sono le considerazioni del portavoce del presidente della Monsanto sul ruolo delle multinazionali nel mercato ogm: «Già oggi, e da molto prima dell'avvento degli ogm, il settore sementiero versa in una situazione oligopolistica dominata da grandi "player". Questo punto è di fondamentale importanza: nei settori merceologici di punta, i grandi player, che in qualche modo dominano il mercato, sono sempre stati presenti. In Italia, oltre il 90% delle sementi di mais e soia è importato e venduto da tre società sementiere principe: Monsanto, Pioneer e Syngenta. Se controlliamo l'aumento dei prezzi delle sementi negli ultimi anni, noteremo che è stato molto più contenuto di quello di altri beni. E' importante invece che le multinazionali abbiano dei codici di comportamento, anche per non assumere una posizione arrogante sul mercato. Noi abbiamo un codice di condotta che ci impegna eticamente nei confronti di certi valori». Il Presidente dell'associazione dei giovani agricoltori, Lorenzo Melioli, si dimostra aperto alle nuove tecnologie, e cerca di cogliere la positività delle coltivazioni ogm: «E' inutile fare "la caccia alle streghe" nei confronti di qualche cosa che ancora non è stato debitamente sperimentato. Degli ogm finora si è parlato in modo negativo, ma la sperimentazione di alcune piante, resistenti a determinate malattie, potrebbe essere importante sia per il consumatore sia per l'agricoltore, a cui consentirebbe di utilizzare meno fitofarmaci». In particolare Melioli sottolinea la possibilità di ottenere rese quantitativamente e qualitativamente migliori: «Il consumatore teme infatti le modifiche genetiche che vanno a incidere sulla quantità del prodotto, più che sulla qualità. Teme cioè la manipolazione finalizzata ad aumentare i profitti e i quantitativi e non a migliorare le caratteristiche organolettiche del prodotto. Il consumatore è per sua natura diffidente, ma sbaglia a demonizzare ciò che non conosce. Per questo l'Anga propone di sperimentare sul campo gli ogm, senza dire no a priori». Altra considerazione di Melioli è la differenza fra " sconvolgimenti naturali" e le modificazioni artificiali. «Nel mondo naturale avvengono sconvolgimenti naturali incontrollabili, contrariamente a questi, gli "sconvolgimenti" fra virgolette, che possono causare gli ogm sono controllati. Malattie come la graffiosi dell'olmo, che ha distrutto tutti gli olmi della pianura Padana, o la fillossera della vite, che ha annientato i vigneti emiliani fra la Prima e la Seconda guerra mondiale hanno sconvolto il mondo agricolo in modo assai più grave di quanto potrebbe fare l'introduzione controllata ed oculata degli ogm in alcune zone d'Italia».
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lunedì, aprile 19, 2004 |
Un'etica per i robot
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Nella pagina delle Segnalazioni è stato inserito l' annuncio di due convegni, promossi dalla Scuola di Robotica dell'Università di Genova, aventi per tema la " Roboetica", un neologismo coniato dal Prof. Gianmarco Veruggio, Fondatore del Robotlab del CNR a Genova. In precedenza, a fine gennaio, Gianmarco Veruggio, è stato animatore di un convegno analogo che ha riunito a San Remo, esperti da tutto il mondo, e in questa occasione è stato intervistato da Chiara Palmerini di Panorama. Si veda " Diamo una morale ai robot". I robot al centro del convegno di Sanremo e quelli, prossimi, di Genova, non sono gli umanoidi per cui Asimov nel 1942 postulava: «Un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani...». Si tratta di macchine, infatti, capaci (almeno allo stato attuale dell'arte) di compiere funzioni, nella maggior parte dei casi di tipo decisionale (la scelta del percorso più agevole o la ricerca di oggetti con particolari caratteristiche) che, anche se umane, rispondono, sempre e comunque, alla logica programmatoria imposta dal costruttore. Si legge, infatti, in un passo dell'intervista di Veruggio: «Quando si parla di intelligenza per i robot, sarebbe un successo dargliene quanta una formica. Eppure, non ci siamo arrivati». Pur con queste limitazioni, sono delle macchine un po' speciali, che possono, vista la loro autonomia nel prendere decisioni, presentare problemi di rischio non sempre riconducibili agli standard di fabbricazione. Scrive Veruggio: «Ci sono norme e legislazioni da rispettare per chi fabbrica un ascensore. Nessuno però si preoccupa di quali problemi esistano per una macchina che agisce in modo autonomo. Se mando un robot a compiere una missione e questo uccide un uomo, la colpa di chi è? Della macchina, di chi l'ha progettata, di chi l'ha costruita? Anche senza arrivare a parlare di intelligenza umana o di coscienza per i robot, il problema è molto più immediato di quanto si pensi». Esiste poi il possibile condizionamento dell'uomo nel suo rapporto con i prodotti della robotica. «Da un robot servizievole, intelligente, che sembra sapere tutto si può rimanere soggiogati psicologicamente. Del resto, si sono avuti casi di bambini che si sono suicidati quando è morto il loro Tamagochi». Un tema, quello del rapporto uomo-robot che merita più di una riflessione. Infatti come afferma Veruggio: «Vorrei evitare che noi robotici ci svegliassimo quando abbiamo combinato qualche disastro». Dal sito della Scuola di Robotica si può accedere a una Rassegna Stampa sull'attivita della stessa.
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mercoledì, aprile 14, 2004 |
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