Fragole con la testa di merluzzo?
( 21 Aprile 2004 )
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Nella sezione Argomenti, in Marzo, è stato dato un certo spazio al tema dell'informazione sugli Ogm. Se nella Rassegna Stampa del 19 aprile, nell'articolo "Tre voci sugli Ogm" si ritorna sull'argomento Ogm è perchè l'informazione sulle biotecnologie è paradigmatica del rapporto, non sempre lineare, fra comunicazione tecnico-scientifica e opinione pubblica.
Fra i vari fattori che alimentano la diffidenza del grande pubblico nei confronti dell'informazione vi è che essa, il più delle volte non è asettica (vedi, in questo sito, il Percorso "Il conflitto di interesse nella scienza"). Anche sulle più prestigiose riviste scientifiche. Per esempio, su il Riformista del 10 marzo è stato riportato un articolo di Anna Meldolesi dove si denuncia un infortunio della rivista Lancet, che nel 1998 ha pubblicato uno studio che poi si è rivelato non corretto dal punto di vista scientifico, ma, per sopramercato, è risultato che l'estensore dello studio ha ricevuto dubbie sovvenzioni a seguito della pubblicazione. Come sappiamo, questo non è certamente né il primo né l'ultimo caso. E se ciò avviene per riviste serie e di prestigio come Lancet, immaginiamoci quanto può capitare nella stampa quotidiana o in televisione, dove spesso, tolte le scarse rubriche scientifiche, l'informazione si risolve in spot di qualche secondo. Il problema perciò è, a mio parere, non esigere la correttezza dell'informazione, ma conoscere il "mulino" che macina l'informazione. Se, per esempio, un articolo sugli Ogm so che è di Assobiotec, o per converso dell'associazione delle aziende del biologico, posso leggere le loro affermazioni con un certo beneficio di inventario.
Purtroppo non è mai molto chiaro chi sia il "mugnaio". Per questo è importante favorire il pluralismo, accettando anche che l'informazione sia di parte, pur che sia chiara la parte. Con la precauzione però di distinguere l'informazione dalla disinformazione. Per esempio, qualche anno fa, una catena di supermercati distribuiva un opuscolo per spiegare l'ingegneria genetica e se è vero che il testo poteva essere considerato abbastanza corretto (nel limite di una divulgazione rivolta alle famiglie) vi era anche l'immagine di una fragola con la testa di merluzzo. Mi chiedo se nell'immaginario collettivo ha influito più l'immagine o il testo.
Sotto l'aspetto della chiarezza delle fonti l'articolo ripreso nella Rassegna Stampa mi è parso particolarmente significativo. Infatti, al di là del merito, che ciascuno può valutare secondo le proprie conoscenze e, perché no, anche secondo le proprie idiosincrasie culturali, è importante che sia chiaro quali siano gli interessi che stanno dietro alle voci che dialogano.
Volendo fare l'avvocato del diavolo, se il portavoce della Monsanto afferma che il prezzo delle sementi ha avuto un incremento inferiore ad altri prodotti, posso sempre chiedermi, e chiedere ad una fonte diversa, se un mercato meno oligopolistico avrebbe dato un risultato migliore.
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Informazione e OGM
( 19 Marzo 2004 )
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Dell'intervento di Pastore "Informazione e Ogm" vorrei sottolineare l'espressione "sono certo che il sistema agricolo italiano non deve farsi coinvolgere dagli OGM". Poichè dal contesto, se non ho capito male, si deduce che in tema di ogm, la "cattiva" informazione, o la non informazione sugli ogm è più altro in funzione "anti", viene da chiedersi che senso ha preoccuparsi di una corretta informazione sugli ogm, se, tutto sommato, anche la cattiva informazione porta acqua al nostro mulino. Poichè non credo Pastore persona sprovveduta, nè tanto meno in malafede, credo che ritenga che la buona informazione scientifica sia un bene che deve andare al di là delle nostre credenze o convenienze. In questo caso mi sarebbe parso più opportuno che la certezza lasciasse il posto a un qualche dubbio. Tanto più che la sua certezza riguarda l'ogm in Italia e non in assoluto.
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OGM e informazione
( 16 Marzo 2004 )
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Nella risposta che Gianni Pastore mi ha dato non capisco soprattutto una cosa: perché abbia tanto personalizzato (su di lui e su di me). Questo mi fa venire in mente quegli sketch in cui due interlocutori si fraintendono reciprocamente ("... ah ma io mica mi riferivo a...").
Comunque, siccome qui si tratta non tanto di "parlarsi addosso", quanto piuttosto di esporre ai lettori le proprie opinioni e le proprie esperienze, vorrei invitare Pastore a un dialogo-intervista, on line, con me e Vittorio Bertolini, che il pubblico possa seguire "in diretta". Penso che questo sarebbe un bel modo per raccontare e spiegare al pubblico, in modo più esauriente, la sua attività di ricerca e quella svolta dall'INRAN (l'Istituto Nazionale di Ricerca su Alimenti e Nutrizione, dove Pastore lavora). A me, personalmente, interesserebbe molto sapere qualcosa di più.
Se gradisce l'invito, possiamo cominciare anche subito.
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OGM e informazione
( 16 Marzo 2004 )
( scritto da
Gianni Pastore
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Scrive Borrello: «Bisognerebbe, dunque, fare dei "distinguo" fra tipologie di informazione (più che di mezzi), cioè fra tipi diversi di scopo dell'informazione (non sempre lo scopo di un mezzo d'informazione è quello di informare...)» [Ndr: si veda l'intervento del 12 marzo].
Ebbene si, probabilmente sono ancora uno dei pochi che pensano che lo scopo dei mezzi di informazione sia... di informare. Se così non è più, allora Borrello ha tristemente ragione nella prima parte della sua lettera.
Se poi ci si riferisce al fatto che i mezzi di informazione debbano "educare"... beh... ovviamente rispetto l'opinione, ma allora mi piacerebbe che non si parlasse poi di "democrazia partecipativa" di "consenso informato" o di cose simili: Informare il consumatore in modo che possa scegliere è un conto... educarlo a scegliere la Verità è un qualcosa che invece mi ricorda qualcosa di terribilmente poco piacevole nella storia dell'uomo...
Borrello evoca un impeto di umiltà da parte mia... Sono davvero perplesso, mi reputavo ragionevolmente umile... io non sono tra coloro che conoscono la Verità e che si sentono in dovere di "educare" il prossimo (ovviamente facendolo senza nessuna arroganza)... Io purtroppo la Verità non la conosco, e, caro sig. Borrello, è proprio per questo che vorrei fare ricerca...
E' proprio questo il punto del mio precedente commento. Non ho nessun dubbio che il consumatore abbia il diritto di rifiutare il consenso a qualunque innovazione (in modo informato, ma mi spingo molto oltre, anche modo non informato). Ma non si parla di questo, si parla di educare al rifiuto di permettere la ricerca... la cosa è diversa... terribilmente diversa! Ritengo pericolosissimo chi educa al rifiuto verso la ricerca...
Per quanto riguarda il "consenso informato": sono ancora una volta d'accordo con Borrello sul fatto che dovremmo avere un impeto di umiltà e non dovremmo pensare che chi non è d'accordo con noi sia necessariamente disinformato... ma... forse... allo stesso modo... potrei suggerire un secondo impeto di umiltà, e non pensare che, al contrario, chi è d'accordo con noi sia necessariamente bene informato...
Ma in questo caso la soluzione c'è!
Si provi (noi lo abbiamo fatto) a fare un paio di domande alle persone che sono contrarie agli OGM. Si provi a chiedere cosa sono questi OGM, si entri in un supermercato e si chieda alle persone contrarie perché sono contrarie. Controlliamo le risposte e vediamo chi è l'umile e chi l'arrogante!
Una cosa è certa, il consumatore non è tenuto a spiegare a nessuno perché non vuole una innovazione può farlo anche da non informato, può farlo per qualunque motivo, ma può non accettare l'innovazione, non deve poter rifiutare il fatto che si possa far ricerca sull'innovazione... ed è questo che purtroppo sta succedendo... Le risposte che ho letto (nella media ovviamente, di informati ce ne sono... pochini... ma ce ne sono) mi fanno pensare a una triste azione "informativa" fatta assolutamente in malafede di chi è contrario all'innovazione per semplice credo pseudo-religioso... Ed è questo che mi fa paura, non certo gli OGM (che in ogni caso, come ho scritto precedentemente non voglio di certo in mezzo alla produzione agricola di qualità italiana).
E poi... infine... insomma... scusatemi... ma non accetto lezioni di umiltà da chi conosce la Verità Assoluta rifiutando la ricerca (ed è di ricerca e non di accettazione del prodotto che stiamo parlando)...
Finendo di rispondere al sig. Borrello, per quanto riguarda la parte di scienziati che hanno perplessità sugli OGM (perplessità che, spero il sig. Borrello lo sappia, sono molto molto diverse, terribilmente diverse dalle perplessità alle quali il consumatore è stato educato), in parte le ho anch'io... è proprio per questo che vorrei fare ricerca!
Gianni Pastore
Ricercatore
Istituto Nazionale di Ricerca
su Alimenti e Nutrizione
Via Ardeatina 546
00178 Roma
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OGM, ideologia e interessi [16/03/04]
( 15 Marzo 2004 )
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Nell'ambito di un'iniziativa condotta dalla dr.ssa Parmendola, dello Staff FGB, per consolidare i rapporti di collaborazione con coloro che hanno dimostrato, a vario titolo, un interesse alle iniziative promosse nel sito della Fondazione Giannino Bassetti, Vincenzo Lungagnani, docente di Normative e Bioetica al Corso di Laurea in Biotecnologie all'Università di Milano Bicocca, ha inviato una risposta che ha ripreso il tema del Call for Comments dello scorso settembre-ottobre 2003 sulle biotecnologie moderato dal Giuseppe Pellegrini dell'Università di Padova: "Partecipazione pubblica e governance dell'innovazione. Una proposta di sperimentazione istituzionale sul tema delle biotecnologie".
La mail di Lungagnani mi ha sollecitato a scrivergli alcune mie considerazioni, da cui è nato un breve scambio di opinioni che si possono vedere alla pagina che riporta questo dialogo.
Come Redazione FGB abbiamo inoltre ritenuto utile, ai fini appunto di favorire, la diffusione delle idee sul tema dell'innovazione Ogm --ma per traslato dell'innovazione in generale-- riportare una sintesi, fattaci pervenire dallo stesso Lungagnani, del suo libro "Biotecnologie – Norme e regolamenti" (UTET Libreria, Torino 2002).
Quello che penso sia importante rilevare in questa sintesi è la lettura della modificazione di rotta avvenuta nel 1998 nell'Unione Europea relativamente agli Ogm. Questa modificazione, in senso restrittivo, a parere del prof. Lungagnani, più che a un'accentuata sensibilità verso il "rischio ogm" influenzata dal radicalismo verde e dal "popolo di Seattle", è stata determinata da concreti interessi dei produttori agricoli europei, svantaggiati dalla concorrenza, più avanzata in termini di innovazione tecnologica, dell'economia agricola nord-americana.
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OGM e informazione
( 12 Marzo 2004 )
( scritto da
Sylvie Coyaud
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Media
Mi sembra che, da quando non sono più riservati all'élite alfabetizzata (penso alle meravigliose circolari manoscritte degli ambasciatori
veneti), i mezzi di comunicazione siano scandalistici o non siano. Forse perché l'informazione su quanto sta al di là del proprio raggio di azione va strillata o non si fa sentire. Forse perché i mali attirano la nostra attenzione più del bene che diamo, illusi, per normale. Forse perché leggere degli scandali dovuti ad altri ci rende sopportabile la nostra disonestà quotidiana. Forse perché chi li fa, credendosi superiore, disprezza chi l'intelligenza di chi li usa. Forse perché - be', mi fermo qua.
Ogm
Non dovremmo considerarli un tipo per volta, vedere come e perché è creato, seguirne la crescita in campo sperimentale paragonando danni, vantaggi, prestazioni ipotizzate e raggiunte con i risultati ottenuti con ibridi e con pratiche tradizionali (in termini di terra occupata, acqua consumata, concimi, diserbanti, pesticidi ecc) in ogni contesto: geo-politico, alimentare, economico e ambientale?
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OGM e informazione
( 12 Marzo 2004 )
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Gianni Pastore, nel precedente intervento, ha scritto:
«I nostri mezzi di informazione funzionano in modo anomalo... l'informazione di oggi deve essere sempre scandalosa, deve sempre denunciare e... instillare il dubbio che ci stanno fregando... fino al punto nel quale gli stessi mezzi di informazione si trovano imprigionati nella loro stessa gabbia...»
Trovo molto giusta l'osservazione sulla "gabbia", ma vedo la questione dell'informazione in termini un po' diversi.
In primo luogo non definirei "anomalo" il modo di funzionare dei mezzi di informazione. Ma su questo devo spiegarmi: non lo definirei tale se ci riferiamo a non meglio precisati "media"; per la maggior parte di questi, infatti, direi che il modo di funzionare che Pastore ha efficacemente sintetizzato è assolutamente normale e --quel che più conta-- intenzionale (quindi il trovarsi "imprigionati" è per essi --per così dire-- una dolce tortura o, se il paragone piace di più, una gabbia dorata).
Bisognerebbe, dunque, fare dei "distinguo" fra tipologie di informazione (più che di mezzi), cioè fra tipi diversi di scopo dell'informazione (non sempre lo scopo di un mezzo d'informazione è quello di informare...). Senza fare chiarezza su questo punto si corre il rischio di lasciare ampio spazio alle riserve che alcuni nutrono nei confronti delle esperienze ispirate alla democrazia partecipativa. E non pochi interventi del Call for Comments hanno esposto, con sguardo tra l'incerto e il sospettoso, proprio questo genere di riserve critiche.
Si tratta di vedere in che senso, perché e a che scopo affidarsi ai mezzi di informazione (e in rapporto a quanto ho detto sopra mi sembra chiaro che la questione non possa essere semplicemente evasa dicendo: per informare, no?).
In altre parole, dal mio punto di vista, l'ottica di Pastore si basa su una concezione troppo pura del mezzo di informazione e dell'informazione stessa, concezione che non trova riscontro nella realtà. E, paradossalmente rispetto alla sua affermazione iniziale riguardo alla teoricità del dibattito, è proprio questa sua concezione ad essere del tutto "teorica" o, per meglio dire, astratta.
Per il resto, e cioè con riferimento non al tema dell'informazione ma a quello dei vincoli nei confronti della sperimentazione, non so se sia soltanto una questione di leggi. Azzarderei l'ipotesi che non sia soltanto questo, che sia cioè anche (se non soprattutto) una questione di accettazione sociale dell'innovazione e (prendendo a prestito la terminologia) di "consenso informato". Azzarderei anche l'ipotesi che non sempre il consenso (mancante) può essere tacciato di essere disinformato o di fare disinformazione. Altrimenti si finisce nel circolo vizioso degli arroccamenti di parte: chi non la pensa come noi è perché è disinformato.
E se invece, in un impeto di umiltà, assumessimo che chi non è d'accordo su certe sperimentazioni sia in realtà più "informato" di noi?
Mica è solo il "vasto pubblico" a non essere d'accordo (e poi: anche fosse?), ma anche fior di scienziati (con ciò non mi riferisco necessariamente agli Ogm, anche perché questi, in questo sito, sono presi in considerazione come un caso di studio per portare avanti un discorso più ampio).
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OGM e informazione
( 6 Marzo 2004 )
( scritto da
Gianni Pastore
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Ho letto il diario n.1/2004, riguardo il cfc dello scorso settembre/ottobre 2003 sulle biotecnologie. Trovo quanto scritto estremamente corretto ma terribilmente teorico. E' indubbio che il rischio zero non esiste, è altrettanto indubbio che il consumatore debba essere informato meglio di quanto non sia oggi. Il problema sta nell'impossibilità di modificare (in tempi ragionevoli) i processi di informazione dei quali disponiamo oggi.
I nostri mezzi di informazione funzionano in modo anomalo... l'informazione di oggi deve essere sempre scandalosa, deve sempre denunciare e... instillare il dubbio che ci stanno fregando... fino al punto nel quale gli stessi mezzi di informazione si trovano imprigionati nella loro stessa gabbia... A quel punto sono costretti a informare le persone dicendo quello che ormai le persone si aspettano di sentire. Si crea un loop terribile e pericoloso nel quale si denuncia arbitrariamente qualcosa di pericolosissimo creando una percezione comune che poi deve essere cavalcata per non uscire dalla moda corrente dell'informazione.
Ho un collega, vi assicuro che è la verità, che anche lui esperto di OGM, chiamato per una intervista, preparando la stessa intervista ha evidenziato il concetto che gli OGM dovessero essere studiati, approfonditi, ma che non avevano le corna la coda e non puzzassero di zolfo... beh... il risultato era che... l'intervista non era più così necessaria...
Altro esempio dello stato patologico della nostra informazione: Vi ricordate la mucca pazza? Rischio reale: minore di quello che mi esploda lo schermo del computer nei prossimi 10 minuti, ma quante persone hanno smesso di mangiare carne rossa (mi piacerebbe quantificare i danni provocati dall'incremento delle anemie nel periodo mucca pazza). Nessun problema, scelta legittima, ma quelle stesse persone, magari, commentavano i pericoli della mucca pazza fumandosi una buona e sana sigaretta, e poi tornavano a casa in moto senza casco... Ma la moda era che la mucca pazza fosse un pericolo, e che le istituzioni ci stavano fregando. Ma questa percezione ci era stata data dai mezzi di informazione, non da altri...
Per gli OGM è molto peggio, chiunque oggi parli a favore degli OGM ha indubbiamente interessi nelle multinazionali, è in cattiva fede, ci vuole fregare per guadagnarci chissà che cosa...
Premetto che non sono a favore degli OGM, sono certo che il sistema agricolo italiano non deve farsi coinvolgere dagli OGM, ma non sopporto il medio evo. Possiamo criticare questa nostra società ma chi dice che si viveva meglio 2000 anni fa... dovrebbe sapere che al mondo (in Africa particolarmente) c'è ancora qualche posto dove si vive come 2000 anni fa. Se lo pensano davvero, se si viveva meglio prima... si accomodino... e, se lo vogliono, in diverse altri parti del mondo ci sono disponibili tutte le vie di mezzo possibili... Ma... l'Italia... è comoda!
E' difficile informare in questa situazione. Se uno scienziato va a fare un contraddittorio con un verde-integralista, lo scienziato perderà: è ovvio: lo scienziato, il buono scienziato, per definizione ha dubbi... ha una montagna di dubbi... il talebano no... il talebano ha "la verità" la certezza... lo spettatore sarà travolto dalla sua verità... dalla sua certezza... e gli OGM, lo sappiamo tutti, ci faranno venire le squamette verdi (lo sapete che c'è una multinazionale che ha rifiutato tabacco geneticamente modificato perché la percezione del consumatore è che il tabacco, se geneticamente modificato, può far male?)
Io non sono qui a parlare di OGM ma sono molto preoccupato, sono preoccupato da questo Medio Evo ormai imperante, Medio Evo subliminale che, però, sta addirittura smettendo di essere subliminale...
È mia ferma convinzione che il progresso tecnologico possa essere uno strumento capace di portare miglioramenti alla vita umana. Affinché questo si realizzi è necessario, però, affiancare alla ricerca tecnologica applicata una ricerca di base volta allo studio delle possibili ricadute delle nuove tecnologie, per evitare che effetti indesiderati ne annullino o, addirittura, sovvertano i benefici. Solo la ricerca condotta su una solida base sperimentale permetterà una corretta valutazione del reale rischio connesso all'impiego estensivo ed alla diffusione di OGM nell'ambiente, fugando eccessivi allarmismi da una parte e facili semplificazioni dall'altra.
Questo non è possibile, nel nostro Paese leggi talebane impediscono praticamente la sperimentazione... Mi immagino solo se questo atteggiamento fosse sorto un secolo fa... quando in effetti c'erano state molte manifestazioni contro quella scoperta contronatura che era il treno. (ma cosa ne dite della contronaturalità delle vaccinazioni... prendere un virus, attutirne la virulenza e autoiniettarselo!!! Altro che contronatura!!! o mettere le ali a qualche tonnellata di acciaio, scrivergli sopra Alitalia e farla volare da Roma a Milano). Molti dicono che vorrebbero tornare a vivere in maniera biologica, ma quando si viveva in maniera biologica la speranza di vita era intorno ai 42 anni, io ne ho 46 e sono contento di essere ancora qui!
A me, personalmente, mi piacerebbe dire al consumatore:
Ragazzi, gli OGM non ci interessano, la nostra è una agricoltura di qualità, una qualità italiana che non ha eguali al mondo, e non possiamo vincere se puntiamo alla quantità, diciamo questo al consumatore, diciamogli che a noi gli OGM non ci interessano... Ma non diciamogli che ci faranno venire le squame verdi...
Gianni Pastore
Ricercatore
Istituto Nazionale di Ricerca
su Alimenti e Nutrizione
Via Ardeatina 546
00178 Roma
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Contesa biotech (nota a margine del mio precedente intervento)
( 15 Dicembre 2003 )
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L'atteggiamento di industrie e consumatori nei confronti degli OGM è cambiato nel tempo. Un decennio fa, nella vicenda del pomodoro Flavr Savr (v. mio precedente intervento), i consumatori reagirono bene all'immissione del prodotto sul mercato. L'industra, da parte sua, sottopose volontariamente il pomodoro all'esame della FDA, per ottenere una certificazione della sicurezza. Per la Calgene i costi della ricerca necessaria a verificare la sicurezza del prodotto furono alti, e tuttavia il fatto di sottoporre volontariamente il prodotto all'esame della FDA fu un'assunzione di responsabilità, che i consumatori e le oranizzazioni ambientaliste apprezzarono. In questo modo, dieci anni fa si stabilì quel dialogo che oggi sembra compromesso dai toni troppo accesi del dibattito sugli OGM.
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Biotecnologie e opinione pubblica: i risultati della terza indagine "Observa - Fondazione Bassetti"
( 4 Dicembre 2003 )
( scritto da
Redazione FGB
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Le precedenti edizioni:
- Prima indagine
(nel sito di Observa)
- Seconda indagine
(in questo sito collocata nel Percorso "Biotecnologie")
I risultati della terza edizione della ricerca su "Biotecnologie e opinione pubblica in Italia", frutto della collaborazione tra il Centro Ricerche "Observa - Scienza e Società" e la Fondazione Giannino Bassetti, condotta sotto la supervisione scientifica di Federico Neresini (Università di Padova), Massimiano Bucchi (Università di Trento) e Giuseppe Pellegrini (Università di Padova).
Rispetto alle edizioni precedenti, l'indagine 2003, dedicata al tema "Biotecnologie: democrazia e governo dell'Innovazione" unisce all'obiettivo di monitorare le tendenze dell'opinione pubblica, il tentativo di comprendere quali siano le dinamiche, le motivazioni e i fattori culturali che entrano in gioco nella formazione delle percezioni e degli orientamenti nei confronti delle biotecnologie. Per la prima volta infatti vengono prese in considerazione caratteristiche quali la fede religiosa degli intervistati, la loro collocazione politica, il livello di formazione scolastica ricevuto in ambito tecnico-scientifico e la loro consuetudine al consumo di prodotti naturali o di medicine alternative.
Le conclusioni al riguardo sono particolarmente interessanti: per esempio viene messo in luce il fatto che le convinzioni religiose non discriminano in modo significativo gli atteggiamenti in materia di biotecnologie. Più significativo il rapporto con la collocazione politica: gli intervistati favorevoli al proseguimento della ricerca nel campo degli OGM, tendono a collocarsi a destra dello schieramento politico (64,8% contro il 58% di chi si pone a sinistra). Tra i contrari, la situazione è inversa: il 33,8% si colloca a sinistra mentre il 28% a destra.
La presentazione dell'indagine
(nel sito di Observa)
Il Rapporto completo
(in formato PDF compresso in formato ZIP [dimensione: 551 Kb])
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(cliccare sull'immagine per leggere alcune informazioni)
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Contesa biotech: i semi della discordia
( 10 Novembre 2003 )
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La vicenda del pomodoro Flavr Savr, narrata ne Il primo frutto (Sironi editore, 2003, 283 pagine, 18 euro), è paradigmatica per molti degli aspetti che caratterizzano il dibattito odierno attorno alle biotecnologie, e in particolare attorno agli alimenti prodotti a partire da organismi geneticamente modificati (OGM). La storia è la seguente: nel 1994 una piccola e aggressiva azienda biotech, la Calgene Inc., batte sul tempo la concorrenza e lancia sul mercato statunitense il primo OGM, un pomodoro modificato geneticamente in modo che il suo processo di maturazione risulti rallentato (in pratica, non marcisce). Il successo nelle vendite è immediato e supera le aspettative, tanto che l'azienda fatica a star dietro agli ordinativi. Un paio d'anni dopo però Flavr Savr è ritirato dal commercio. E la Calgene, sull'orlo della bancarotta, viene acquisita dalla Monsanto. Nel frattempo però, avendo approvato il pomodoro Flavr Savr, la Food and Drug Administration (l'organo che negli Stati Uniti disciplina la messa in commercio di alimenti e farmaci) ha aperto il mercato statunitense agli OGM.
La vicenda è ben nota a chi segue il dibattito sul biotech, ma il fatto che a narrarla sia una ricercatrice che ne fu protagonista, Belinda Martineau, aggiunge alla cronaca lo sguardo dell'insider. Martineau, infatti, iniziò a lavorare alla Calgene quando la ricerca sul pomodoro geneticamente modificato era ancora agli inizi, e ha continuato anche in seguito, quando quasi tutti i laboratori dell'azienda dovettero dedicarsi a dimostrare la sicurezza del prodotto per ottenere l'approvazione della Food and Drug Administration (FDA). Considerata persona di fiducia, Martineau aveva accesso a tutte le informazioni. Conosceva i dettagli scientifici e i criteri seguiti per la valutazione dei possibili rischi derivanti dalla nuova tecnologia. Era al corrente delle strategie finanziarie e di quelle di marketing.
Due ordini di motivi, secondo l'autrice del libro, portarono al fallimento un progetto che sembrava ormai avviato sulla strada del successo. Il primo è la gestione disastrosa della parte finanziaria e commerciale di tutta l'impresa. Per reggere i costi della ricerca e del lancio del prodotto (un lancio accompagnato da una campagna pubblicitaria massiccia), la Calgene dovette infatti ricorrere in più occasioni a finanziatori esterni, promettendo proventi che però tardavano ad arrivare. Né gli altri prodotti dell'azienda erano in grado di coprire i costi di avvio del progetto più importante: quello del pomodoro. C'è da dire che difficilmente i giganti del biotech di oggi incorrerebbero in una serie di errori così grossolani. Più difficile sarebbe però, anche per loro, venire a capo dei problemi del secondo tipo, causati dall'imprevedibilità degli effetti della modifica genetica. Non a caso, anche oggi, l'incertezza dei risultati delle manipolazioni genetiche è proprio uno dei principali terreni di scontro fra chi sostiene gli OGM e chi, invece, li contrasta.
Per il pomodoro Flavr Savr, la vicenda andò così: il gene introdotto artificialmente avrebbe dovuto bloccare l'espressione di una proteina responsabile del processo di maturazione. In teoria, questo avrebbe permesso di ottenere un frutto con due caratteristiche: quella di marcire in tempi molto più lunghi, e quella di rimanere sodo una volta diventato rosso, invece di rammollirsi. Grazie a queste due caratteristiche, la Calgene avrebbe potuto raccogliere i frutti maturi dalla pianta e trasportarli senza troppe cautele ai punti di distribuzione, avendo a disposizione ancora parecchio tempo per venderli. Su questi presupposti si basava tutta la campagna contro la concorrenza, che era invece costretta a raccogliere i frutti ancora verdi per non dover spendere fior di quattrini negli imballaggi e nel trasporto. La realtà però non coincise perfettamente con le previsioni. La prima promessa fu mantenuta: i pomodori OGM in effetti non marcivano. Ma la seconda, proprio quella su cui si sarebbero basati i proventi della Calgene, si dimostrò fallace. "L'ipotesi su cui il capitale aziendale aveva investito il proprio futuro non sembrava mantenere la sua promessa" scrive Belinda Martineau. I pomodori Flavr Savr si rammollivano esattamente come gli altri. E raccoglierli maturi significava dover spendere molti soldi per trasportarli fino ai punti di distribuzione in condizioni accettabili. In queste circostanze, il vantaggio economico della modifica genetica spariva.
Ma forse, più che sulle cause del fallimento, occorre soffermarsi sugli elementi che secondo Martineau non costituirono un ostacolo per la Calgene. "Ci sono molte ragioni per cui il pomodoro Flavr Savr non ebbe successo. Il clamore suscitato dal fatto che fosse geneticamente modificato non è una di queste. Quasi senza eccezioni, nel corso della sua breve vita commerciale, la domanda del pomodoro Flavr Savr fu di gran lunga più alta dell'offerta" si legge nel libro. Quindi, non rappresentarono impedimenti l'etichettatura esplicita del prodotto, né il fatto di averlo sottoposto a un'attenta valutazione dei rischi prima della messa in commercio (e di aver cercato l'approvazione delle istituzioni), e neppure la posizione dei gruppi ambientalisti.
Si legge nella prefazione: "Ricorderò ai sostenitori [degli OGM] che le vendite del primo prodotto alimentare geneticamente modificato al mondo, nonostante un'esplicita etichetta, furono brillanti". E ancora, nel dibattito in corso proprio sull'etichettatura, Martineau interviene per dire non solo che le indicazioni al consumatore devono esserci, ma che devono anche essere precise, e segnalare esattamente il tipo di modifica genetica fatta sul prodotto in vendita ("un'etichetta generica non fornisce abbastanza informazioni per operare una scelta"). Per quanto riguarda i test sulla sicurezza, l'autrice si sofferma a lungo nelle descrizioni, anche tecniche, degli esperimenti condotti. E dal racconto emerge che la valutazione dei rischi fu puntuale e rigorosa (tuttavia, non va dimenticato che Belinda Martineau se ne occupò personalmente). In più punti, inoltre, si sottolinea che la Calgene decise di sottoporre il prodotto all'approvazione della FDA anche se non era obbligata a farlo. E che proprio questa decisione le valse l'appoggio di alcuni gruppi ambientalisti. "Jeremy Rifkin della Pure Food Campaign e i membri di altri gruppi ambientalisti non ce l'avevano particolarmente con il prodotto della Calgene. In gran parte credevano che l'azienda avesse compiuto un buon lavoro nel dimostrarne la sicurezza, essendo particolarmente soddisfatti del fatto che fosse stato volontario e pubblico. Anche in assenza di obblighi, la Calgene aveva etichettato il suo prodotto. Sotto molti punti di vista, la compagnia aveva esemplificato quello che gli oppositori dell'ingegneria genetica potrebbero definire un comportamento politicamente corretto".
Più problematico è invece ciò che accadde in seguito, quando la FDA decise che i risultati dei test eseguiti su Flavr Savr potevano essere estesi automaticamente ad altri OGM. Secondo l'autrice (le cui posizioni, anche su questo punto, coincidono curiosamente con quelle espresse da molti gruppi considerati anti-biotech), ciascun prodotto va invece valutato singolarmente. Scrive Martineau: "La FDA ha concluso che, in seguito, gli altri prodotti geneticamente modificati non avrebbero richiesto revisioni così dettagliate. Non sarebbe stata necessaria un'approvazione formale da parte della FDA per quei prodotti. Al contrario, l'Agenzia decise di mettere a punto un sistema di consultazione volontaria. Il caso esemplare del Flavr Savr, secondo me, non poteva essere usato a sostegno di questa conclusione. Il pomodoro della Calgene non poteva essere considerato come lo standard di sicurezza per la nuova industria. Nessun prodotto geneticamente modificato dovrebbe avere questo ruolo".
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