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dell'argomento "Esperimenti & Democrazia: il riso transgenico di
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From: Vittorio BERTOLINI Date: Sat Dec 7, 2002 0:58am Subject: avvio forum Si è scelto il "caso Casalino" come argomento del forum "Esperimenti & Democrazia" in quanto, pur nella sua estrema semplicità, la sperimentazione di riso transgenico su di un appezzamento di terreno della dimensione di un appartamento medio, mette in luce alcuni dei principali problemi che il "fare scienza" comporta nella società contemporanea. A cominciare dal rapporto fra scienziati e ricercatori ed opinione pubblica per finire al ruolo delle pubbliche amministrazioni nel porsi come tramite fra le esigenze della ricerca innovativa e le aspettative, in termini di informazione e di sicurezza, dei cittadini. Proprio di oggi è la notizia (d'altra parte già risaputa), nel rapporto del Censis, del rischio di decadenza del nostro paese nei settori dell'innovazione tecnico-scientifica. Se da un lato ciò è dovuto alla scarsità di risorse economiche, dall'altro, come è emerso dalla ricerca Fondazione Bassetti-Poster "L'opinione pubblica e le biotecnologie", esiste una diffusa 'insensibilità', per non dire diffidenza, verso le tematiche poste dalle nuove tecnologie. E nulla vieta di pensare, quando si vuole esprimere la democrazia attraverso i sondaggi, che la scarsa propensione degli organi politici ad investire adeguatamente nella ricerca, sia connessa all'insensibilità del grande pubblico. Se sviscerare perciò le tematiche che dal "caso Casalino" emergono è lo scopo primario di questo forum, vi è anche l'ambizione di dare un contributo, ci si augura significativo, per realizzare un discorso sull'innovazione tecnico-scientifica che aiuti a ricucire il rapporto fra il "fare scienza" e le esigenze dell'opinione pubblica, recuperando il senso della democrazia argomentativa. Ing. Vittorio Bertolini (Moderatore del forum) ------------------------------------------------------------------------------- From: Marlene DI COSTANZO Date: Sun Dec 8, 2002 7:27pm Subject: forus group a Casalino In tutta la vicenda Casalino a mio parere è da rimarcare la proposta del dr. Bassetti in relazione alla promozione di focus group. Di fronte a problematiche abbastanza complesse dal punto di vista tecnico scientifico, riguardino la sperimentazione ogm in campo aperto o altri tipi di insediamento, come per esempio gli impianti di smaltimento rifiuti, il cittadino normale si trova in balia o dei demagoghi della protesta professionalizzata o dei cosiddetti esperti il cui motto e "vietato parlare al manovratore". Ma di fronte a tutto ciò che in qualche modo impatta l'ambiente in cui l'uomo opera, è un diritto di cittadinanza poter confrontare gli argomenti pro e contro attraverso la possibilità di dibattiti aperti e consapevoli. Quello che non mi convince nella proposta Bassaetti, per lo meno dal come l'ho capita nell'articolo della Coyaud è la trasformazione dei focus group in tribunali. Dare ai f.g. una qualifica paragiuridica rischia di trasformare uno strumento di informazione e confronto in un organo decisionale, che alla fin fine deresponsabilizza gli operatori politici e trasforma la democrazia del dialogo in una poliarchia degli esperti. Dr.sa Marlene Di Costanzo Padova ------------------------------------------------------------------------------- From: Flaminio MUSA Date: Mon Dec 9, 2002 11:51pm Subject: chi e quando deve informare Dato per scontato il diritto della popolazione ad essere informata di tutto ciò che li riguarda da vicino, è da chiedersi però a chi e quando il dovere dell?informazione. Nel caso di Casalino sembra che gli scienziati impegnati nella sperimentazione abbiano ottemperato a tutte le procedure previste dalla legge e questo mi sembra più che sufficiente come dovere di informazione. O forse si pretendeva, come sembra di dedurre dalla risposta di Fazzo al prof. Fogher su Repubblica, che il prof. Fogher si munisse di un megafono e andasse sulla piazza di Casalino a raccontare la sperimentazione che si stava apprestando a fare. D?altra parte anche le amministrazioni preposte alle autorizzazioni, fino a che punto sono in grado di decidere quello che può preoccupare la popolazione? Rischieremmo di trovarci travolti da dibattiti e polemiche sorte seconda le idiosincrasie dei singoli funzionari. La garanzia, per gli abitanti di Casalino come per gli abitanti di tante altre località, non credo stia tanto nei dibattiti sui singoli fatti, ma nel richiedere che siano rispettate le leggi e le procedure. Se poi queste sono insufficienti il sistema della democrazia prevede le formule adeguate per modificarle. Dr. Musa ------------------------------------------------------------------------------- From: Vincenzo LUNGAGNANI Date: Tue Dec 10, 2002 10:38pm Subject: La drammatizzazione del riso di Casalino Ero a Casalino la sera del 22 ottobre u.s., in rappresentanza di Assobiotec, e non saprei esprimere il mio pensiero sul rapporto tra ricerca scientifica ed informazione pubblica meglio di quanto abbia fatto - in quella sede - il Presidente Bassetti. Tutti i sistemi democratici funzionano sulla base di meccanismi di delega: il Parlamento provvede a soddisfare le esigenze dei cittadini mediante leggi, che identificano gli Organi e le procedure di attuazione e controllo, inclusi gli obblighi di informazione. Le leggi sono sempre perfettibili ma è inaccettabile colpevolizzare eticamente quanti le hanno rispettate. Nel nostro caso, la sperimentazione in campo di piante geneticamente modificate è soggetta ad una procedura di autorizzazione del Ministero della Salute estremamente complessa e dettagliata a livello nazionale, con il coinvolgimento delle Autorità locali di controllo della salute (i.e. ASL) e dell'ambiente (ARPA). In preda ad acuti attacchi di populismo, grossolanemente sollecitati da qualche Esponente delle Confederazioni agricole, molti dei presenti in sala a Casalino il 22.10.2002 sostenevano che qualcuno (?) della dozzina di persone al corrente della sperimentazione del Prof. Fogher avrebbe dovuto informare preventivamente i compaesani, consentendo l'esercizio di una efficace democrazia diretta (per esempio, l'organizzazione di adeguate manifestazioni di dissenso) . Non penso che una procedura di questo tipo sia compatibile con l'Art. 33 della nostra Costituzione (i.e. "l'arte e la scienza sono libere") ma non appare assurda a chi abbia chiaro in mente l'uso strumentale della nozione di OGM attualmente in voga nel nostro Paese, anche a livello governativo. Ma questa è un'altra storia. Cordialmente, Vincenzo LUNGAGNANI Lecturer of Biotech Legislation & Bioethics Università di MIlano Bicocca - Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze ------------------------------------------------------------------------------- From: Francesco COPERCINI Date: Thu Dec 12, 2002 1:13pm Subject: Chi e come deve informare Il dr. Musa inizia il suo intervento con un quesito estremamente stimolante, chi deve ( e quando) informare , e si dovrebbe aggiungere come. Peccato che alla fine nel più vieto ottimismo leibniziano secondo cui viviamo nel migliore dei mondi possibili, Candido non avrebbe detto di meglio. La mia opinione è che politici e scienziati e quanti altri sono impegnati in certi tipi di sperimentazioni dovrebbero avere raggiunto ormai un certo grado di sensibilità da comprendere lo spazio da dare ai vari movimenti che nascono dalle istanze di base. E’ sufficiente leggere la stampa quotidiana per comprendere quando e come non è sufficiente coprirsi dietro permessi ed autorizzazioni rilasciate dalle autorità competenti. E’ abbastanza semplice che se nel campo di Casalino si fosse sperimentato un nuovo sistema di meccanizzazione agricola nessuno avrebbe avuto nulla da ridire mentre per una sperimentazione ogm era abbastanza ovvio che nascesse un movimento di protesta, specialmente se poi i diretti interessati non solo non sono stato consultati ma nemmeno avvertiti. Dr. Copercini Francesco ------------------------------------------------------------------------------- From: Flaminio MUSA Date: Sun Dec 15, 2002 10:51pm Subject: In riferimento alla critica nei confronti del mio precedente intervento formulata dal dr. Copercini, probabilmente mi sono spiegato male. Lungi da me la ?candida? idea di vivere nel migliore dei mondi possibili. Sono perfettamente convinto che il nostro sistema è perfettibile, ma sono altresì convinto che la perfettibilità deve passare attraverso quello che Popper nella ?Società aperta e i suoi nemici? definisce un procedimento di ingegneria sociale a spizzichi. Cioè proviamo, verifichiamo e, se del caso, modifichiamo. Casalino ha messo in evidenza che vi possono essere situazioni di cui il sindaco il sindaco di una località, e conseguentemente la popolazione, è tenuto all?oscuro. Mi chiedo allora se non fosse stato meglio se il sindaco di Casalino, invece di attaccare manifesti e convocare assemblee, funzionali senz?altro al consenso ma inconcludenti nei risultati, rifosse attivato in modo da cambiare le norme in modo che il processo autorizzativi di fronte a certe sperimentazioni passi anche attraverso le autorità locali. Dr. Flaminio Musa ------------------------------------------------------------------------------- From: Elisabetta VOLLI Date: Wed Dec 18, 2002 2:06pm Subject: A proposito di leggi e del rispetto delle stesse, mi viene in mente quando per ottenere un risultato gradito in conseguenza di un proprio bando di gara, si pubblica quest'ultimo in periodi dell'anno "idonei allo scopo", cioè in prossimità delle ferie. Non sta a me (non sono un'esperta in questo campo) ricordare casi, noti a tutti, in cui il rispetto formale delle regole, artatamente gestito, porta a risultati sostanziali difformi da quelli in funzione dei quali le regole sono state approvate. Con ciò non intendo essere immediatamente in disaccordo con le posizioni di Lungagnani e di Musa, ma semmai sottolineare come un certo genere di argomentazione (in particolare quella di Musa) non sia di per se stessa ineccepibile, come invece magari potrebbe sembrare. Voglio dire che posso condividere la loro posizione, ma che non basta fermarsi lì. La democrazia è una faccenda complessa proprio perché non ci possiamo accontentare di "frasi-formula" come «La garanzia, per gli abitanti di Casalino come per gli abitanti di tante altre località, non credo stia tanto nei dibattiti sui singoli fatti, ma nel richiedere che siano rispettate le leggi e le procedure. Se poi queste sono insufficienti il sistema della democrazia prevede le formule adeguate per modificarle». Questo che dico lo ha evidenziato, prima di me, anche il dottor Francesco Copercini. Mi trovo, invece, pienamente d'accordo con l'affermazione secondo cui «Le leggi sono sempre perfettibili ma è inaccettabile colpevolizzare eticamente quanti le hanno rispettate». Mi riprometto di intervenire nuovamente, per ora volevo solo fare queste osservazioni. Grazie Elisabetta Volli ------------------------------------------------------------------------------- From: Domenico LANFRANCHI Date: Sun Jan 12, 2003 7:46pm Subject: Sperimentazioni e democrazia A prima vista l'idea di discutere di scienza e di sperimentazione scientifica in un'assemblea pubblica non può che apparire lodevole, soprattutto in un paese come il nostro in cui la cultura scientifica è così poco diffusa e la ricerca scientifica così poco sostenuta. Se però si cerca di approfondire la questione non mancano elementi di perplessità. Il primo elemento di perplessità riguarda proprio la fragilità della cultura scientifica nel nostro paese (in una recente indagine OCSE i nostri studenti si sono collocati al 23esimo posto su 27 paesi!): fino a che punto un'assemblea popolare può possedere i concetti necessari per comprendere i fenomeni di cui si parla, e fino a che punto ha un'idea dei procedimenti scientifici e dei loro limiti? Chi non ha cultura scientifica può chiedere che non si proceda a sperimentazioni senza garanzie, chi non è scientificamente analfabeta sa però che senza sperimentazioni non si possono avere garanzie di alcun genere. Chi ha un minimo di cultura scientifica sa anche che a volte non bastano secoli di esperienze per dare garanzie di innocuità. Il caso dell'amianto é esemplare: già nota agli antiche greci, questa fibra minerale naturale è stata usata per secoli senza apparenti controindicazioni, tanto da farla ritenere "sicura". Solo negli ultimi decenni, con l'uso sempre più massiccio diffuso negli ambiti più disparati, si è cominciato a percepire che l'amianto era tutt'altro che innocuo. Ora l'amianto è messo al bando, i ricercatori sono al lavoro per realizzare materiali (artificiali o sintetici) che possano presentare nelle varie situazioni gli stessi vantaggi dell'amianto possibilmente senza rischi. C'è qualcuno in grado di garantire, poniamo dopo una sperimentazione decennale, che un qualche materiale è esente da rischi? E allora che fare? Rinunciamo, per esempio, a freni più efficienti finchè non abbiamo ottenuto la garanzia assoluta che le polveri immesse nell'aria dall'usura dei freni sono esenti da qualsiasi rischio? Un secondo elemento di perplessità riguarda il fatto che simili iniziative possano essere spacciate per "democrazia". Lasciamo stare per un momento le sperimentazioni scientifiche su argomenti di cui si sa ancora poco ed occupiamoci di questioni su cui le conoscenze dovrebbero essere ormai consolidate: lo smaltimento dei rifiuti. Tutti sappiamo che se non vogliamo finire sommersi dai rifiuti bisogna ricorrere alla ricolta differenziata, che prevede tra l'altro il compostaggio per i rifiuti umidi. Fin qui tutto bene e tutti d'accordo. Ma quando si tratta di decidere dove fare l'impianto nascono i problemi: può succedere che un comune (per esempio Cologno Monzese) sia favorevole a farlo sorgere sul proprio territorio, mentre un comune vicino (sempre per esempio Cernusco sul Naviglio) non lo voglia alle porte di casa. Un comitato di cittadini paventa aumenti di allergie, proliferazioni di insetti e di topi, esalazioni mefitiche, ecc. ecc. Qualcuno mi spiega per piacere che cosa significa in questo caso "decidere in modo democratico"? Referendum popolare? Nel solo comune di insediamento? Anche nei comuni limitrofi? A livello provinciale (visto che l'impianto dovrebbe trattare i rifiuti di tutta la provincia)? O forse in casi come questo è meglio lasciar perdere le consultazioni popolari e puntare piuttosto sulla verifica da parte delle amministrazioni responsabili del rispetto di tutte le norme di tutela ambientale e sanitaria? Personalmente propenderei più per l'ultima soluzione, anche perchè nelle altre vedo sempre in agguato, mascherato da democrazia, il dispotismo della maggioranza Mi lasciano perplesso poi alcune considerazioni che sono state avanzate nel forum, mi chiedo per esempio perchè se nel campo di Casalino si fosse sperimentato un nuovo sistema di meccanizzazione agricola nessuno avrebbe avuto nulla da ridire. Secondo l'INAIL nel solo 2001 ci sono stati 136 incidenti mortali in agricoltura, di essi 71 sono attribuibili all'uso delle macchine, come anche all'uso delle macchine vanno riferiti 7868 infortuni non mortali. A meno di non presupporre che la prevenzione degli infortuni sia il primo obbiettivo dei fabbricanti di macchine agricole, mi sembra ci sia di che preoccuparsi molto più se si sperimentano nuovi sistemi di meccanizzazione agricola che se si sperimentano OGM; a maggior ragione se si considera che il mercato delle macchine agricole è quasi tutto controllato da poche multinazionali che, a quanto pare, mirano soltanto al proprio profitto e poco si curano della sicurezza degli operatori. Di poche cose sono certo, tra queste c'è la necessità di una più diffusa cultura scientifica nel nostro paese: senza conoscenza non c'è scelta consapevole e non c'è nemmeno democrazia. Abbiamo bisogno di uno sforzo notevole per cercare di innalzare il livello della cultura scientifica nel nostro paese. So che si tratta di un discorso di lungo periodo e che ne lungo periodo saremo tutti morti, come diceva Keynes; ma temo che se non cominciamo a pensare anche in termini di lungo periodo saremo morti molto prima. Prof. Domenico Lanfranchi ------------------------------------------------------------------------------- From: Marlene DI COSTANZO Date: Sun Jan 12, 2003 11:59pm Subject: Ai fini della discussione credo possa essere interessante questo brano che ho tratto dall'Intervista sul Pluralismo" di Robert Dahl. Credo che il sistema de focus, così come descritto, da un lato consenta il rispetto della volontà dei cittadini, dall'altro permetta a questi di esprimere la loro volontà in modo documentato e non emotivo. Questo anche per fugare le perplessità del prof. Lanfranchi Permangono le mie perplessità sull'estensione del metodo a realtà non sufficientemnente circoscritte. "Quel che ho in mente sono i focus di discussione, o focus di deliberazione, promossi da James Fishkin dell'Università del Texas. Il suo metodo consiste nel riunire un campione causale di cittadini di cittadini in assemblea su un certo tema. Lui riunisce 500 o 600 cittadini selezionati a caso dalla popolazione per metterli tre giorni a discutere di un particolare tema. Il gruppo si divide in sottogruppi di 20 persone con un moderatore professionista; i cittadini parlano del tema, poi si incontrano collettivamente con degli esperti a cui pongono delle domande, discutendole in lungo e in largo; wuindi ritornano ai piccoli gruppi e ne parlano di nuovo. Poi si incontrano, in giorni successivi, con un gruppo di leader politici e fanno loro delle domande." Dr.ssa Marlene Di Costanzo ------------------------------------------------------------------------------- From: Elisabetta VOLLI Date: Mon Jan 13, 2003 9:34pm Subject: L'intervento che volevo fare da un po' di tempo consiste nell'esprimere un certo mio straniamento rispetto alle invocazioni di partecipazione democratica alle decisioni. Io ho sempre avuto la convinzione che esistano aree (anche molto estese) che sono, e debbano essere, dominio della partecipazione per delega, perché le forme di democrazia diretta in molti casi risultano insensate. La competenza, prima di tutto! Prima ancora del diritto di decidere. Non sto dicendo nulla di originale: la democrazia funziona per delega, l'apparato è a base fiduciaria. Su questa base, mi chiedo: che cosa ha significato l'esperienza attivata dal sindaco di Casalino? Qual è stata la sua funzione? Risposta: quella di dare voce ai tanti che sono coinvolti, o che si sentono coinvolti, dalle conseguenze di decisioni prese da altri. Bene. Perché dare voce è importante. Dire la propria opinione, esprimere le proprie emozioni (anche quelle "di pelle") è essenziale. Ma il decidere spetta ad altri, non c'è dubbio. Casalino ha dato voce a un disagio. E questo va bene. Ma, secondo me, basta anche. Non è il caso di soffermarcisi sopra più di tanto. Perché dico questo? Per spiegarmi ricorro a qualche altra domanda che, ancora, faccio a me stessa. Domanda: per quale motivo avverto una sensazione di perplessità nei confronti dell'auspicio per "nuovi strumenti" di democrazia? Risposta: perché se il problema è quello della "competenza" nel merito delle decisioni è nient'altro che un problema vecchio come la politica. O anzi: è il problema sottostante alla democrazia in quanto forma politica. E' sorprendente? No. Servono "nuovi strumenti"? Secondo me no. Serve una prassi politica più responsabile. Domanda: per casi come quello degli OGM di Casalino non vanno bene le vigenti forme in cui si esprime la nostra democrazia? Nel senso: non funzionano perché i cittadini si sono sentiti estromessi? Anche qui la mia risposta è: beh, che c'è di strano? Possiamo benissimo ammettere che si sia trattato di un epifenomeno di una democrazia già di per sè malata. E cioè: possiamo benissimo fare l'ipotesi che sia stato niente più che un sintomo che si aggiunge ad altri e che conferma la diagnosi di malattia riguardante l'attuale democrazia italiana (e non soltanto questa). I cittadini si sono sentiti tagliati fuori perché non hanno potuto rendersi conto del meccanismo procedurale democratico. Io ho l'impressione che riflessioni del tipo di quelle che si sono svolte a Casalino, e anche in questo dibattito a cui partecipo, abbiano un loro proprio risalto soprattutto perché riguardano argomenti che "fanno audience". Infatti, in ogni occasione di dibattito sulle applicazioni, reali o paventate, delle biotecnologie assistiamo ormai a considerazioni simili a quelle che hanno accompagnato il "caso" di Casalino. Mi viene da osservare che ci sono un sacco di altri argomenti a cui potrebbe adattarsi il "copione" di Casalino: dalla costruzione di un'autostrada, al welfare, alle questioni semplicisticamente qualificate come "no global", alla... guerra in Iraq. Nulla di nuovo sotto il sole: c'è sempre qualcuno che decide "sopra" di noi, che conosce meglio di noi i "perché" e i "percome". Il problema, voglio dire, non sta negli strumenti di democrazia, che sono più che collaudati, quanto nelle persone verso le quali riponiamo la nostra fiducia. Sempre che di "problema" effettivamente vogliamo parlare e non, invece, di "malattia congenita" della democrazia. Questione questa che ci porterebbe molto lontano. Non dimentichiamoci che le malattie possono risultare benefiche per il sistema immunitario e che nella stessa denominazione "malattia" è insito un giudizio di valore. Meglio allora parlare di "fenomeno congenito" o, come a me sembra preferibile, di "malattia benigna" della democrazia. In conclusione: qual è "il problema" messo in luce dall'esperienza di Casalino? Avrei piacere che qualcuno mi rispondesse in raffronto con le opinioni che ho espresso. Grazie. Elisabetta Volli ------------------------------------------------------------------------------- From: Vittorio BERTOLINI Date: Tue Jan 14, 2003 3:57pm Subject: democrazia & esperimenti Gli ultimi interventi pervenuti al forum su "democrazia & esperimenti", affrontano, seppure in modo diverso, esplicitamente il nodo della democrazia partecipativa quando si affrontano problemi in cui la competenza tecnico-scientifica assume un ruolo rilevante. Come afferma Lanfranchi, dovremmo imparare, come opinione pubblica, a ragionare non sulle "impressioni" ma in termini di lungo periodo nella consapevolezza che ogni conoscenza può essere sempre rivedibile. La Volli, a sua volta, accentua il tema dell'esplicitazione delle procedure di decisione. La Di Costanzo ritorna sul problema dei "focus group" riportando l'esempio promosso da James Fishkin dell'Università del Texas. Altre osservazioni e contributi sono molto graditi. Vittorio Bertolini (conduttore del Forum) ------------------------------------------------------------------------------- From: Luigi FOSCHINI Date: Sat Jan 18, 2003 0:47pm Subject: Commento su intervento di E. Volli Ho letto l'intervento di Elisabetta e mi sembra molto sensato. Mi sembra che il punto chiave sia: > Nulla di nuovo sotto il sole: c'è sempre qualcuno che decide "sopra" di > noi, che conosce meglio di noi i "perché" e i "percome". Il problema, > voglio dire, non sta negli strumenti di democrazia, che sono più che > collaudati, quanto nelle persone verso le quali riponiamo la nostra > fiducia. Non vedo malattie nella democrazia, ma eventualmente immaturita' e ignoranza delle persone nell'usare cio' che la legge mette loro a disposizione. Se la gente inizia a prendere coscienza di questo e a pretendere che la delega venga rispettata, mi sembra un segnale positivo di maturita'. L'unica cosa che mi preoccupa e' che in questa fase di passaggio ci possano essere derive verso l'autoritarismo, nel pensare cioe' che una persona autoritaria possa risolvere il problema. Sarebbe il primo passo verso la dittatura. Per il resto non penso che la "competenza" vada inserita tra le doti del politico, come ho gia' espresso in altre occasioni. Ciao, Luigi -- Dr. Luigi Foschini IASF-CNR - Sezione di Bologna (Italy) Tel. +39 051 6398679 - Fax +39 051 6398724 Email: foschini@b... URL: http://www.bo.iasf.cnr.it/~foschini/ INTEGRAL Science Data Centre - Versoix (Switzerland) Tel.: +41 22 9509143 Email: Luigi.Foschini@i... = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = You have no responsibility to live up to what other people think you ought to accomplish. I have no responsibility to be like they expect me to be. It's their mistake, not my failing. (Richard Feynman) = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = * = ------------------------------------------------------------------------------- From: Giacomo CORREALE Date: Sun Jan 19, 2003 8:54pm Subject: DEMOCRAZIA E COMPETENZA Vorrei fare qualche considerazione sull'intervento di Elisabetta Volli a proposito della vicenda del riso transgenico di Casalino. Non credo che la partecipazione democratica alle decisioni, rispetto alla quale Volli dichiara "un certo estraniamento", si manifesti solo nella partecipazione diretta o assembleare alle decisioni. Ci mancherebbe altro! La polis greca non c'è più. Si partecipa anche delegando, anzi, normalmente è così. Non sono d'accordo che l'unico criterio, e neanche il criterio principale, della delega sia la competenza. La competenza è una condizione necessaria per esercitare il potere di prendere le decisioni, ma non sufficiente. Non mi farò mai operare dal più illustre chirurgo solo sulla base della sua competenza, magari per sentito dire. Prima voglio essere sicuro che riscuota la mia fiducia. Diffido sempre degli specialisti e della professionalità. In questo periodo si discute molto del vecchio problema della mancanza di una classe dirigente nel nostro Paese. Sicuramente c'è una carenza di competenze, ma soprattutto c'è una carenza di responsabilità, di affidabilità, di credibilità, di consapevolezza del ruolo. Non basta ricoprire alte cariche pubbliche e private, o essere grandi professionisti (gli esempi sono purtroppo all'ordine del giorno!) per poter essere considerati classe dirigente. E' un gioco complesso, che parte dalla Costituzione dove si dice che "la sovranità appartiene al popolo" per arrivare a tutti gli aspetti formali, basati ampiamente sulla delega, con cui si cerca di far funzionare una democrazia moderna. Un gioco senza fine trarappresentati e rappresentanti. Sono d'accordo con Volli che il problema non sta negli strumenti della democrazia, che però non si finisce mai di collaudare. Cioè sta anche in essi, ma soprattutto nel come gli uomini li fanno funzionare (ricordiamoci che tuttora il Regno Unito non ha una costituzione). Giacomo Correale ------------------------------------------------------------------------------- From: Domenico LANFRANCHI Date: Mon Jan 20, 2003 11:39am Subject: Commento a intervento di Elisabetta Volli L'intervento di Elisabetta Volli mi sembra ampiamente condivisibile. Si potrebbe forse aggiungere qualcosa relativamente ai pericoli del dispotismo plebiscitario e di quelle libertà (tra cui quella di ricerca scientifica) che, in democrazia, non sono in disponibilità delle maggioranze, ma ho paura che questo finisca per portarci lontano dal tema originario. Purtroppo, nel nostro paese c'è ancora chi pensa che basti una decisione plebiscitaria per impedire l'esercizio di diritti elementari (poco importa che si tratti della libertà di culto o di quella di ricerca) e che anche questo si possa chiamare democrazia. Prof. Domenico Lanfranchi ------------------------------------------------------------------------------- From: Elisabetta VOLLI Date: Sun Jan 26, 2003 9:56 am Subject: Buona domenica a chi legge. Ho letto gli ultimi interventi a questo forum e vorrei rispondere. Luigi Foschini mi ha interpretata bene. Sulla competenza del politico non siamo della stessa opinione. Giacomo Correale dice che non pensa che: | la partecipazione democratica alle decisioni, | rispetto alla quale Volli dichiara "un certo | estraniamento", si manifesti solo nella | partecipazione diretta o assembleare alle | decisioni. Ci mancherebbe altro! La polis greca | non c'è più. Si partecipa anche delegando, anzi, | normalmente è così. Io vorrei precisare che le invocazioni alla partecipazione democratica alle decisioni mi lasciano interdetta proprio perché le avverto come estranee al mio modo di concepire la delega al politico. Mi sembrava di aver chiarito in quali termini non le condivido: esistono aree in cui l'unico criterio valido di partecipazione democratica alle decisioni dovrebbe essere, per motivi di competenza, appunto - e soltanto - quello della delega. Quindi ho l'impressione che, fino a qui, io e Correale abbiamo la stessa opinione. Correale aggiunge che non pensa che l'unico criterio, e neanche il criterio principale, della delega sia la competenza. Io considero la competenza come un criterio primario per legittimare le decisioni di un politico. Non penso che sia l'unico criterio. Proprio per questo motivo ho detto che è necessaria una prassi politica più responsabile. Competenza e responsabilità. A conti fatti, mi sembra che se abbiamo opinioni diverse la linea di divergenza sia piuttosto labile. Domenico Lanfranchi afferma che la pensa come me e, anzi, rafforza le mie considerazioni. Non ho nulla da aggiungere, a parte qualcosa che avevo già intenzione di dire e che forse può aiutare a meglio chiarire la mia posizione. Non sono gli strumenti che servono, ma le persone responsabili. Serve una prassi politica più responsabile e votata al rispetto. I politici devono essere maggiormente consapevoli delle questioni sostanziali su cui intervengono proceduralmente. Per esempio credo che il professor Veronesi nell'istituire la Commissione Dulbecco abbia svolto un ottimo servizio in questo senso. Ritengo che sia stato un ottimo politico perché ha usato in modo responsabile le prassi e le sue attribuzioni di ministro. Bisognerebbe che i cittadini potessero avere più fiducia nei meccanismi procedurali. Elisabetta Volli ------------------------------------------------------------------------------- QUESTO FORUM E' STATO CHIUSO IL 27 GENNAIO 2003 SEGUONO GLI INTERVENTI RICEVUTI DOPO LA CHIUSURA DEL FORUM ------------------------------------------------------------------------------- Data: 30 gennaio 2003 Da: Giuseppe O. LONGO Oggetto: Contributo al Forum della Fondazione Bassetti "Scienza e Democrazia" L'aspetto illuministico della scienza acquista sempre più spesso venature messianiche: pretendendo una fede indiscussa nelle sue premesse e promesse, la scienza tende a rinunciare anche alla sua funzione pedagogica, discutibile ma utile, nei confronti del pubblico. I profani, come diceva Orazio, vanno tenuti alla larga: anche perché, se li si informa, non c'è garanzia che essi diano credito alle perentorie asserzioni degli iniziati. Le dimostrazioni della scienza, quando si calano nella complessità del reale, perdono il loro carattere cogente e univoco, si prestano a interpretazioni, a scismi, ad apostasie. Coinvolgere i cittadini, sui quali tutti alla fin fine ricadono le conseguenze delle scelte, ricorrere alla democrazia diretta o almeno rappresentativa è atto rischioso ma non demagogico e non è neppure l'aggiunta di un tassello in più al mosaico delle opinioni: il parere dei non specialisti non si pone allo stesso livello del parere degli esperti e delle associazioni. Se i cittadini vengono informati, il loro parere è quello che dà senso ai risultati delle valutazioni: perché allora, nel quadro del principio di precauzione, la Commissione europea non fa riferimento alcuno al dibattito pubblico? Forse, di fronte al potere e all'autorità degli scienziati che tendono a imporre il loro punto di vista, l'unico antidoto contro il pensiero unico e le decisioni unilaterali è proprio il rafforzamento dei canali di informazione e delle consultazioni di tipo democratico. Il pubblico è composto da esseri umani dotati di buon senso e di intuizione: gli esperti (non solo tecnici in senso stretto) dovrebbero assumersi il ruolo di mediatori tra la scienza e i cittadini, fornendo loro gli elementi su cui esercitare responsabilmente queste doti. Sarebbe, questo sì, un procedimento davvero scientifico, perché consentirebbe di tenere in considerazione una quantità di dati e di fatti (la percezione dei rischi, l'orientamento culturale del pubblico, le componenti irrazionali, gli aspetti simbolici, la sensibilità e gli interessi comuni delle persone e altro ancora) che l'impostazione astratta che oggi passa per scientifica trascura (già la scelta dei fatti da considerare tali è ideologica, quindi non scientifica e già da tempo sappiamo che non esistono fatti, ma solo fatti interpretati, inseriti in un contesto e perciò carichi di valori: quindi le scelte politiche basate sui fatti scientifici sono comunque scelte ideologiche, non si scappa). Così si potrebbe forse rimediare alla dissimmetria d'informazioni tra gli specialisti (gli scienziati, i politici, le imprese) e la società civile, dissimmetria sempre più accentuata e causa certa di una polarizzazione antidemocratica e autoritaria. [Ndr: Giuseppe O. Longo è docente di Teoria dell'Informazione all'Università di Trieste] -------------------------------------------------------------------------------
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