Riferimenti "Progresso
e responsabilità: il passaggio dalla scienza alla tecnologia" (Seminario di
Giuseppe O. Longo e Forum), a pagina
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Fra i temi nel seminario "Progresso e responsabilità: il passaggio dalla scienza alla tecnologia", ha avuto un certo risalto quello concernente la percezione del rischio e il calcolo delle probabilità.
Larticolo di Matteo Motterlini, "Probabilità quotidiane. Le rappresentazioni statistiche sono quasi sempre controintuitive e ingannevoli, ma c'è un modo per renderle chiare e familiari" (Il Sole 24 Ore, 2 febbraio) può rappresentare, seppure in modo succinto, un contributo indiretto per fare più chiarezza in una materia dove il calcolo numerico e la filosofia si intrecciano alla psicologia e alle scienze cognitive.
«L'analfabetismo statistico dipende dal modo in cui ci rappresentiamo mentalmente il rischio. Nel corso della sua evoluzione la mente umana non avrebbe imparato a ragionare sul rischio in termini di probabilità o percentuali, ma in termini di frequenze naturali».
A ulteriore riprova che le tematiche che hanno fatto da filo conduttore per i vari interventi, più che allaccademia si rifanno ai problemi della contemporaneità, qui di seguito si sono raccolti alcuni articoli apparsi sulla stampa quotidiana nellultimo periodo.
Massimo Piattelli Palmerini in "Guasto al millepiedi" (Il Corriere della sera, 3 febbraio) scrive, a proposito della tragedia dello Shuttle e in riferimento alla fallibilità dei più sofisticati sistemi tecnologici:
«La super-precisione è un millepiedi, e tutte le zampe devono muoversi insieme. La fiammata che ha tragicamente consumato lo Shuttle in pochi secondi dovrebbe rendere più cauta la nostra fiducia nellinfallibilità della tecnologia. Può sempre esserci una zampina che non si muove allunisono con le altre».
Sullinfluenza degli interessi economici sulla ricerca leggiamo in Carlo Dignola "«Le multinazionali spingono la clonazione»" (Avvenire, 31 gennaio):
«Angelo Vescovi, ricercatore del San Raffaele, sbotta: "Come laico sono preoccupato di questa situazione. Sulla clonazione si sta facendo della disinformazione. Alcune lobbies, che rappresentano grandi interessi finanziari, cercano di comunicare all'opinione pubblica un senso di urgenza, mostrando patologie terribili, che spaventano"».
Sullo stesso tema in Pierre Bourdeau "Ma la critica non deve inquinare il lavoro di laboratorio" (Corriere della Sera, 6 febbraio) leggiamo:
«Tutto fa pensare che le pressioni delleconomia vadano facendosi ogni giorno più forti, soprattutto in quegli ambiti in cui i prodotti della ricerca sono altamente redditizi, come la medicina, la biotecnologia e, più generalmente, la genetica - senza parlare della ricerca militare. Per questo molti ricercatori o gruppi di ricerca cadono sotto il controllo delle grandi società industriali, attente ad acquisire, attraverso i brevetti, il monopolio di prodotti ad alto rendimento commerciale. Per questo, ancora, la frontiera da gran tempo incerta, tra la ricerca di base, condotta nei laboratori universitari, e la ricerca applicata tende a poco a poco a sfumare».
Sul timore indotto da un progresso tecnico-scientifico, che a volte sembra incontrollabile, interviene Alberto Oliverio, "E ora l'uomo teme il proprio potere" (Il Messaggero, 30 gennaio):
«Dal mito di Prometeo allingegneria genetica. Dallambizione di controllare la natura alla possibilità di creare la vita, ridurre la sofferenza e le malattie. Ma il sogno sta diventando un incubo?».
Nellarticolo di Corrado Ocone "Ipotesi Matrix" (Il Mattino, 10 febbraio) il filosofo della scienza Giulio Giorello, di fronte allinquietante scenario che la rivoluzione informatica si leghi alle biotecnologie, risponde:
«Qui cè un altro problema in gioco, secondo me, concernente il rapporto delluomo con le scienze. Bisogna evitare i catastrofismi alla Paul Virilio, un altro autore da me pubblicato. Non bisogna essere né catastrofisti, né integrati; né ottimisti, né pessimisti. Le possibilità messe in campo dalle scienze concernono le forme, non la sostanza: alla base delle perversioni della tecnica, ad esempio la creazione della bomba atomica, ci sono perversioni umane, molto umane».
Andrea Sermonti nellarticolo "Scienza, la teoria è finita" (Avvenire, 21 gennaio), pone la questione del gap fra laumento della conoscenza dei dati sperimentali e la difficoltà della scienza a inquadrarli in un modello teorico coerente:
«Il genoma (Dna) umano contiene tre miliardi e mezzo di bit (paia di nucleotidi), il che vuol dire le lettere di venti serie complete della Treccani, sulla punta di un ago.
(...) Da quando la bioinformatica ha cominciato la sua grandiosa cascata, lo sviluppo delle grandi teorie ha preso a languire.
(...) Secondo Karl Popper le teorie servono a prevedere, ad anticipare i dati ancora sconosciuti, e possono essere smentite (e messe da parte) quando nasce una teoria che migliora o semplifica le previsioni. Ma quando i dati diventano diluvio non serve anticiparli, sono tutti subito lì».
Nellarticolo "Lorizzonte post-human" (Il Giornale, 4 febbraio), di fronte alla prospettiva di un pianeta popolato di ibridi, pluritrapiantati e intelligenze, Alessandra Iadicicco raccoglie le opinioni di diversi filosofi:da Bodei a Giorello per passare attraverso Habermas, Boncinelli e Marchesini e finire con Maffettone e Fukuyama:
«Che abbia o meno trovato una realizzazione, la facoltà di dar vita, partendo da un individuo - singolo, mortale e fatalmente consegnato alla sua sorte a un secondo individuo (...) è poi un'idea che, collocata sol confine tra scienza, finzione e il fanatico credo degli adepti di una setta, può esercitare un'attrazione pari solo allo sdegno generato dalla contravvenzione di evidenti divieti: etici, giuridici, religiosi, politici, scientifici».
(28 febbraio 2003)
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[*]Vittorio Bertolini (Scheda biografica) collabora con
la Fondazione Giannino Bassetti
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