"L'imprevisto" |
Perché questo Percorso
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Da E. Siniscalchi, "La maledizione del faraone", Diario, 14 dicembre 2001 (articolo segnalato al Forum da Domenico Lanfranchi):
«La dottoressa Marina Miraglia si occupa di micotossine per lIstituto superiore di Sanità e ci aiuta a capire quanto siano pericolose: "È da almeno ventanni che cè evidenza di pericolo per luomo. Attualmente le micotossine più pericolose che abbiamo scoperto sono alcune decine e per altre sono in corso degli studi. Bisogna però fare attenzione a distinguere tra pericolo e rischio. Il primo è la capacità intrinseca di alcune sostanze di creare danno una volta entrate in contatto con luomo, il rischio è la possibilità che questo contatto si abbia. Per esempio, i cianuri comportano un pericolo molto grande ma un rischio quasi nullo".»
Links: |
Ulrich Beck
Marcello Cini |
Ulrich Beck, " 'Mucca pazza' e la società del rischio
globale ", Iride,
agosto 2001, n. 33
Marcello Cini, "Vite a rischio
nell'era dei brevetti", Il Manifesto, 28 agosto 2001
Ulrich Beck, "Nous avons besoin d'une culture de
l'incertitude",
Le Monde, 20 novembre 2001 (traduzione
in Italiano)
[26 marzo 2002] Va segnalato l'articolo di Ugo Volli,
"Scienziati o politici, chi deve
governare?",
Avvenire, 17 aprile 2001.
«E però certamente la sfera della politica consiste in decisioni
da prendere, intorno a cui non vi è certezza. Anzi, il regime dell'incertezza
e del rischio (su cui abbiamo già parlato) costituisce il terreno
proprio della politica.»
[15 maggio 2002] Federico Chicchi, Derive sociali. Precarizzazione del
lavoro, crisi del legame sociale ed egemonia culturale del rischio, Franco Angeli, 2001
(una segnalazione bibliografica di Corrado Del Bò [ * ]: «Di taglio sociologico, utilizza, in maniera a mio modo di
vedere convincente, la categoria del rischio per descrivere la situazione di insicurezza
sociale diffusa in relazione alla precarizzazione del lavoro.»)
Introduzione
Non c'è stato certamente bisogno della tragedia delle Twin Towers per comprendere che la
percezione del rischio e dell'insicurezza pervade gran parte della nostra società.
Viviamo ormai nella "societa' del rischio" (il testo già classico di Ulrich
Beck con questo titolo risale alla metà degli anni '80).
Improvvisamente si è avuta la sensazione che attività del tutto naturali, quali
lalimentazione quotidiana, possono mutarsi in "eventi avversi" e che
quello stesso progresso tecnico scientifico che ha consentito di affrancare luomo
dai bisogni primari può trasformarsi in un pericolo per la nostra sicurezza. (...) [continua]
Daniela MAINARDI (14 novembre 2001) «Chiedete un'opinione sull'influenza dei massmedia sulla percezione del rischio. Non vi sembra una domanda dall'esito scontato? Non credo di sbagliarmi molto a dire che il rischio viene percepito solo se viene evidenziato dai massmedia.» |
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Vittorio
BERTOLINI (14 novembre 2001) Non tutto ciò che è ovvio è scontato «Quello che attraverso la domanda, il cui esito per te è scontato, ci si proponeva di conoscere non è tanto se stampa, radio, tv ecc. fanno informazione o disinformazione (implicitamente, quando chiami in causa la respondabilità degli operatori presupponi, come me, che ci sia anche disinfornazione), ma fino a che punto questa consapevolezza (della disinformazione) sia presente nel grande pubblico.» |
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Federico NERESINI (19 novembre 2001) «Siamo condannati a dover scegliere fra la rinuncia all'agire responsabile -di fatto non praticabile a causa dell'impossibilità di prevederne le conseguenze oppure non alimentato da una consapevolezza sufficientemente ampia e accorta- e la rinuncia allo sviluppo del sapere tecnoscientifico in ragione dell'imprevedibilità dei rischi ad esso collegati, come sembra logicamente conseguire da un'applicazione estensiva, quanto controversa, del "principio di precauzione"?» |
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Vittorio
BERTOLINI (19 novembre 2001) Quale etica è praticabile? «Riguardo al nesso esistente tra l'"incertezza" e l'"imprevedibilità, Neresini, partendo da un articolo di Umberto Galimberti ("Un terremoto che ci riguarda", La Repubblica del 18 novembre 2000) sulla imprevedibilità dellapplicazione dei saperi tecnico e scientifico, ritiene impraticabile sia letica dellintenzione sia letica della responsabilità.» |
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Luigi FOSCHINI (25 novembre 2001) «I fattori psicologici, quindi personali, sono determinanti in questo
genere di cose: scienza e conoscenza hanno un impatto non determinante. |
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Marlene
DI COSTANZO (3 dicembre 2001) Come il rischio viene inteso: il ruolo della dialettica «Non c'è nessuno (escluso Antinori) che non dica che la clonazione sia
un rischio. Però... mentre molti scienziati si oppongono alla clonazione per timore delle
conseguenze sulla salute dell'individuo clonato, molti altri invece paventano il rischio
che il clonato si troverebbe in uno stato di dissociazione della propria identità
personale, altri ancora nella clonazione vedono il rischio di una società di replicanti
dove la massificazione viene portata alle estreme conseguenze. |
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Domenico LANFRANCHI (10 dicembre 2001) «Viviamo in una società del rischio? |
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Corrado
DEL BO' (10 dicembre 2001) Rischio calcolato [Ndr: Risponde a Lanfranchi] |
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Vittorio BERTOLINI (10 dicembre 2001) «Pur condividendo tutto, anche i dubbi di Del Bò, il problema della
governance del rischio è come si riesce a convincere un talebano a concedere che una
donna afghana possa andare in giro senza il burqua. Il "rischio calcolato", ma
anche l'imprevedibità di cui parla Neresini, o i diversi tipi di rischio di cui parla la
Di Costanzo, esistono solo all'interno di un sistema di credenze. |
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Domenico
LANFRANCHI (10 dicembre 2001) Ragionevolezza del rischio e vigile fiducia nei confronti degli scienziati [Ndr: Risponde a Del Bò] |
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Luigi FOSCHINI (10 dicembre 2001) «Sono in linea di massima in accordo con quanto espresso fino a ora, ma vorrei fare qualche aggiunta al dibattito in corso, riprendendo una considerazione fatta nel mio primo intervento [ndr: 25 nov. 2001: v. sopra], cioè: "è importante che la gente sia convinta di poter controllare gli eventi, non tanto che sia effettivamente in grado di farlo". Il succo della questione è che la moneta che paga l'inconscio non sempre è visibile, ma occorre tenerne conto nel bilancio del "calcolo del rischio". Non so se il termine che uso io per inconscio è ciò che Bertolini intende quando parla di un "proprio sistema di credenze". Per quanto mi riguarda, vorrei dire che ciò che interviene quando una persona valuta il rischio non è sempre visibile, a volte anche alla persona stessa.» |
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Domenico
LANFRANCHI (9 gennaio 2002) Il raccordo tra responsabilità e percezione del rischio «L'articolo comparso su Diario del 14/12 mi sembra interessante e si presta ad una considerazione di carattere generale: il rischio micotossine esiste da sempre, ma è noto solo da pochi decenni; solo da quando lo si conosce si può parlare di responsabilità in relazione ad esso: l'avanzamento delle conoscenze porta ad un allargamento delle responsabilità.» |
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Vittorio BERTOLINI (9 gennaio 2002) [Ndr: prende spunto dai sondaggi sulla clonazione] |
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Marlene
DI COSTANZO (9 gennaio 2002) I fattori soggettivi e la funzione del dialogo «Quando
nel dialogo si inseriscono elementi ideologici, nemmeno l'evidenza empirica è
sufficiente. (...) |
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Bruna DE MARCHI (18 gennaio 2002) «Questo forum è una testimonianza che finalmente anche in Italia si
parla diffusamente di "rischio" inteso come problematica socio-politica e non
solamente come questione tecnica. |
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Vittorio
BERTOLINI (20 gennaio 2002) La gestione del rischio non può che avere una valenza politica, innanzitutto come recupero della responsabilità L'irresponsabilità
organizzata: «Beck nell'articolo, scritto per Le Monde, "Nous avons besoin dune culture de lincertitude",
sostiene che "Les décideurs politiques affirment qu'ils ne sont pas
responsables: au mieux, ils "régulent le développement". Les experts
scientifiques disent créer de nouvelles opportunités technologiques, mais ne pas decider
de la manière dont elles sont utilisées. Les chefs d'entreprise expliquent qu'ils
répondent à la demande du consommateur. C'est ce que j'appelle l''irresponsabilité
organisée'"». |
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Marlene DI COSTANZO (26 gennaio 2002) «Sulle pagine del domenicale de Il Sole 24 di questa settimana
(20/1/20001) vi è la recensione di due testi, di cui uno dellIstituto superiore
della sanità, [www.iss.it/scientifica/pubblica/ |
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[23 aprile] Ultimi interventi inseriti: |
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Giacomo
CORREALE (7 febbraio 2002) Il piano inclinato dell'eugenetica «Habermas, pur non essendo affatto contro gli impieghi terapeutici, parla di piano inclinato del rischio "dell'assuefazione ad un approccio di tipo strumentale alle cellule staminali embrionali"» |
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Marlene DI COSTANZO (25 febbraio 2002) «Nel saggio introduttivo al forum sul rischio, Beck imputava, nel caso del morbo della mucca pazza, all'impotenza dei poteri pubblici la percezione del rischio che suscita le apprensioni dell'opinione pubblica. Ora la sentenza sulla Radio Vaticana non può far altro che far crescere l'allarmismo, infatti implicitamente si viene ad affermare che un rischio c'è ma non ci si può far niente.» |
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Anna
Rita FEDERICI (26 febbraio 2002) La responsabilità appartiene a chi se la assume «... discutere sulle responsabilità non è ancora rendere responsabile chi in un modo o nell'altro ci governa, governa le abitudini, le prospettive, le speranze; la responsabilità appartiene a chi, introducendo innovazioni, se la assume, o, più spesso, non se la assume, e non a chi la definisce o tenta di definirla» |
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Vittorio BERTOLINI (26 marzo 2002) «... mentre per le strutture amministrative letica di riferimento è quella delle convinzioni (cioè, nel caso specifico, leggi e regolamenti) per il politico è quella delle responsabilità. Lamministrazione non può che riferirsi alla regole codificate, il politico invece deve legiferare avendo ben presente le conseguenze delle sue decisioni.» |
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