Perché questo Percorso
Un caso concreto, tratto dalla cronaca recente, di quanto detto nel Percorso "Una questione di... convenienza": la Ford ha abbandonato la Global Climate Coalition (un'organizzazione finanziata dalle case petrolifere che ha sostenuto per anni che il riscaldamento globale è una fantasia che non ha base scientifica) inducendo, per ragioni di concorrenza, sia la General Motors, sia la DaimlerChrysler, a fare altrettanto. Una scelta di convenienza o una scelta di responsabilità? O tutt'e due? Poco importa: si tratta di un esempio di come un'impresa vincente possa imprimere un "circolo virtuoso", in questo caso a favore dell'ambiente.
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La Ford ha abbandonato la Global Climate Coalition (un'organizzazione finanziata dalle case petrolifere che ha sostenuto per anni che il riscaldamento globale è una fantasia che non ha base scientifica), inducendo sia la General Motors, sia la Daimler Chrysler, a fare altrettanto. William Clay Ford Jr. ha fatto con ciò una scelta a favore dell'ambiente che si è rivelata una decisione di tipo concorrenziale.
Questo è quanto descritto nell'articolo dell'Espresso qui oltre riportato e sembra attagliarsi alla figura di un tipo di impresa che tenga conto delle cosiddette "esternalità negative" (gli effetti indesiderabili che non entrano a far parte delle variabili ricomprese nell'equazione costi-benefici). L'attinenza con i contenuti del Percorso "Una questione di... convenienza" è evidente.
Riferimenti |
"Com'è
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Brani tratti dall'articolo
«Lo ha sostenuto per anni, William Clay Ford Jr. Ha continuato a ripeterlo a quei pochi che gli hanno dato fiducia sin dagli inizi, quando si presentava a tutti come un anonimo Mr. William Clay, e ai tanti che hanno salutato la sua ascesa ai vertici dell'azienda di famiglia scettici e increduli: è possibile essere un gigantesco produttore di autoveicoli e, allo stesso tempo, comportarsi come un amante della natura e come un buon cittadino.
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Nessuno si aspettava che il presidente della Ford avrebbe offerto a 600 e più azionisti, raccolti ad Atlanta l'11 maggio per l'assemblea annuale, una cartelletta contenente un rapporto in cui si ammetteva esplicitamente che i Suv (Sport Utility Vehicles), le lussuose jeep che assieme con vans e pick-up costituiscono ormai la metà dei veicoli immatricolati negli Usa, rappresentano una seria minaccia per l'ambiente. E, a causa della loro dimensione, anche per chi guida vetture tradizionali.
Considerato che alcuni Suv generano per la Ford profitti nell'ordine dei 15, 18 mila dollari per unità contro i mille di una Focus, alcuni analisti di Wall Street si sono chiesti se il giovane Ford (ha 43 anni) non avesse per caso deciso di intraprendere una missione suicida. Come se non bastasse, sono venute pure le lodi di Daniel Becker, responsabile del progetto Riscaldamento Globale per il Sierra Club, il più grande gruppo ambientalista del mondo.
Una settimana dopo, la seconda azienda automobilistica del mondo è passata dalle parole ai fatti (...)
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La Ford è una delle aziende più aggressive nella ricerca di fonti alternative ed è molto avanti nelle pile combustibili che convertono l'idrogeno liquido in elettricità. Invece di sfidare i regolamenti governativi, ha volontariamente deciso di produrre Suv con emissioni inferiori del 43 per cento rispetto al minimo richiesto per legge. La Ford è anche stata la prima azienda automobilistica Usa ad abbandonare la Global Climate Coalition, un'organizzazione finanziata dalle case petrolifere che ha sostenuto per anni che il riscaldamento globale è una fantasia che non ha base scientifica. Gli arcirivali della General Motors e della DaimlerChrysler, riluttanti, si sono visti costretti a compiere lo stesso passo.
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Per fermare il pericolo William Clay, molti hanno riposto le loro speranze nell'amministratore delegato [che, invece,] si è schierato con Ford, sostenendo che l'attenzione all'ambiente è un «vantaggio competitivo» che aiuterà la crescita della società.
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Dopo un anno e mezzo, la presidenza di William Clay Ford Jr. non ha portato alla rovina. Anzi. E adesso c'è chi si domanda se non andrebbe invece visto come nuovo tipo di manager per la vecchia economia.»
E' evidente che una scelta come quella di Ford non prescinde da un calcolo di convenienza (l'industria paga chi la ripaga). Ma la risposta potrebbe essere: "benissimo: meglio così, no?". Il punto da mettere in luce è infatti che questo esempio varrebbe proprio a mostrare che il prestare maggior attenzione alle esternalità negative può essere gestito come un comportamento economicamente vantaggioso, come una decisione di tipo concorrenziale, un vantaggio competitivo. Ciò a dimostrazione del fatto che successo imprenditoriale e attenzione ai principii di sviluppo sostenibile non si escluderebbero a vicenda, anzi. Importa davvero che William Clay Ford Jr. creda davvero in quello che dice quando si presenta come "amante della natura" e "buon cittadino"? Importa davvero che il suo comportamento sia in realtà dovuto a più prosastici motivi, consistenti nel promuovere il colossale business dell'automobile ad idrogeno? Attenendoci ai fatti e cercando di prescindere da convinzioni valoriali, possiamo sostenere che è possibile giudicare un comportamento come responsabile, o meno, a prescindere da una posizione morale?
In conclusione, questo di Ford può essere uno spunto esemplificativo di come un'impresa vincente possa innescare un vero e proprio "circolo virtuoso", in questo caso a favore dell'ambiente, perché induce le altre concorrenti a comportarsi in modo simile.