Domenico Lanfranchi
(right-sfondochiaro.gif (838 byte) Scheda biografica)

Commento a un brano di "Quale impresa per la sfida evoluzionista?"

(Dicembre 2001)


 References 

«(...) Sembra quasi che approfittando della globalizzazione, il capitalismo e la democrazia moderna abbiano organizzato un sistema che, sui grandi temi di "dove va il mondo", riesce a de-responsabilizzare, insieme, tanto il consumatore quanto l'imprenditore, quanto il governante.
Il che si spiega, del resto, se si considera che su questo c'è stata spesso una oggettiva convergenza di interessi tanto da parte dei politici "puri", che vedono così teoricamente ripristinato l'antico privilegio del primato della politica, alla quale sola toccherebbe l'esercizio della governance, quanto da parte di molti intellettuali: questi ultimi per una ragione solo apparentemente più sottile, connessa al timore di compromissioni tra scienza e potere economico. Per qualcuno di questi, infatti, qualunque avvicinamento del potere economico al dispiegarsi della ricerca scientifica si presenta minaccioso di un altro primato: quello delle idee sugli interessi. La tecnica, heideggerianamente intesa, fa infatti troppa paura se saldata al potere del capitale. Se si deve discutere di essa - si insinua - lo si faccia nell'istituzione politica lasciando perciò rigorosamente fuori l'impresa: una realtà da intendere come istituzione ancillare dell'economia e mai come possibile soggetto politico in sè. (...)»
(Piero Bassetti, "Quale impresa per la sfida evoluzionista"scritto.gif (934 byte))

Chi abbia finora effettuato le scelte fondamentali sui grandi temi di "dove va il mondo" non è affatto chiaro: probabilmente si devono ad un intreccio più o meno casuale fra gli interessi politici, economici e finanziari delle aree economicamente più forti del pianeta con le idee dominanti tra i consumatori delle stesse aree. Tale intreccio presenta probabilmente caratteristiche abbastanza costanti di interazione tra i vari fattori da poter essere chiamato "sistema" in senso proprio, ma siamo ben lontani dall'aver chiarito le dinamiche reali di tali interazioni. In paesi come gli U.S.A. il rapporto fra interessi economico-finanziari e politica, anche grazie all'istituto delle lobbies, si è spesso strutturato in modo da far pensare ad un asservimento della seconda ai primi, o addirittura all'esistenza di una sorta di complesso finanziario-industrial-militare che decida le sorti del mondo. Lasciamo l'ipotesi al lavoro di romanzieri e soggettisti cinematografici, anche se spesso è forte il sospetto che essa sia vicina alla realtà.

Nonostante il gran parlare che si fa di globalizzazione, di complessità, di approccio sistemico ai problemi e così via, nella prassi trionfa l'approccio settoriale, per di più in un 'ottica di breve termine. Così ognuno si occupa del settore di sua stretta pertinenza, nessuno di dove va il sistema nel suo complesso, fiducioso chi in qualche provvidenziale mano invisibile, chi in qualche più o meno occulta tendenza autoconservativa del sistema o forse chissà nella ragione hegeliana. Purtroppo, come è stato più volte rilevato e come ricorda anche P. Bassetti, il sistema abbandonato a se stesso tende all'autodistruzione.

L'11 settembre la distruzione sembra iniziare in diretta televisiva: colpisce la sproporzione enorme tra la potenza dei mezzi tecnici d'informazione che consentono a mezzo mondo di vedere in tempo reale quanto sta accadendo e la mancanza di mezzi per salvare le migliaia di persone intrappolate nelle torri. Qualche giorno dopo sapremo che è bastato un manipolo di persone decise a tutto, armate di strumenti decisamente "pretecnologici" (banali temperini), per trasformare quattro aerei in bombe micidiali e colpire i simboli del potere economico e militare dell'unica superpotenza rimasta. Emerge così la grande vulnerabilità delle nostre società tecnologicamente avanzate, che, per ridurre quanto più possibile tempi e costi, si sono trasformate in giganti dai piedi d'argilla. Se l'obiettivo è ridurre i costi non si fa molta differenza fra il togliere un'oliva ad ogni insalata servita a bordo degli aerei (100.000 $ risparmiati dall'American Airlines nell'anno 2000!) e ridurre le spese per la sicurezza aeroportuale ("Gli aeroporti sono l'unico posto in America in cui la sicurezza è delegata a società private, le quali pagano stipendi peggiori di quelli dei fast food. Questo significa mancanza di professionalità e un turnover del personale dei controlli che in alcuni aeroporti raggiunge il 400% all'anno", così l'ex direttore della Federal Aviation Administration, sul Corriere della Sera del 13/09/01).

Nell'omonimo dialogo platonico Protagora narrando il mito di Prometeo, che ha donato all'uomo la perizia tecnica ed il fuoco, osserva che senza la virtù politica gli uomini non riescono a salvarsi: "Cercarono allora di unirsi e di salvarsi costruendo città; ogni volta che stavano insieme, però, commettevano ingiustizie gli uni contro gli altri, non conoscendo ancora la politica; perciò, disperdendosi di nuovo, morivano." Nel mito il problema viene risolto da Zeus che fa distribuire a tutti gli uomini in egual misura rispetto e giustizia, fondamenti dell'ordine e della convivenza nelle città.

Il mito protagoreo rimane tuttora di grande attualità: a poco serve la tecnica se non è accompagnata e sorretta da adeguate strutture e competenze politiche. A fronte di un progresso tecnico scientifico che procede ad un ritmo sempre più incalzante, usiamo ancora forme e strutture politiche sostanzialmente vecchie di due secoli. Del resto i tentativi di innovazione effettuati nel XX secolo hanno dato luogo a regimi totalitari dall'esito catastrofico. La tragedia dei totalitarismi ci ha fatto acquisire un punto fermo: la democrazia è un'istanza irrinunciabile, tenendo presente che senza il rispetto dei diritti fondamentali di ciascuno non abbiamo più democrazia, ma dispotismo della maggioranza, come ci ricordava Tocqueville. Di questo in occidente sono ormai convinti anche i nostalgici dei defunti regimi, restano però aperti alcuni grandi problemi che esigono risposte urgenti: in primo luogo come si possa estendere la democrazia a livello mondiale, in secondo luogo in quali modi la si possa garantire a fronte delle altre istanze autonome (mercato e burocrazia) che cooperano alla governance del mondo.

Il primo problema è stato troppo spesso trascurato: a parte qualche periodica campagna strumentale sui diritti umani, ci si è sempre attenuti al principio di non interferire negli affari interni dei singoli stati; in un sistema politico-economico mondiale in cui le interrelazioni e gli scambi si intensificano sempre di più una posizione del genere non è più sostenibile, ci dobbiamo rendere conto che la polis di cui siamo parte si estende all'intero pianeta, dobbiamo passare da una dimensione politica ad una cosmopolitica. I cosiddetti "interventi umanitari" costituiscono una prima inadeguata risposta in questo senso, ma la strada da fare è ancora molta. L'attacco terroristico agli Stati Uniti dovrebbe aver convinto anche i più recalcitranti che nessuno può più pensare di rinchiudersi nel proprio guscio: finché nel mondo ci saranno focolai di tensione nessuno potrà più sentirsi sicuro.

Il secondo problema è stato, almeno in Europa, affrontato con maggiore consapevolezza, anche per la necessità di coinvolgere i cittadini europei nella costruzione di forme e processi istituzionali che consentano all'Unione di diventare un soggetto politico a tutti gli effetti. Il lavoro di elaborazione che ne è seguito ha prodotto il "Libro bianco sulla governance europea". Su tale libro bianco la Commissione ha aperto una discussione in rete che, per certi aspetti, può essere considerato un interessante esperimento in vista del contributo che le nuove tecnologie possono dare allo sviluppo del processo democratico.

Il libro bianco presenta proposte sulla carta molto interessanti, in particolare quelle relative alla maggiore partecipazione della società civile (che "comprende le organizzazioni sindacali e le associazioni padronali, le organizzazioni non governative, le associazioni professionali, le organizzazioni di carità, le organizzazioni di base, le organizzazioni che cointeressano i cittadini nella vita locale e comunale, con un particolare contributo delle chiese e delle comunità religiose." come ricorda una nota), al rafforzamento del metodo della consultazione e del dialogo ed infine al contributo dell'Unione alla governance mondiale.

Lo sforzo sembra positivo e animato dalle migliori intenzioni, anche se non manca chi vi ha visto una sorta di "tranello" per espropriare il popolo della sua sovranità (cfr. l'articolo di B. Cassen, su Le Monde diplomatique, giugno 2001); tali preoccupazioni sono sicuramente frutto di una lettura del documento in larga misura prevenuta, che ignora l'inadeguatezza delle forme e delle istituzioni politiche rispetto ai tempi, ma sono anche il segno dei margini di ambiguità e di incertezza che il concetto stesso di governance porta ancora con sé.

Ci si può chiedere se in questo contesto sia opportuno che l'impresa si assuma responsabilità politiche dirette. Di fatto le imprese, almeno quelle di una certa dimensione, responsabilità simili le hanno assunte da tempo, in modo più o meno palese e con strumenti più o meno previsti dalla legislazione dei vari paesi (si vedano per esempio le lobbies, rigorosamente regolamentate dalla legislazione americana e ignorate da quella italiana), pur non figurando mai o quasi mai come soggetto politico diretto. Va anche detto però che sempre più spesso i processi decisionali nelle imprese sembrano obbedire a criteri di carattere meramente finanziario, più che ad una vera propria logica d'impresa: si è verificata una sorta di capovolgimento dialettico per cui quello che in origine era solo uno strumento per procacciare all'impresa le risorse necessarie alla sua attività, domina oggi tutte le attività economiche e le imprese divengono meri strumenti asserviti all'attività finanziaria. Non di rado è accaduto che attività produttive floride e sane finissero sacrificate da spericolate operazioni finanziarie. È un errore trarre spunto da episodi del genere per demonizzare il mondo imprenditoriale, ma sarebbe ugualmente un errore delegare alle imprese compiti e funzioni politiche senza inserirle in un sistema di controlli e contrappesi.

È vero che l'impresa del terzo tipo auspicata dal prof. Laszlo può e deve intervenire per contribuire a risolvere almeno alcuni dei gravi problemi che affliggono il mondo; ed ha anche interesse a farlo: il fatto per esempio che un terzo dell'umanità viva al di sotto dei limiti della sussistenza, oltre ad essere una tragedia umanitaria è anche un grave problema economico, il sistema delle imprese sarebbe il primo a trarre vantaggio dall'inserimento nell'economia di mercato di una così grande massa di persone. Ma è anche vero che l'incidente, se non la tentazione della scorciatoia più o meno furbesca, è sempre in agguato (da Bhopal al Lipobay gli esempi non mancano), per cui anche l'impresa, come ogni istanza che ha la possibilità di far sentire la propria voce e di far pesare il proprio parere, va inserita in un sistema di controlli che scoraggi gli abusi e che renda possibile la correzione degli errori. La soluzione prospettata dal libro bianco dell'UE, inserendo le imprese in un contesto che vede presenti anche le organizzazioni dei lavoratori e dei consumatori, sembra rispondere anche a queste esigenze.

In linea di principio la proposta europea sembra soddisfare le esigenze di "contare di più" che emergono dai settori più dinamici e propositivi della società civile, anche se permangono qua e là ambiguità ed incertezze: sarà una mera operazione di facciata o si riuscirà effettivamente a realizzare una più attiva e responsabile partecipazione di tali settori ai processi decisionali? Le modalità di presentazione della proposta lasciano bene sperare, ma non si può escludere che il prevalere di tendenze conservatrici finisca per svuotarla dei contenuti più significativi.

Questa pagina appartiene al sito della Fondazione Giannino Bassetti: <www.fondazionebassetti.org>
This page belongs to the Giannino Bassetti Foundation Web Site: <www.fondazionebassetti.org>