(Febbraio 2001)
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Ndr: Quanto segue è il resoconto preparato da Davide Fasolo nell'Aprile
2000, all'epoca finalizzato a fornire gli incipit al dibattito in occasione del
suo aprirsi al pubblico e oggi revisionato dallo stesso autore.
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Nel primo mese di attivita', marzo 2000, la discussione on-line si e' svolta in privato.
Il Forum si prefigge di essere un laboratorio telematico di discussione sul tema dell'Innovazione e della responsabilita' che ne consegue.
Partecipanti attivi al gruppo di discussione:
Piero Bassetti, Giovanni Maria Borrello, Antonella De Robbio, Davide Fasolo, Ignazio
Masulli, Andrea Pitasi, Alberto Antonio Schena
A mio parere le interessanti questioni sollevate finora dai partecipanti non hanno ancora
toccato il nocciolo del problema, tuttavia il dibattito ha avuto il suo positivo inizio
con problematiche che procedono decisamente nella direzione dell'oggetto preso a tema.
Andrea Pitasi ha iniziato la discussione pubblicando due report che trattano della diffusione delle innovazioni su un piano strategico e su un piano di knowledge design. Utili per contestualizzare il problema della comunicazione e quindi della diffusione dell'innovazione.
Gian Maria Borrello in modo scettico si chiede allora se e' vero che «un grosso contributo nell'affrontare il problema della responsabilità può venire proprio da *procedure di comunicazione* che rendano la conoscenza scientifica il più possibile trasparente e diffusa.»
Pitasi rifacendosi a Luhmann ed insistendo sul concetto di autoreferenzialita' sostiene che, «ogni innovatore sia limitatamente responsabile della propria innovazione, cioè che egli sia responsabile della propria innovazione dentro i confini di senso dell'intrinseca autoreferenzialità della razionalità strumentale e limitata (nel senso di H. Simon) dell'attore sociale stesso.»
Antonella De Robbio interviene sul tema della comunicazione e della diffusione dell'innovazione sostenendo che: «Quando si pone l'accento su "procedure strategicamente orientate per una diffusione dell'innovazione responsabile" è principalmente sui modelli di *diffusione* delle informazioni che è necessario fermarsi a riflettere o, quanto meno, rendersi conto che i modelli del circuito comunicativo scientifico stanno mutando, o meglio sono già mutati. Mutano i palinsesti, muta il tessuto culturale, mutano i modelli comunicativi. L'innovazione maggiore a cui bisogna guardare, a mio avviso, sta appunto nel cambiamento della modalità della diffusione dell'informazione scientifica, che va a creare una nuova rete, non solo scientifica, e di utilizzo per la comunità scientifica, ma anche e soprattutto di impatto sociale, quale fonte primaria di conoscenza.»
Cambia il modo di comunicare l'innovazione e il modo di conoscere l'innovazione stessa, oggi la rete Internet sta diventando il luogo privilegiato della comunicazione, e chi pensa di poter rimanere aggiornato sull'innovazione leggendo solo le riviste scientifiche, ignora il mare di informazioni che la Rete contiene.
Un altro problema che deriva da questo e' allora: come poter attingere in modo razionale dal mare Internet senza perdersi in esso?
Borrello si chiedera' poi se nei free-server circolino informazioni anche sugli esperimenti di biotecnologia non approvati dalla morale comune.
Per De Robbio «il diffondere l'informazione in modo strategico e'
avere il potere in mano. E l'innovazione passa attraverso la comunicazione delle
informazioni. Cio' che viene attuato nei laboratori viene comunicato ed oggi la
comunicazione e' mediata da grossi colossi che impediscono una libera circolazione delle
idee e una crescita culturale e quindi l'innovazione.»
Per questo, De Robbio ci fornisce un lungo resoconto sui modi e luoghi in
cui oggi viene comunicata l'innovazione.
Alberto Antonio Schena interviene con un contributo di "chiamata
all'ordine", molti interventi sono stati infatti molto lunghi e poco discorsivi, più
simili a saggi indipendenti che a parti di un dibattito che si svolge sul Web.
Schena si augura che la discussione possa svilupparsi, certamente intorno a questioni
legate all'epistemologia (il riferimento a Feyerabend non è casuale), ma soprattutto, al
modo in cui Internet ha innovato e continua ad innovare il modo di fare comunicazione e
businnes, e di come il design abbia un ruolo fondamentale all'interno del fare
innovazione.
Davide Fasolo interviene ponendo delle questioni epistemologiche e
filosofiche ancora inespresse nella discussione: chi e' il soggetto dell'innovazione? e
quali sono gli effetti dell'innovazione sul mondo?
Queste domande, che possono sembrare scontate, servono in realta' per porre alcuni termini
della questione e per non incorrere in confusioni. In questo modo il dibattito viene
contestualizzato in un orizzonte nel quale vengono evocate problematiche di ampio respiro
anche dal punto di vista antropologico. «L'innovazione produce un cambiamento nel
mondo e anche in chi e' il responsabile per eccellenza dell'innovazione, l'uomo». La
responsabilita' di chi innova e' allora circolarmente una responsabilita' che si ritorce
verso se stessa.
Fasolo propone anche di differenziare i termini "scoperta" e
"innovazione" che erano stati erroneamente confusi: «La scoperta e' un
evento che da una situazione sperimentale di "laboratorio" scopre qualcosa di
inaudito e nuovo. Verso la scoperta, l'unica responsabilita' e' di fronte alla verita', e
questa la chiamerei una responsabilita' epistemologica piuttosto che morale (questo e'
comunque un problema da discutere), chi scopre e' tenuto a rivelare la scoperta, lo
scienziato che pur scoprendo non rivela i risultati della propria sperimentazione e'
responsabile di fronte "la verita'", e' un bugiardo.
L'innovazione e' invece l'applicazione tecnica della scoperta, verso la quale esiste
invece una responsabilita' morale, di chi rende praticabile la scoperta in un certo modo».
Oggi chi tiene le redini dell'innovazione e' l'imprenditore ed in una visione globale le
multinazionali, che possono determinare il modo in cui si evolvera' il mondo. Sono loro a
tenere le redini dell'innovazione, un'innovazione che rischia di essere troppo
irresponsabile.
Il potere delle multinazionali e' superiore di fatto a quello dei governanti delle
nazioni, al potere di coloro che Piero Bassetti chiama
"Prìncipi". Sta quindi ai Prìncipi promulgare le leggi che pongano i limiti
all'azione del potere incontrollato delle multinazionali.
Queste considerazioni nascono avendo presente la preziosa relazione di Bassetti
al simposio internazionale del "Club di Budapest" organizzato a Cagliari il 26
febbraio 1999, il cui titolo e': "Quale impresa per la sfida evoluzionista?".
Questa relazione, che deve servire da "filo di Arianna" per questa fase della
discussione nel Forum, e' qui raggiungibile nella sezione "Documenti".
Rifacendosi allo scritto di Bassetti, De Robbio concorda sulla necessita' che gli imprenditori partecipino quali soggetti organicamente inseriti in un contesto di sviluppo sostenibile.
Secondo Pitasi, «l'innovatore, in quanto soggetto organico, dovrebbe farsi egli stesso principe per evitare che le banalità del senso comune, della tradizione e del potere politico-istituzionale creino e uccidano i mostri da loro stessi generati.»
Questa e' una grossa questione da discutere a mio parere...
Puo' l'imprenditore scendere in campo ?
De Robbio pone anche il problema della brevettabilita' e della
segretezza delle ricerche: «molti laboratori, ditte, senza scrupoli potrebbero fruire
delle libere ricerche in questi server, tenendo segreti i loro obbiettivi e le loro
ricerche.
Si', e' un rischio che comunque vi e' da sempre. Vanno cambiate le norme sulla
brevettabilita'.
E' qui che si deve agire all'interno del Principe per creare norme con impianti dai
contenuti etici prima di tutto. Le idee dell'uomo sono patrimonio dell'unamita', come il
progetto Genoma Umano non puo' essere brevettato.»
Borrello invece afferma: «Non credo che ci sia davvero un modo di impedire sperimentazioni ai margini dell'etica dai più condivisa. Non credo neppure che sarebbe un bene. Penso, invece, che bisogna essere consapevoli di fatti che non sono soltanto "sperimentazioni", perché sono andati già ben oltre, e che quindi è necessario confrontarsi con essi.»
Fasolo distingue tra le notizie rese pubbliche in Rete e quelle notizie che per mille motivi, anche magari validi, rimangono nascoste, ma va notato come esista una grande mole di notizie che, apparentemente pubbliche, rimangono inaccessibili in quanto non sono messe in circolazione e comunicazione, il loro contenuto rimane isolato e inaccessibile.
La relazione di Bassetti presentata a Cagliari pone anche la questione ecologica e quella della globalizzazione, problemi trattati in modo diverso all'interno del dibattito.
Illuminante a proposito l'intervento finale di Ignazio Masulli: «Concordo,
altresì, con la riflessione critica circa il fatto che negli attuali calcoli di mercato o
di impresa le " esternalità' " di tipo ecologico non sono contemplate.
Tale miopia riguarda, in generale, la mancata consapevolezza dei "vincoli propri di
un'evoluzione sostenibile". Da storico, mi sembra paradossale che ciò avvenga
proprio quando l'interdipendenza e le dimensioni globali dei problemi economici e politici
del mondo contemporaneo forniscono i dati di fatto e le motivazioni per indurre ad una
crescente corresponsabilizzazione degli attori economici, sociali e politici.
Un elemento di spiegazione potrebbe consistere nel fatto che la
"globalizzazione" si sta verificando in maniera entropica.
L'appiattimento delle differenze, in un processo di omologazione sempre più evidente, la
frammentazione e dispersione di saperi, poteri, consapevolezze, cosa sono se non fenomeni
tipici di una deriva entropica? Come reagire a questa deriva?
Per procedere verso livelli più alti e complessi di organizzazione sociale occorre,
evidentemente, una condotta negentropica. Bisogna difendere il valore irriducibile delle
differenze.
E' necessario ricostruire quei margini di risposta e rielaborazione rispetto al nuovo di
cui si è potuto disporre durante altre e precedenti grandi trasformazioni
socio-culturali.
Riproporre una capacità d'interazione attiva e consapevole, a fronte dei problemi della
grande e vorticosa trasformazione che stiamo vivendo, è irrinunciabile, pena, appunto, la
morte entropica.»
Concludo questa mia sintesi con la mia visone d'insieme di quello che dovrebbe essere
il Forum riprendendo il mio ultimo intervento: «Vedo il Forum come un bosco in cui
addentrarci mediante diversi percorsi, sentieri che possono diventare anche dei sentieri
interrotti, degli Holzwege, ognuno percorre le proprie strade, a volte ci si incontra e si
dibatte su un argomento, questo incontro, se ci lasciamo coinvolgere e mettere in
discussione, puo' cambiarci. Ogni strada e' degna di essere percorsa e nessuna puo'
considerarsi l'unica; bello sarebbe che le diverse contrade ci portassero nello stesso
luogo.
L'attualità e i problemi che fanno tremare l'uomo contemporaneo possono apparire sotto
una nuova luce se abbiamo il coraggio di mettere in discussione le traballanti fondamenta
su cui si basa il pensiero comune.
Da evitare è ogni discorso autoreferenziale; il dialogare in rete deve aprirsi ad una
molteplicita' di senso e direzione; solo cosi' la discussione potra' trovare nuovi motivi
di sviluppo, senza dimenticare il tema di fondo: la responsabilita' nell'innovazione.»
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