La Stampa Martedì 9 Gennaio 2001 Fuori dal mio orticello. Dagli inceneritori alle discariche: comitati spontanei e leader popolari contro impianti necessari ma sgradevoli Alberto Papuzzi TORINO - DA quasi un anno la vita quotidiana di Luigi Fiore, un uomo tranquillo, che ha 35 anni, vive a Torino, lavora in banca, non ha mai fatto politica e non è mai stato iscritto a un partito, è radicalmente cambiata: è diventato il leader del Comitato di Mirafiori, sorto spontaneamente contro lipotesi che un impianto di incenerimento dei rifiuti sia insediato nella zona. «Mai mi sarei aspettato - confessa - di capeggiare una protesta». Tutto è cominciato quando il signor Fiore ha appreso che si voleva mettere un traliccio Wind alto 40 metri presso la sua abitazione. Allora ha stampato un volantino e lo ha lasciato nei vicini condominii. Alla sera cerano trecento persone sotto la sua abitazione: «Dopo quella esperienza è stato facile creare la mobilitazione per linceneritore». La molla che ha trasformato un bancario apolitico in un leader spontaneo è la sindrome di Nimby, acrostico dellespressione «Not in my back yard», vale a dire «Non nel mio cortile». Definisce latteggiamento di chi riconosce la necessità di impianti che implicano aspetti sgradevoli e soprattutto pericolosi, però rifiuta di accollarsene la dislocazione, soprattutto in nome della difesa dellambiente. Anche la vita di Maria Palazzo, una donna di 46 anni, sposata con 4 figli, coltivatrice diretta di Cascina Muragliata, in una frazione della campagna fra Torino e Carmagnola, è mutata da quando è limpetuosa portavoce del Comitato di Poirino, costituitosi contro la possibilità che una discarica venga localizzata in unarea rinomata per gli asparagi, i peperoni, il vitello piemontese e la tinca di lago. «Non faccio politica - dice -, io difendo lambiente». La seconda vita della signora Palazzo è iniziata dieci anni fa quando si vide tirata in ballo dal progetto duna discarica davanti a casa. Dieci anni dopo la parola dordine è la salvaguardia di un territorio agricolo ancora incontaminato: «Lo stiamo difendendo con le unghie e coi denti. I rifiuti non lo guasteranno». La sindrome Nimby rivela il recupero di un orgoglio comunitario, sia nelle periferie urbane sia nei borghi rurali, sotto la pressione di eventi che minacciano di peggiorare quanto è già degradato o degradare quanto è ancora vergine. Fiore e Palazzo abitano agli antipodi, luno nel quartiere industriale per eccellenza, laltra in una campagna benestante e tradizionale, ma fanno la stessa domanda: perché proprio qui? Questa stessa domanda, Perché proprio qui? è anche il titolo di un libro a cura di Luigi Bobbio e Alberico Zeppetella (FrancoAngeli 1999) in cui si racconta come Davide abbia di nuovo sconfitto Golia. Cioè si racconta come le proteste locali contro tre grandi opere ad alto impatto ambientale abbiano messo i bastoni fra le ruote a tre potenti imprese (Fiat, Snam e Enel). Daltronde a Irsina, comune della Lucania, nel profondo Sud, si è costituita in dicembre, con atto notarile, lassociazione Vitambiente, contro un inceneritore dellEnel in una zona di colture biologiche. Nel Nord America accade da ventanni e non ci si sorprende se una piccola tribù di nativi blocca il progetto di una grande diga. La lezione è servita e oggi si vuole cambiare sistema, con unesperienza pionieristica per il nostro paese. Il bancario Fiore e la coltivatrice Palazzo sono dunque i nuovi protagonisti, insieme a decine e decine di altri bancari, coltivatori, impiegati, operai, artigiani, casalinghe, insegnanti, studenti di una istruttiva storia dellItalia del 2000. La storia di come prendere decisioni collettive sgradevoli. Dietro la quale viene a galla un paese sempre più lontano da quello della Dc e del Pci, di don Camillo e Peppone, dei campanili e dei clientes e un po più vicino allAmerica di Tocqueville, dove la forza dellassociazionismo è il principale collante della società civile. Il problema è che la Provincia di Torino ha approvato un piano dei rifiuti che prevede tre bacini autosufficienti, ognuno dotato di inceneritore e discarica. Il bacino Sud-Est comprende Torino e 51 comuni (1.300.000 abitanti). Linceneritore brucia i rifiuti producendo energia elettrica, se è gestito male i suoi fumi possono essere pericolosi per la salute. Nella discarica si buttano le ceneri, che possono risultare nocive, e i rifiuti che non si possono bruciare o riciclare. Ma come scegliere i siti per linceneritore e la discarica? Per deciderlo la Provincia ha costituito una commissione di una quarantina di persone, metà pubblici amministratori metà rappresentanti di comitati, presieduta dallassessore allambiente (Beppe Gamba) e affiancata da un gruppo di consulenti (coordinato da Bobbio): chi subisce un impatto ambientale deve poter dire la sua, secondo il principio «no taxation without rapresentation». Però la commissione non stabilisce i siti. Il suo scopo è rendere democratico il processo decisionale. Sul piano pratico, la commissione svolge due compiti. In primo luogo fissa i criteri di valutazione dei siti: un criterio possibile è la distanza del sito da un casello autostradale; altri sono la densità di popolazione o lintensità del traffico. In seconda istanza discute i vincoli contrattuali da imporre ai gestori degli impianti, per avere garanzie sulluso degli stessi, le emissioni nocive, manutenzione e controlli. A primavera produrrà una graduatoria dei siti. Toccherà allazienda pubblica che costruirà gli impianti scegliere quali sottoporre a uno studio più approfondito e al giudizio di impatto ambientale. Quanti cittadini sono direttamente coinvolti in questa pratica democratica? Forse diecimila, supponendo che i quaranta membri della commissione rendano conto del loro operato ognuno a circa duecento persone. Una goccia nel mare, rispetto agli abitanti del bacino Sud-Est. Ma se un qualsiasi signor Rossi vuole far sentire la sua voce su inceneritore o discarica, questo è facile: le persone che seguono la faccenda, nella commissione o nei comitati spontanei, sono note e soprattutto nei paesi sono avvicinabili, si pubblica la newsletter «Non rifiutarti di scegliere», esiste un sito web che da marzo a oggi ha registrato duemila contatti, si possono anche inviare messaggi a un indirizzo e-mail (nrds@provincia.torino.it). Dietro questa storia torinese si può scorgere anche una riappropriazione della politica dal basso. «La nostra è la zona più disgraziata. Abbiamo già due inceneritori, della Fiat per rifiuti industriali e della Sardinia per carcasse di animali, una fabbrica di vernici altamente inquinante, una discarica, un ipermercato - dice Natalina Tamburrano, quarantanni, combattiva portavoce di Torino Nord -. Mentre non abbiamo un cinema, un teatro, un giardino per i bambini. Linceneritore non lo vogliamo perché non è giusto che sia sempre una sola zona della città a pagare. Lunica cosa positiva è che per la prima volta siamo consultati. Ma noi siamo veramente arrabbiati». Come finirà la storia di Torino e la sindrome Nimby? Cè il rischio che tutto si riveli un gioco di facciata? «E chiaro che lamministrazione pubblica cerca di coinvolgere i cittadini per non trovarseli contro al momento della decisione - dice Bobbio, studioso dei problemi delle amministrazioni locali -. Ma i movimenti dei cittadini in difesa del territorio sono tipici del nostro tempo e rappresentano una risorsa per la democrazia moderna. Se le forze politiche saranno minimamente responsabili, non faranno la stupidaggine di scontrarsi mandando a monte lesperienza. Se di questa vicenda faranno invece un elemento di contesa o di scambio, tutto andrà a carte quarantotto». (albpap@lastampa.it)