Il Manifesto, 13 febbraio 2001 La rivolta degli scienziati STEFANIA GIORGI Con una strana coincidenza il giorno dopo l'annuncio della mappatura del genoma umano a scendere in piazza sono gli scienziati italiani, i 1500 firmatari dell'appello "Libertà per la scienza". Si ritrovano a Roma in un incontro - organizzato dall'Osservatorio laico e dalla Fondazione Einaudi - con l'intento di trasformarsi in un "Forum permanente" per richiamare la politica alle sue responsabilità. Vi spiccano nomi "pesanti" della comunità scientifica: i Nobel Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini, Silvio Garattini, Tullio Regge, Angelo Spena, Paolo Costantino, Roberto Defez, Pablo Amati, Edoardo Boncinelli, Luciano Caglioti, Riccardo Cortese, Mauro Cresti, Antonio de Flora, Francesco Sala, Leonardo Santi, Renato Ugo, Carlo Alberto Redi... Il manifesto-appello - pubblicato dal Sole 24 ore il 5 novembre, e dalla Stampa il 7 febbraio e ripreso da Science e Nature - mette sotto accusa il disinteresse di governo e parlamento per la ricerca scientifica. Parlano le cifre: quanto a percentuale del prodotto lordo destinato alla ricerca (0,8%) possiamo confrontarci solo con la Grecia. Abbiamo un terzo dei ricercatori dell'Inghilterra, meno della metà della Francia. Di più, i ricercatori accusano Stato, Chiesa e industria di esercitare sulla comunità scientifica una pressione indebita. Ma la protesta è rivolta in primo luogo contro il ministro per le politiche agricole, il Verde Pecoraro Scanio, che con un decreto, a ottobre, ha bloccato in campo agricolo gli studi sugli Ogm, gli organismi geneticamente modificati. "Non c'è niente senza rischio ma non si può mettere il chiavistello alla ricerca", chiosa per tutti Levi Montalcini. Stanata dai ricercatori la recalcitrante politica istituzionale è costretta a prendere posizione, in un ventaglio di pro e contro, con significative sfumature anche in casa ambientalista. Serve un nuovo patto tra scienza, società e politica, sostengono i Ds schierati "al fianco di chi rivendica la libertà di ricerca". Una posizione - già anticipata da Pietro Folena sulla Stampa - che sarà articolata oggi durante la presentazione del documento dei Ds sulle biotecnologie che sarà consegnato poi ai firmatari dell'appello. Marco Pannella, da parte sua, offre agli scienziati 700 candidature nell'uninominale per formare "un Manifesto per la scienza". Si schierano con i ricercatori e contro il "nuovo oscurantismo" Gianni De Michelis (Nuovo Psi), Ugo Intini (Sdi) sottosegretario agli esteri, e il repubblicano La Malfa. Non così la pensa Rosy Bindi, ex ministro della sanità, che invita all'esercizio della virtù della prudenza (San Tommaso): "da cattolica non fondamentalista rifiuto la pretesa che la ricerca sia sempre libera". E le fa eco il segretario Ppi, Castagnetti: "Quando si rischia di intaccare i fondamenti della vita deve essere la stessa scienza a porsi un limite". Ma gli scienziati oggi riuniti a Roma vogliono prese di posizione chiare su biotecnologia e libertà di ricerca anche da parte dei due candidati premier, Rutelli e Berlusconi. I quali annunciano che incontreranno una loro delegazione. Ma Rutelli anticipa: "E' auspicabile un matrimonio tra l'ambiente e la ricerca scientifica che è un fondamento della cultura europea". L'Italia "ha bisogno di competere, non di essere tagliata fuori", "tenendo fermo il principio di precauzione dobbiamo dare massimo sviluppo alla scienza". (Si spera sia meno ecumenico e fumoso con gli scienziati). Senza tentennamenti si schiera a fianco dei ricercatori il ministro della sanità Umberto Veronesi: le biotecnologie "rappresentano una delle rivelazioni scientifiche più importanti della storia umana. Limitarne lo sviluppo o impedirlo significa fermare la lancetta della Storia. Mi chiedo se qualcuno se lo può permettere". Ma Pecoraro Scanio continua nella sua autodifesa a oltranza: "Ci sono oltre mille scienziati che si lamentano? Ce ne sono altrettanti che dicono l'opposto". Così oggi, durante il convegno romano, Grazia Francescato presenterà firme di scienziati in appoggio alle posizioni Verdi sul "principio di precauzione", contro "l'assurda pretesa che le applicazioni della ricerca non debbano essere governate nell'interesse collettivo". Ma tra gli ambientalisti c'è aria di maretta. Così Legambiente ha giudicato "sbagliato" il sit-in indetto ieri pomeriggio dai Verdi contro l'istituto "Mario Negri", diretto da Garattini: "Per primi in questi giorni abbiamo polemizzato con le dichiarazioni nelle quali le preocccupazioni legittime e fondate per i rischi collegati a talune applicazioni dell'ingegneria genetica vengono fatte passare per un attacco generale contro la scienza e la ricerca". Ma "l'iniziativa dei Verdi finisce per legittimare ancor di più questo equivoco pernicioso, prendendo di mira con l'Istituto 'Mario Negri' uno dei centri più prestigiosi della ricerca biomedica italiana".