L'Espresso, n. 22, 1 giugno 2000, p. 230
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FORD / LA RIVOLUZIONE ECOLOGICA

Com'è verde il mio motore
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William Clay, bisnipote del mitico Henry, vuole auto che non
inquinano. La famiglia applaude. Il mercato pure

di Lorenzo Soria - da Los Angeles

Lo ha sostenuto per anni, William Clay Ford Jr. Ha continuato a
ripeterlo a quei pochi che gli hanno dato fiducia sin dagli inizi,
quando si presentava a tutti come un anonimo Mr. William Clay, e
ai tanti che hanno salutato la sua ascesa ai vertici dell'azienda
di famiglia scettici e increduli: è possibile essere un gigantesco
produttore di autoveicoli e, allo stesso tempo, comportarsi come
un amante della natura e come un buon cittadino.
Una volta il bisnipote del leggendario Henry Ford si è lasciato
scappare che un aumento della tassa sulla benzina «entro limiti
ragionevoli» non sarebbe poi stata un'idea così strampalata.
Nessuno però si aspettava che il presidente della Ford avrebbe
offerto a 600 e più azionisti, raccolti ad Atlanta l'11 maggio per
l'assemblea annuale, una cartelletta contenente un rapporto in cui
si ammetteva esplicitamente che i Suv (Sport Utility Vehicles), le
lussuose jeep che assieme con vans e pick-up costituiscono ormai
la metà dei veicoli immatricolati negli Usa, rappresentano una
seria minaccia per l'ambiente. E, a causa della loro dimensione,
anche per chi guida vetture tradizionali.
Considerato che alcuni Suv generano per la Ford profitti
nell'ordine dei 15, 18 mila dollari per unità contro i mille di
una Focus, alcuni analisti di Wall Street si sono chiesti se il
giovane Ford (ha 43 anni) non avesse per caso deciso di
intraprendere una missione suicida. Come se non bastasse, sono
venute pure le lodi di Daniel Becker, responsabile del progetto
Riscaldamento Globale per il Sierra Club, il più grande gruppo
ambientalista del mondo.
Una settimana dopo, la seconda azienda automobilistica del mondo è
passata dalle parole ai fatti, annunciando che avrebbe
volontariamente ridotto del 20 per cento la produzione dell'
Expedition, un mostro più alto di Michael Jordan, pesante come tre
Punto messe assieme, che ingoia un litro ogni quattro chilometri.
Per molti osservatori, William Clay Jr. è diventato insomma una
mina vagante che si aggira pericolosamente per Detroit.
L'uomo che condivide il comando della Ford, assieme con
l'amministratore delegato Jac Nasser, non è però uno che può
venire facilmente messo da parte. Bill ha il sostegno dei vari
rami della famiglia, che controlla il 40 per cento delle azioni
con il diritto di voto e attendeva da vent'anni il ritorno di uno
dei loro al vertice. Ha con sé il consiglio d'amministrazione e
ormai anche buona parte del management. La decisione di ridurre la
produzione dell'Expedition è solo l'ultima di una serie di
decisioni inusuali spinte da William Clay. La Ford è una delle
aziende più aggressive nella ricerca di fonti alternative ed è
molto avanti nelle pile combustibili che convertono l'idrogeno
liquido in elettricità. Invece di sfidare i regolamenti
governativi, ha volontariamente deciso di produrre Suv con
emissioni inferiori del 43 per cento rispetto al minimo richiesto
per legge. La Ford è anche stata la prima azienda automobilistica
Usa ad abbandonare la Global Climate Coalition, un'organizzazione
finanziata dalle case petrolifere che ha sostenuto per anni che il
riscaldamento globale è una fantasia che non ha base scientifica.
Gli arcirivali della General Motors e della DaimlerChrysler,
riluttanti, si sono visti costretti a compiere lo stesso passo.
Per fermare il pericolo William Clay, molti hanno riposto le loro
speranze nell'amministratore delegato. Ma Nasser si è schierato
con Ford, sostenendo che l'attenzione all'ambiente è un «vantaggio
competitivo» che aiuterà la crescita della società. La quale, in
realtà, sta già più che bene: nonostante problemi di eccesso di
capacità in Europa e in Sud America, ha riserve per 24 miliardi di
dollari e profitti, l'anno scorso, per 7,29 miliardi. Oltre alla
Volvo, ha acquistato la Land Rover e ha gli occhi sulla Bmw. Dopo
un anno e mezzo, la presidenza di William Clay Ford Jr. non ha
portato alla rovina. Anzi. E adesso c'è chi si domanda se non
andrebbe invece visto come nuovo tipo di manager per la vecchia
economia.

(01.06.2000)