La Stampa, 11 aprile 2000 Luca De Biase Homo Insipiens - La fede in Internet genera mostri QUANDO il Sud e il Nord America furono riunite dall'emersione delle terre del Centro, i mammiferi più evoluti del Settentrione invasero il Meridione e determinarono l'estinzione dei marsupiali che vi vivevano. La specie homo sapiens ha causato una quantità di fenomeni simili in tutti i luoghi nei quali si è installata. Ma in futuro, a sua volta, potrebbe incontrare una specie ancora superiore. Ed estinguersi. Scenari come questo non sono certo rari nella fantascienza. Ma il fatto nuovo è che uno come Bill Joy si è deciso a prenderli seriamente in considerazione. Nell'ultimo numero di Wired , una rivista-culto della generazione internettiana americana, il capo delle ricerche della Sun, azienda tra le più importanti del mondo per le tecnologie della Rete e certo non dedita a elucubrazioni filosofiche, Joy ha rotto gli indugi e trasmesso le sue preoccupazioni al mondo. A fargli improvvisamente balenare l'idea è stata una domanda: "Internet ha causato una rivoluzione, ma ormai è un problema risolto dal punto di vista scientifico. Quale sarà la prossima frontiera della ricerca nelle nuove tecnologie?". E la risposta: biotecnologie, genetica, intelligenza artificiale, robotica. "Tutti argomenti che produrranno tecnologie dotate di una caratteristica totalmente nuova: sapranno riprodursi o crescere indipendentemente dall'intervento umano". Da questa considerazione all'idea della nascita di esseri dotati di una vita propria e di una struttura superiore a quella umana, il passo non è poi tanto lungo. Una forma di preoccupazione che si sta diffondendo ben oltre il mondo dei tecnofobi incalliti. Sul sito di Time (www.time.com), la rivista chiede ai lettori di votare sulla plausibilità di alcune ipotesi sul futuro. E le risposte sono inquietanti. Alla domanda: "Gli umani cambieranno le leggi dell'evoluzione determinando la propria autoestinzione?" Ha risposto di sì oltre il 50 per cento dei primi 10 mila rispondenti. In passato, il timore della fine del mondo era legato a fatti religiosi o alla possibilità di guerre devastanti. Gli eccessi del progresso finora avevano determinato previsioni catastrofiche, come quelle contenute nelle ricerche di stampo malthusiano del Club di Roma: crescita demografica incontrollata, inquinamento ed esaurimento delle risorse, diceva il rapporto su "I limiti dello sviluppo", determineranno l'arrivo di un periodo di crisi profonda e di arretramento economico, con grandi sofferenze per la popolazione mondiale. Ma un pensiero largamente diffuso sul progresso tecnologico come causa di una piena estinzione della specie homo sapiens , questo non si era ancora visto. Probabilmente non è un caso che appaia oggi. Se in Italia qualcuno comincia a lagnarsi della quantità eccessiva di attenzioni che i media dedicano alla rivoluzione tecnologica ed economica innescata dal boom di Internet, negli Stati Uniti questa proiezione esasperata sul futuro dura da molti anni. E certamente non è compensata, nella cultura locale, da un'adeguata conoscenza della storia e del rapporto tra passato e presente. Ma la domanda resta: che cos'è questo castrofismo? Una nuova moda intellettuale per sparare contro la fede nella rivoluzione internettiana divenuta quasi un luogo comune dopo essere stata la scoperta di un'élite? Oppure il timore delle nuove forme di vita più evoluta della nostra che potrebbero nascere dalla genetica o dalla robotica ha un fondamento reale? In attesa di una risposta fondata, un fatto appare già chiaro. La strana, paranoica, esagerata concentrazione sull'aspetto monetario, finanziario della rivoluzione internettiana, sta facendo perdere di vista la qualità e i valori dell'azione innovativa per sottolineare soltanto l'aspetto della scommessa di borsa. E quando una cultura dimentica i valori, l'immaginario collettivo certamente comincia a produrre fantasmi.