LA REPUBBLICA, 18 AGOSTO 2001 Chi decide i confini della scienza LE IDEE Chi può disegnare i confini della scienza di STEFANO RODOTÀ --------------------------------------------------------------------- S'INTRECCIANO quasi ogni giorno notizie che immediatamente scavalcano la cronaca, e segnano le nuove frontiere della biologia e della genetica, pongono dilemmi morali, sfidano convinzioni e saperi consolidati, inquietano gli scienziati, danno evidenza a formidabili spinte del mercato. Emozioni percorrono le opinioni pubbliche, la politica è chiamata a fare la sua parte. Le ultime vicende riguardano un annuncio di imminente clonazione di esseri umani e il voto della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti contro ogni forma di clonazione, la dichiarazione di Bush sulla ricerca sulle cellule staminali, le rinnovate polemiche sulla maternità di sostituzione. Quali sono le questioni generali che ciascuno di questi fatti mette in evidenza? 1. Bioetica e globalizzazione. Alle indignate reazioni di ambienti medici e politici, che ricordavano i divieti già esistenti della clonazione riproduttiva di esseri umani, il dottor Severino Antinori ha risposto dicendo che vi sono luoghi al riparo da questi divieti e che lì avvierà il suo nuovo lavoro. Si è così parlato di un grande paese (la Cina?), di una offerta di Gheddafi, di una nave fuori dalle acque territoriali. Al di là di queste ipotesi, o fantasie, diventa sempre più concreta la debolezza delle ipotesi proibizioniste che non riescono a coprire l'intero pianeta. Come i capitani si spostano verso i luoghi dove l'investimento è più remunerativo e il regime fiscale più vantaggioso, così molte attività di ricerca e particolari cure si insediano laddove sono deboli o inesistenti i sistemi di regolazione. Non so se davvero il dottor Antinori troverà asilo in qualche stato disinvolto o spregiudicato. Ma già oggi i divieti contro la vendita degli organi sono aggirati, si comprano reni da poveri turchi o indiani, si aprono cliniche in paesi compiacenti dove i ricchi del mondo vanno per operazioni di trapianto. Vi sono casi documentati di società farmaceutiche che hanno spostato l'attività di sperimentazione umana in paesi dell'Europa centrale e orientale o del Terzo Mondo per sfuggire alle regole più severe dei paesi avanzati. Ma queste forme di delocalizzazione non riguardano soltanto i luoghi più poveri del mondo. La parziale apertura di Bush verso la ricerca sulle cellule staminali è stata pure determinata dal timore di vedere gli Stati Uniti superati in un settore strategico da una Gran Bretagna sempre più determinata nell'offrire a queste ricerche il massimo di opportunità. Così la geografia del mondo non è più disegnata soltanto dai confini e dalle forme della sovranità nazionale, ma pure dai nuovi intrecci tra ragioni della scienza e esigenze dell'industria. Tutto questo evoca il bisogno di principi comuni, almeno nei settori dove appaiono a rischio valori fondamentali e, di conseguenza, sembrano necessarie regole vincolanti. Quali valori e quale diritto, però? 2. Valori e mercato. Ha destato ovvia tensione, e preoccupazione, la storia di una ragazza che, dopo aver accettato di farsi portatrice di una gravidanza per una coppia "committente", ha poi rifiutato l'aborto selettivo di uno dei gemelli che sarebbero nati, violando così una clausola contenuta nel contratto di maternità di sostituzione. Molte sono le questioni sollevate da questa vicenda, ma qui voglio sottolinearne una soltanto. Il caso è potuto nascere perché la California, luogo del conflitto, è uno stato americano dove, a differenza di quasi tutti gli altri, il contratto di maternità di sostituzione è considerato un contratto analogo a qualsiasi altra transazione commerciale. Il dare o il fare, al quale le parti si impegnano, è valutato con gli stessi criteri che sarebbero adoperati se si trattasse di consegnare un qualsiasi oggetto, di fornire una qualsiasi prestazione personale, senza dare alcuna rilevanza al fatto che la "produzione" riguarda esseri umani. In sintesi: il principio di riferimento è unicamente quello della logica di mercato. Si pone qui un interrogativo ineludibile, tutt'altro che nuovo, ma ormai carico di inedita drammaticità. Davvero ogni cosa può essere considerata alla stregua d'una merce? O uno dei compiti essenziali delle organizzazioni sociali, e dunque dei poteri pubblici, oggi è proprio quello di stabilire che cosa può stare nel mercato e che cosa non può, anzi non deve, starci? Non stiamo parlando solo di situazioni eccezionali, o estreme, come quella della maternità di sostituzione. Salute, ambiente, istruzione, libertà possono essere trattati come beni negoziabili, della cui accessibilità e godimento sia il mercato l'unico, o il principale, giudice? Sembra eccessivo riferirsi addirittura alla libertà? Guardiamo, allora, ad una vicenda della quale si discute da un po' di tempo negli Stati Uniti, e che riguarda uno dei cavalli di battaglia dei privatizzatori senza frontiere il sistema carcerario. Da qualche tempo, grazie ad interpretazioni giuridicamente e socialmente più adeguate, il numero dei detenuti è diminuito. Considerata la crescita abnorme della popolazione carceraria americana, questo è un risultato di grande rilevanza sociale. Per le società private che gestiscono penitenziari, invece, si tratta di una sciagura, tanto che la loro quotazione in Borsa ne ha risentito. Risultato: queste società hanno avviato un'azione di lobbing per indurre i giudici a tornare ad applicazioni più severe della legge. In altre parole, a mandare di nuovo più gente in galera. E' eticamente, e socialmente, accettabile che la libertà personale sia subordinata alla logica del profitto imprenditoriale? Se la risposta è no, la via d'uscita è una sola: stabilire che vi sono attività, tra queste la gestione delle prigioni, che non possono essere affidate ai privati, anche se ciò comporta costi più elevati per la collettività. Vi sono materie, infatti, in cui il puro calcolo economico è ingannevole, perché scarica sulla collettività altri e più devastanti costi. Il recupero delle persone o la coesione sociale sono beni messi a rischio da un uso sconsiderato della carcerazione, e per i quali l'uso delle risorse pubbliche produce benefici ben maggiori di quelli calcolabili con puri parametri contabili. Lo stesso può dirsi per la maternità di sostituzione, che può essere sottratta agli effetti perversi messi in luce dal caso californiano se la sua ammissibilità viene circoscritta ai soli casi di solidarietà tra donne, dunque con esclusione di ogni fine di lucro, di ogni logica contrattuale. 3. Quale diritto? Non ripetiamo, anzitutto, il luogo comune che identifica la funzionalità del mercato con l'assenza di regole giuridiche vincolanti. Per non citare altro, ricordo gli studi storici che hanno dimostrato come la stessa età dell'oro del laissez faire sia stata caratterizzata da un intenso intervento legislativo, sia per eliminare bardature feudali, sia per incanalare correttamente la nascente istituzione del mercato. Al tempo stesso, non si può assecondare la ricorrente richiesta di usare la legge soprattutto come strumento per porre divieti tutte le volte che novità scientifiche e tecnologiche determinano inquietudini individuali e collettive. Vi è una diffusa e persistente difficoltà nel metabolizzare le innovazioni scientifiche e tecnologiche, quando queste incidono soprattutto sul modo in cui si nasce. Lo sconcerto è comprensibile, perché appaiono sconvolti i sistemi di parentela e l'ordine delle generazioni, l'unicità stessa delle persone. l'antropologia profonda del genere umano che di colpo, nel giro di pochi anni è stata messa in discussione. Si manifestano angosce, si materializzano fantasmi: e il diritto appare l'unica cura sociale con una intensa richiesta di norme, limiti, divieti perdute le regole della natura, la società si rispecchia nel diritto e adesso chiede rassicurazione, prima ancora che protezione. La vicenda della clonazione, proprio perché estrema, diventa esemplare. Segna l'abbandono della riproduzione sessuale, mette in discussione l'unicità della persona, dà corpo alle fantasie sulla "serializzazione" degli esseri umani, annuncia la superfluità del maschio. Difficile mettere ordine in questo groviglio di annunci, emozioni, problemi. Così, in un'ansia di semplificazione, al diritto si chiede una reazione, la ricostituzione d'un ordine turbato, non soltanto una regola. Ma il diritto non può prendere il posto della discussione collettiva, non può divenire la scorciatoia per imporre morali non condivise, non può mortificare la libertà di scelta individuale. In queste materie, deve segnare confini estremi, definire un quadro di principi all'interno del quale si eserciti responsabilmente la libertà. Nella materia della clonazione, ad esempio, deve oggi limitarsi al divieto della creazione di nuovi esseri umani identici ad altri esistenti. la via scelta dalla Convenzione europea di biomedicina e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. A questo modello europeo si rifà un numero crescente di americani, indicandola al Senato perché rimedi al voto con il quale la Camera dei rappresentanti ha vietato la tecnica della clonazione in quanto tale, con una decisione scientificamente e socialmente non giustificabile.