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La Repubblica, 6 dicembre 2000

Biotech, il pianeta ostaggio del mercato 

di ALFONSO PECORARO SCANIO 

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CARO direttore, ammiro Tony Blair come statista del New Labour.
L'articolo comparso su "Repubblica" dove difende a spada tratta l'uso
delle biotecnologie che praticano manipolazioni genetiche, mi trova
però in disaccordo oltre che per motivi politici o etici, anche per
motivi strettamente scientifici.
Personalmente, voglio premetterlo, ritengo giustissimo riconoscere
alla ricerca scientifica il diritto e il dovere di proseguire il suo
cammino anche nel campo delle manipolazioni genetiche. Ma non a
qualsiasi condizione. In particolare ritengo vi siano dei confini
etici da rispettare e un inviolabile Principio di Precauzione da
tener sempre presente: l'applicazione all'agricoltura delle nuove
scoperte della genetica non può avvenire prima che siano noti gli
effetti della diffusione nell'ambiente degli Organismi geneticamente
modificati (Ogm), ovvero, in questo caso, dei vegetali transgenici. A
tutt'oggi, è bene ricordarlo, questi effetti sono largamente
sconosciuti, mentre sono ben noti i fattori di rischio. È per questo
che sono fermamente convinto che è opportuno potenziare la ricerca -
nella medicina come in agricoltura - ma in ambiente confinato o in
laboratorio.
Questo anche per non sottovalutare gli infiniti appelli di scienziati
del mondo intero contro un'applicazione irresponsabile delle
biotecnologie. Ne citerò solo due: quello di Physicians and
scientists for responsible application of science and technology
(www.psrast.org/indexeng.hlm) e quello dell'associazione Ecoropa.
Quest'ultimo, in particolare, afferma che l'ingegneria genetica è
ancora assai lontana da una conoscenza globale del funzionamento del
genoma. Le infinite interazioni dei geni tra di loro e con il loro
ambiente, come anche la fluttuazione degli elementi del genoma (il
gene può mutare, trasferirsi ad altro organismo, anche di altra
specie) rendono gli effetti del trasferimento di un gene da un
organismo all' altro del tutto imprevedibili. L'esistenza di rischi
per l'ambiente e la salute è comprovata da numerosi studi
scientifici, prodotti anche dagli stessi scienziati del Fda, Food and
drug administration, ente di controllo statunitense, ma tenuti
nascosti da questo stesso ente finché l'azione legale
dall'associazione Alliance for biointegrity (www.bio-integrity.org)
non li ha resi di pubblico dominio.
Ma andiamo con ordine.
1) Blair dice: "Sta a noi decidere come utilizzare le scoperte, come
orientare le loro applicazioni". Ma chi partecipa realmente a questa
decisione? Non certo il cittadino. Piuttosto le aziende che
sovvenzionano la ricerca, il cui "rientro" per gli investimenti è
dato dal numero di brevetti ottenuti e dalla diffusione che
riusciranno a garantire agli Ogm. È evidente, dunque, che la scelta
dell'uso delle scoperte non segue l'ottica di un maggiore benessere
collettivo, ma quella, che spesso va in senso opposto, del profitto
delle imprese.
Le prime colture transgeniche negli Usa sono state autorizzate dal
Fda senza l' obbligo di una verifica dei loro effetti. Oggi queste
verifiche sono state fatte e hanno rivelato i rischi cui andiamo
incontro, sia per l'ambiente, che per la salute (New Scientist. 1/99,
Nature, 1997). Ma non solo. Essi rivelano anche che, diversamente da
quanto millantato dalle aziende, le colture transgeniche - i cui
costi più elevati sono stati spesso denunciati - hanno minore e non
maggiore produttività e che l'impiego di sostanze chimiche, dannose
per la salute, aumenta da 2 a 5 volte.
Molti pericoli e nessun vantaggio, dunque, per consumatori e
agricoltori. Ma, in compenso, grandi profitti per le aziende, grazie
alle nuovissime - e discutibilissime - leggi che, con il pretesto
della modifica genetica introdotta, consentono i brevetti sulla
materia vivente e la privatizzazione del bene collettivo più
prezioso, il patrimonio genetico del pianeta.
2) È un'abitudine negativa e scorretta cercare di promuovere le
applicazioni delle biotecnologie in agricoltura - che comportano
tanti rischi - confondendole con l'utilità, da noi mai contestata,
delle biotecnologie nella ricerca medica. Le manipolazioni genetiche
non comportano rischi se fatte in laboratorio, con le dovute
precauzioni, su microorganismi e cellule. Esse richiedono però in
questo caso un ancor più rigoroso controllo etico, che escluda, ad
esempio, gli xenotrapianti, le modifiche genetiche delle cellule
germinali e la clonazione dell'embrione umano (purtroppo consentita,
per fini di ricerca, proprio dal governo inglese).
3) Blair sostiene che opporsi alle colture transgeniche è aggressione
e ricatto. Ritengo che il vero "ricatto" sia avere fatto in modo che
in molte nazioni esista già un inquinamento genetico tale da non
poter garantire, a chi desidera il cibo naturale, una totale purezza.
Infatti nella situazione attuale noi dobbiamo accettare che gli
alimenti definiti in etichetta "non manipolati" possano contenere
fino all'1 per cento di Ogm. È "aggressione" nei confronti del
cittadino consentire che le industrie, pur riscuotendo i diritti di
brevetto, non accettino la responsabilità civile degli eventuali
danni procurati dai prodotti transgenici. Così come è quanto meno
discutibile che un organismo come l'Ufficio europeo dei brevetti
(Epo) si arroghi il diritto di rendere brevettabili gli organismi
viventi, in oltraggio alla stessa convenzione europea dei brevetti
che esso dovrebbe applicare.
4) I benefici economici derivanti dall' agricoltura biotecnologica,
che invoca Blair, si sono rivelati anch'essi inesistenti. La fame dei
popoli dei Sud del mondo non deriva da carenza di produzione, ma da
carenza di denaro e da meccanismi economici perversi per cui in un
paese come l'India, grande produttore ed esportatore di riso, una
buona parte della popolazione non ha il necessario di cui sfamarsi.
Mentre nel primo mondo vengono distrutte ogni anno milioni di
tonnellate di prodotti agricoli in eccedenza. Non è un caso che
queste popolazioni si appellino all'Europa contro i brevetti sugli
Ogm: con le colture transgeniche rischiano il collasso economico e
una nuova forma di colonizzazione.
Quanto ai popoli ricchi, i settori agricoli delle industrie biotech
sono oggi in grave crisi, per la pessima riuscita dei prodotti (più
costosi e non migliorativi) e a causa del forte e spontaneo movimento
di dissenso che si sta sollevando in tutti i continenti, America del
Nord inclusa. Gli Usa non riescono a vendere le loro derrate di
vegetali modificati e, mentre la Deutsche Bank consiglia ai suoi
alleati di disinvestire dal biotech, quest' anno è stato seminato
negli Stati Uniti un buon 20-25 per cento in meno di mais
transgenico.
5) Nel movimento di opposizione alla diffusione di Ogm nessuno cerca
la qualifica di "eroe", come sembra credere Blair. Basta sapere di
avere agito secondo scienza e coscienza. Le conseguenze di una
Chernobyl genetica sono difficilmente immaginabili. Come dice Erwin
Chargaff, padre della biologia molecolare, "non si può revocare una
nuova forma di vita... Un attacco irreversibile alla biosfera è
qualcosa di così inaudito... che io potrei solo desiderare che la mia
generazione non sia stata colpevole di questo".
6) Blair mostra grande fiducia nel mercato globale. Ma questo mercato
potrà sopravvivere soltanto se riuscirà a rispettare le regole e le
conquiste delle società civili e democratiche. Oggi la tutela dei più
elementari diritti umani come quello alla salute e a un ambiente di
vita sano, viene messa nuovamente a repentaglio - il fallimento della
conferenza dell'Aja ne dà una drammatica testimonianza - dagli
interessi dei poteri economici e dagli accordi commerciali
internazionali che essi impongono ai governi. È indispensabile
pertanto che alla globalizzazione dei mercati corrisponda una
globalizzazione dei diritti e delle responsabilità verso il futuro
del nostro pianeta, che non può essere ostaggio delle scelte di
mercato operate dalle industrie.

L'autore è ministro delle politiche agricole