LA REPUBBLICA, 11 luglio 2001
OLTRE I LIMITI DELLA SCIENZA 
di RENATO DULBECCO 
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È ARRIVATO l'annuncio che è stato creato un embrione di topo usando
un ovocita normale in cui è stato introdotto un nucleo somatico, cioè
non di una cellula germinale, dopo aver dimezzato il numero dei
cromosomi che esso normalmente contiene. L'aritmetica di questa
operazione è corretta, perché sia il nucleo dell'ovocita che il
nucleo somatico modificato hanno un singolo cromosoma di ogni tipo. 

E perciò la loro somma nell'embrione che ne risulta, porterebbe a due
copie di ciascun cromosoma, come è normale. Tutto ciò se le cose
procedono come progettate. Purtroppo non c'è alcuna informazione su
come il nucleo somatico sia stato ridotto. Questo processo è stato
basato, probabilmente, sulle conoscenze dei meccanismi di divisione
cellulare, che sono molto complessi e delicati. Manipolarli in modo
innaturale può portare a gravi complicazioni, per esempio a una
distribuzione anomala dei cromosomi: questo renderebbe lo sviluppo di
un embrione e di un individuo molto precario o impossibile.
Un altro problema è come tale nucleo ridotto si comporterebbe dopo
l'introduzione nell'ovocita. 
Il problema, del resto, è lo stesso di quello incontrato nella
clonazione: e cioè che in un nucleo somatico lo stato di controllo
dei geni è molto avanzato, mentre all'inizio dello sviluppo di un
embrione esso deve essere al punto di partenza. Perciò si
incontrerebbero le stesse complicazioni, sebbene limitate a metà dei
geni.
Ammesso che se si superassero queste difficoltà, rimarrebbero altri
problemi seri. Uno è che negli animali c'è un fenomeno, chiamato
«imprinting», per cui certi geni sono attivi nel corpo adulto solo se
provengono da uno dei genitori, alcuni dalla madre, altri dal padre.
Perciò se, come suggerito, una donna generasse un figlio con questa
procedura, usando sia un suo ovocita che un suo nucleo somatico, la
mancanza dei geni paterni porterebbe a delle gravi deficienze
genetiche. 
Forse si pensa che esse si potrebbero ovviare se i geni presenti nel
nucleo ridotto fossero quelli del padre della donna: ma non si
capisce come essi potrebbero essere selezionati: e anche se lo
fossero, come manterrebbero l'imprinting che si sviluppa durante la
maturazione delle cellule sessuali.
Un altro grave problema è che usando i geni di una stessa persona per
generare un embrione questo sarebbe gravemente ammalato. La ragione è
che ogni persona contiene nel suo genoma una mezza dozzina di geni
alterati, capaci di dar luogo a gravi malattie genetiche. Essi
normalmente non causano danni perché l'alterazione è limitata a uno
dei geni di ciascuna coppia, e l'altro gene, che è normale, è
sufficiente per mantenere la funzione.
Ma quando due persone che hanno uno di questi geni alterati in comune
si accoppiano, uno su quattro (in media) dei figli ricevono due copie
alterate, e sviluppano la malattia. Nel caso di cui parliamo questo
sarebbe vero non per un gene, ma per parecchi geni alterati, per cui
l'embrione sarebbe inevitabilmente ammalato.
La notizia di cui parliamo è stata divulgata come un fatto compiuto,
ma è solo un'idea e, devo confessare, un'idea stupida: si è
fabbricato un embrione con la tecnica indicata, ma non è stato
immesso nell'utero; non si sa nulla di come si svilupperà, quali
saranno le caratteristiche dell'individuo che ne deriverà. Perché
annunziare questa notizia con tanta fanfara come se fosse una
scoperta rivoluzionaria? 
Nel comunicare scoperte scientifiche c'era nel passato la buona
abitudine di divulgarle solo dopo che erano passate al vaglio di
revisori competenti che le giudicavano sufficientemente provate per
pubblicarle in una rivista scientifica. Adesso invece ci si rivolge
direttamente ai media, si strombazza la grande scoperta, che poi
cadrà nel nulla. Cosa ne penserà il pubblico? Che immagine ne trarrà
sia della notizia che degli scienziati?
E infine, questo annuncio fa risorgere una domanda che viene sempre
più posta in questi giorni: quali sono i limiti della scienza?
Generalmente gli scienziati pensano che non ci debbano essere limiti
alle conoscenze, e che limiti debbano essere posti solo alle loro
applicazioni. Ma sempre più la scienza entra profondamente nei
problemi della vita, proponendo cambiamenti che sembrano tendere a
creare una vita completamente diversa da quella che esiste, una vita
artificiale. 
Ma perché? In questo caso perché cercare di abolire una delle basi
della vita, cioè la cooperazione di due individui nel creare una vita
nuova? 
Questa è stata la base dell'evoluzione che ha prodotto le specie
adatte a vivere nel loro ambiente, ed ha creato la specie umana con
le sue enormi capacità. Queste capacità dovrebbero essere usate per
rinforzare la natura, non per violarla.