IL SOLE 24 ORE, 4 MARZO 2001 SYLVIE COYAUD No ai clonatori da talk show ---------------------------- Il medico italiano Severino Antinori ha annunciato che terrà a Roma l'8 marzo una conferenza sugli intenti del consorzio privato per la clonazione umana, da lui fondato insieme a Panayiotis M. Zavos, presidente della ZDL Inc. che vende prodotti contro la sterilità e docente di fisiologia riproduttiva all'università del Kentucky. Il 26 gennaio scorso, Zavos aveva annunciato l'iniziativa alla stampa statunitense. La maggior parte dei biologi americani hanno schernito le ambizioni di Zavos e Antinori o sospettato che la loro sia una provocazione per indurre il governo Bush a vietare le ricerche su ogni tipo di clonazione, anche se in privato qualcuno ha ammesso di conoscere colleghi che lavoravano a clonazioni umane, negli Stati Uniti, in Europea e in Cina. Siamo persone serie - ha detto Zavos al Los Angeles Times - i nostri lavori passati lo dimostrano. Pochi giorni dopo, a Londra, precisava in un'intervista alla BBC che il primo bambino clonato sarebbe stato prodotto entro 12-24 mesi. Le tariffe saranno inizialmente di 50mila dollari a bambino, col tempo scenderanno al livello delle usuali fecondazioni in vitro: dai 10 mila ai 20 mila dollari. Per noi è giunto il momento di sviluppare il "package" con senso di responsabilità, e di metterlo a disposizione del mondo. Confido nel fatto che il mondo sappia usarlo in maniera appropriata. Questo per il marketing. Quanto alla procedura, riservata a coppie eterosessuali, veniva riassunta da Zavos in questo modo: materiale genetico proveniente da una cellula del padre verrà iniettato nell'ovulo della madre e impiantato nel suo utero. La descrizione è abbastanza generica da applicarsi a qualunque fecondazione, naturale o in vitro. Da altre dichiarazioni di Zavos sulle clonazioni di animali, si deduce che il consorzio vuole usare il trasferimento di geni nucleari paterni all'ovulo materno enucleato, una variante del metodo che ha prodotto la pecora Dolly e altri mammiferi dopo di lei. Per non essere da meno, la setta dei Raeliani, vietata anni fa in Francia e ora basata in Canada, ha fatto sapere a metà febbraio che avrebbe fatto nascere il primo clone umano entro quest'anno. Prima, la sua tariffa era di 200mila dollari ma data la concorrenza sono previsti ribassi. Le obiezioni etiche sono note, quelle scientifiche forse lo sono meno. Il professor Griffin, direttore dell'istituto Roslin dove è nata Dolly, ha ricordato che il trasferimento nucleare riesce 1 o 2 volte su cento (1 su 277 nel caso di Dolly). I fallimenti riguardano ogni tappa dello sviluppo: embrioni non vitali e quindi non trapiantabili, aborti spontanei a trapianto avvenuto, feti talmente deformi che non sopravvivono, come, a volte, accade alla madre portatrice. Perfino quando la gravidanza è portata a termine, entro i primi 4 mesi i neonati hanno un tasso di mortalità superiore del 70% rispetto agli animali nati con altre tecniche. Muoiono per infezioni benigne, come la vitella francese Marguerite. E per motivi più oscuri, forse legati al fatto che la madre portatrice non riuscirebbe a trasmettere difese sufficienti prima che il sistema immunitario del piccolo abbia il tempo di formarsi. Almeno questa è l'ipotesi fatta per Noah il gaur, un piccolo bovino selvatico indiano clonato nel quadro del progetto Arca di Noé per salvare specie in via di estinzione e morto dopo appena un mese. Con la parziale eccezione dei topi "cumulina" in cui il nucleo trasferito all'ovulo proviene dalle cellule del cumulo (fanno parte del follicolo), per le varie tecniche in cui l'embrione si sviluppa inizialmente in vitro il fallimento è la regola. Diverse ricerche americane e inglesi cercano di capire il perché, non tanto per rendere efficace la clonazione quanto per capire i meccanismi più sottili dello sviluppo embrionale. Tra le piste seguite da Mark Westhusin e dal suo gruppo alla Texas A&M University, una riguarda i segnali che controllano l'apoptosi, o "suicidio cellulare", e si basano sull'ipotesi che la crescita eccessiva del feto sia causata da un'interruzione dei segnali di comunicazione intra- o inter-cellulari che bloccano la replicazione di cellule inutili e dannose. Per ora le ricerche che hanno fornito risultati concreti sono quelle che si concentrano sui fattori di crescita. Nel 1999, alla conferenza annuale dell'International Embryo Transfer Society a Québec, Patrick Blondin dell'università della Carolina del Nord riferiva che, paragonati ai feti di bovini ottenuti per inseminazione artificiale, quelli ottenuti con fecondazione in vitro avevano un livello diverso - insolitamente alto nel fegato e insolitamente basso nei muscoli - della proteina Igf2, un fattore di crescita. L'ipotesi di Blondin era che la fecondazione in vitro riprogrammasse il gene per la proteina. Ma come tutti sanno da quando è stata pubblicata la mappa del genoma umano, un gene non codifica per una proteina, partecipa con altri alla produzione di parecchie. Durante la stessa conferenza, Lorraine Young del Roslin Institute presentava una ricerca in cui erano i feti delle pecore ad avere livelli anomali; non di quella proteina bensì di un altro fattore di crescita (IgfBP2) associato al precedente. E in Nature Genetics di febbraio, Lorraine Young e i suoi colleghi scrivono che, anche nelle pecore nate per inseminazione artificiale e affette da sindrome di discendenza grossa, il gene che codifica per un altro fattore ancora (Igf2r) è privo di tutti i gruppi metile (CH3). Perciò la produzione di quella proteina è del 30-60% inferiore, rispetto alle pecore del gruppo di controllo, nate per vie naturali e con il 70% dei gruppi metile intatti. Secondo Young, quella modificazione minima dovuta alla manipolazione in laboratorio, una perdita di qualche atomo di carbonio, innescherebbe una reazione a catena per cui i geni non riuscirebbero più ad attivare la produzione delle proteine necessarie all'integrità dell'embrione. Qualunque manipolazione dell'embrione lo rende fragile, quindi, e il trasferimento del nucleo ancora di più. Sarà opportuno informarne le dieci persone che avrebbero già prenotato i servizi del Consorzio. Come dice Robert Lanza, direttore scientifico della società americana Advanced Cell Technology che ha clonato mucche e capre, clonare un essere umano è fattibile. Rischioso, non etico, ma fattibile. Il prodotto del "package" è tutt'altro che garantito.