30.12.05 |
Silvano Pedrollo: bisogna sognare per realizzare qualcosa | |
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Alessandro Sinatra: Io ho ascoltato direi con emozione l'intervento di Silvano Pedrollo, notevole sia dal punto di vista del business sia dal punto di vista dei valori. Domanda dal pubblico: I prodotti che vi copiano hanno le stesse performance degli originali? Silvano Pedrollo: Inizialmente erano di qualità scadente, e per questo abbiamo avuto anche dei grossi problemi in particolare nei paesi arabi. Vi posso riportare al riguardo un episodio: un uomo che faceva la doccia è rimasto gravemente ustionato per la scarica elettrica causata dallo scarso isolamento del motore della pompa. Sono andato dal sindaco di Dubai e ho dimostrato che il prodotto non era nostro ma era un prodotto Pedrollo clonato di produzione cinese. Piero Bassetti: E proteggono i brevetti? SP: No. Ho provato in passato diverse volte a perseguire i produttori cinesi. Ma è molto difficile individuare anzitutto i produttori, perché al di sopra di essi ci sono delle società di trading, le uniche autorizzate ad esportare, che fanno clonare i prodotti occidentali da costruttori sempre diversi. Le stesse società di trading sono molto abili a cambiare velocemente ragione sociale e quindi sono difficili da individuare e perseguire. In Cina si copia di tutto, dalle motociclette Yamaha, alle medicine, ai profumi francesi, alle automobili (la Golf per esempio è copiatissima). Domanda dal pubblico: Secondo me sono convinti di non copiare. SP: Sì, posso confermarlo. Avevo organizzato un viaggio con l'obiettivo di visitare dei produttori che clonavano alcuni nostri prodotti. Ho visitato l'azienda il cui titolare era l'ingegner Ding, nella zona del Fuan, e mi sono subito reso conto che lui stesso era all'oscuro del reato che commetteva. Infatti mi aveva chiesto se aveva copiato bene le pompe e se avevo dei suggerimenti da dargli per migliorarne le qualità. Un altro aspetto che il nostro Paese e i nostri imprenditori devono affrontare con la dovuta preparazione e per tempo è il cambio generazionale. Ho due figli, una laureata in Economia e Commercio, l'altro in Ingegneria Meccanica. Entrambi hanno fatto anche un Master di tre anni al Politecnico di Milano. PB: Questa è un'innovazione, fare un'azienda ad hoc per il figlio. Bisognerebbe fare qualche corso ai padri per spiegarlo. Non credo siano tanti i genitori disposti a creare un'aziendina per i figli perché si misurino, perché la mentalità è un'altra. Ti mettono in azienda, magari sotto un impiegato bravo, di cui si fidano per vedere se hai delle attitudini. Questa tua idea è davvero interessante per responsabilizzare. SP: Responsabilizzare le persone fa crescere l'azienda. La mia azienda è composto da più business unit ed ognuna ha un responsabile, con mansioni di imprenditore. Io controllo, ma soprattutto stimolo e non dico mai di no alle proposte. Questo ha fatto sì che si creasse un circolo virtuoso straordinario che alimenta un flusso di innovazione continua. Domanda dal pubblico: Un neo laureato, che non abbia un'esperienza come la sua nell'officina di suo padre, non ha grandi competenze da portare in azienda. SP: Al contrario, oggi siete molto più preparati! Domanda dal pubblico: Ma abbiamo solo la teoria. SP: Abbiamo fatto una ricerca con la Confindustria: un neo laureato non rimane in azienda più di due - tre anni, poi cambia lavoro. All'inizio consiglio di volare un po' bassi, anche se le aspirazioni sono alte, perché non dimenticate che l'esperienza è l'altra parte che manca per essere completi. PB: Se uno ha maturato un'esperienza intellettuale maggiore, con la stessa quantità di pratica, impara più rapidamente. SP: E' vero. Un laureato, nei primi anni può trovare anche alcune difficoltà, anche perché le aspettative sono alte. Bisogna pazientare perché occorre tempo per acquisire la dovuta esperienza. Comunque la preparazione avuta vi porterà ad acquisire una rapidità maggiore nell'analisi dei problemi e nell'applicazione delle relative soluzioni. Quindi arriveranno anche le soddisfazioni. Alessandro Sinatra: Infatti il tentativo che si fa in università è quello di insegnare a imparare. La testimonianza che oggi ci ha dato Silvano Pedrollo è quella di una volontà inossidabile di imparare e investire sulla persona. Domanda dal pubblico: Secondo me, la nascita di un imprenditore è qualcosa che viene anche dal tecnico, perché dopo che uno ha un'idea deve anche saperla mettere in pratica ed è più facile che ce l'abbia una persona che abbia un background di esperienza pratica. PB: C'è stato qui Missoni che non aveva nessuna competenza a fare le tute. E' giusto quello che tu dici, ma ci sono anche delle differenze, dipende dal tipo di innovazione, dal tipo di sfida che uno raccoglie. Quello che maggiormente caratterizza gli imprenditori di successo è la grinta del volere fare le cose. Nell'imprenditore c'è formazione, pratica e grinta. SP: Le idee imprenditoriali possono nascere da chiunque. Per esempio Giovanni Rana non si era mai occupato di tortellini, poi con il figlio ha avuto questa idea imprenditoriale, supportata da una forte campagna di immagine e oggi è il re dei tortellini. L'idea imprenditoriale non è sempre tecnica, come nel mio caso, ma può essere di qualunque tipo, commerciale, finanziaria... Domanda dal pubblico: Molte aziende sfruttano la responsabilità sociale come nuovo business. Perché lei non lo ha fatto? O se lo ha fatto, non si vede. SP: Non lo abbiamo fatto per strombazzarlo a destra e sinistra, lo abbiamo fatto per coscienza e per un dovere cristiano. Alessandro Sinatra: Nei nostri corsi parliamo spesso dell'importanza dei valori come patrimonio dell'impresa, come strumento di sviluppo. Io sono particolarmente grato a Silvano Pedrollo per questa testimonianza vera, viva e vivace di questa situazione che è difficile spiegare in astratto. La lettura di questa testimonianza è sistematicamente ricca di questi valori, non solo nel sociale, ma nel credere alla possibilità di crescita delle persone, andare in giro e acquisire le persone qualitativamente migliori, voler controbattere alla concorrenza cinese sul piano del contenuto che vuol dire avere una struttura solidissima. PB: Pedrollo ha vinto il premio imprenditore dell'anno in Italia, poi è andato al premio mondiale e se non fosse stato che l'anno prima aveva vinto un italiano, avrebbe vinto. Noi abbiamo voluto portare qui alcune testimonianze che hanno caratteristiche di eccezionalità, però l'eccezionalità serve per capire la strada che si può percorrere. Il nostro Paese deve conservare la capacità di innovare attraverso gli imprenditori e per questo mi rivolgo a voi giovani. SP: Io ho sempre pensato di avere delle gambe lunghe per camminare e tanta volontà. Le cose nascono da sé, basta avere buona volontà e grande costanza. |
29.12.05 |
L'azienda secondo Silvano Pedrollo: la persona al centro | |
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La mia storia di imprenditore è iniziata nella piccola officina di riparazioni elettromeccaniche di mio padre. Per farmi guadagnare qualcosa mio padre mi affidava qualche riparazione. |
21.12.05 |
Silvano Pedrollo: rassegna stampa | |
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Fondata nel 1974, Pedrollo SpA, è oggi azienda di riferimento a livello mondiale nel settore delle macchine per la movimentazione dell'acqua. L'Arena 25 novembre 2005 14 settembre 2005 Febbraio 2005 Dicembre 2004 Financial Express InfoManager L'Arena Verona Manager - Economia & Società 8 novembre 2001 |
20.12.05 |
Silvio Scaglia: con passione e impegno si realizza l'improbabile | |
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Piero Bassetti: Rispetto alle lezioni precedenti, oggi c'è stato un cambiamento. Silvio Scaglia ha incarnato, nel suo discorso, i quattro tipi di innovazione da lui elencati. La sua vicenda, innanzi tutto, è densa dell'innovazione del primo tipo, l'innovazione incrementale: infatti ha raccontato di diversi problemi che si sono presentati, e quindi dei modi attraverso i quali i problemi sono stati affrontati, in vista di un miglioramento. Poi è stata affrontata l'innovazione scientifica, che per noi diventa innovazione soltanto quando la scoperta, il brevetto, hanno un'applicazione concreta. Poi abbiamo sentito l'innovazione imprenditoriale, cioè la scelta di fare un business di una certa idea: l'introduzione della business idea nel contesto storico in cui ci si trova. Domanda: In che momento di questo processo avete capito qual era la tipologia di customer care che dovevate realizzare, per cambiare il sistema che non dava buoni risultati? Quand'è che siete passati al customer care personalizzato di Fastweb? Silvio Scaglia: Era il 2003. Perché proprio in quel momento? Perché a quella data avevamo risolto dei problemi molto più impellenti. Il customer care è importantissimo, però se non funziona il servizio, oppure se non si riesce a scavare per portare il servizio, il cavo, fino al cliente, il problema del customer care non emerge, nel senso che rimane sepolto sotto problemi più grossi, dal product care, dal far funzionare la baracca. Ci abbiamo messo mano nel 2003, poi ci è voluto un anno per farlo funzionare, e ha cominciato a essere a posto dalla seconda metà del 2004. PB: Gismondi, la settimana scorsa, ci parlava del suo atteggiamento come della filosofia dell'I care. Oggi si parla di customer care. A volte, quindi, l'innovazione si basa sul care dell'imprenditore. Missoni e Gismondi per metà realizzavano loro stessi quell'innovazione che noi definiamo poiesis intensive. Invece qui, oggi, si sente il protagonismo del consumatore. In altre parole, non basta realizzare un bel sistema-luce che piace all'ingegnere che l'ha progettato e che riesce a trasmettere come in fondo Picasso riesce, con fatica, a trasmettere la propria poesia, anche se a volte a prima vista questa non viene colta. Qui c'è la necessità di leggere nel consumatore quelle che sono le sue vere preferenze, di prendersi cura del consumatore. Prof. Alessandro Sinatra: Innanzi tutto mi unisco ai ringraziamenti per questa testimonianza straordinaria. Silvio Scaglia: Non posso risponderle: "Con tanta fortuna"!? PB: Con quest'ultimo discorso hai toccato un discorso che noi, come Fondazione Bassetti, abbiamo difficoltà ad affrontare. L'idea, cioè, che l'innovazione non è la trouvaille, la scoperta, ma è quel misto di volontà e passione (tu stesso hai usato la parola "passione") che secondo me è la parte di "divino", per così dire, che c'è nell'innovazione. E' un tema totalmente inedito. Si tratta della presa di coscienza del fatto che l'innovazione non è soltanto "più sapere", e nemmeno "più potere", ma al limite è "più volere", in un atteggiamento di volontà acritico. E qui sta il grande fascino del mestiere di imprenditore. Domanda: Quando avrà identificato un nuovo progetto imprenditoriale, porterà con sé gli ingeneri con i quali ha creato Fastweb, svuotando questa azienda? Silvio Scaglia: Assolutamente no. Quando siamo partiti con Fastweb, alcune delle persone che lavoravano in Omnitel con me mi hanno accompagnato. Ma, in modo molto conscio, non ho preso le persone chiave. Vittorio Colao, che era direttore generale quando io ero amministratore delegato di Omnitel, sarebbe stata una persona che io avrei sognato di avere con me in Fastweb. Non gli ho proposto di venire con me in Fastweb perché c'era bisogno di lui in Omnitel. Come lui, tante altre persone. Ricordo ancora esplicitamente Paolo Galli, che poi divenne direttore generale di Omnitel. L'ultima cosa che si vuole è vedere andare male un'azienda che si ha contribuito a far nascere. Domanda: Dal punto di vista del capitale azionario, non ha paura che la sua uscita possa avere effetti negativi? Silvio Scaglia: Ci sono, naturalmente, dei pro e dei contro. Io ho annunciato in anticipo la mia intenzione di uscire proprio per dare tempo. L'azionariato di Fastweb è fatto prevalentemente da fondi, oggi soprattutto fondi anglosassoni. Ci sono fondi più adatti a situazioni imprenditoriali e altri più adatti a situazioni più stabilizzate di private company. In questo tempo dobbiamo gestire un cambiamento di azionariato, meno fund, più fondi pensione, un azionariato più in linea con la nuova fase, rispetto alla prima fase molto imprenditoriale. Cerchiamo di farlo bene, accompagnando questa transizione. Io ho preso l'impegno di non toccare nessuna delle mie azioni prima che questo processo sia definito. Riconosco che il problema che la domanda ha posto esiste, ma va gestito, e metto il mio portafoglio insieme a quello degli altri azionisti fino a quando non è gestito. Se si gestisce bene il problema, si crea maggior valore rispetto a prima. PB: Anche i manager sono uomini liberi. Questo è uno dei drammi di cui dovete avere consapevolezza ed è uno dei problemi del capitalismo moderno. Se andate a Silicon Valley lo vedete drammaticamente. Del resto, è il problema della scienza. Presto o tardi ci pentiremo di aver incentivato la trasformazione degli scienziati in imprenditori. Qualche volta, infatti, si perde un buon scienziato e si acquista un cattivo imprenditore. |
19.12.05 |
Silvano Pedrollo: il re dell'acqua |
Innovazione, tecnologia e sensibilità per il sociale. Sono le parole chiave dell'imprenditorialità responsabile di Silvano Pedrollo, Presidente della Pedrollo SpA, che lunedì 19 dicembre 2005 sarà ospite all'Università Carlo Cattaneo-LIUC dalle 11.30 in aula C1.12. SILVANO PEDROLLO 1945 1970 1974 Oggi Silvano Pedrollo è Amministratore unico della Pedrollo SpA, con sede a San Bonifacio (VR), azienda leader mondiale della produzione di elettropompe per uso agricolo, civile ed industriale. I prodotti Pedrollo raggiungono 160 Paesi in tutto il mondo, con un export dell'80%. Silvano Pedrollo è anche titolare della Citypumps, azienda produttrice di elettropompe in acciaio inox (export 80%) e Amministratore unico della Linz Elèctric, azienda produttrice di generatori di corrente elettrica (export 50%). 1992 1995 2000 Silvano Pedrollo è inoltre stato Ambasciatore del Sovrano Militare Ordine di Malta nella Repubblica di Guyana (America del Sud) dal 2000 al 2003. Dal 2004 è Ambasciatore del Sovrano Militare Ordine di Malta nella Repubblica di Malta.
1990 1991 1993 1994 1995 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
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18.12.05 |
Qualche domanda a Rosario Messina | |
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Piero Bassetti: Quello che vogliamo far capire è che il problema dell'innovazione è estremamente complesso, è molto legato al ruolo dell'imprenditore e per questo è importante ascoltare le esperienze esistenziali e personali dei testimonials che abbiamo invitato qui alla LIUC. Come avete sentito da Rosario Messina, se c'è già uno schema, difficilmente c'è l'invenzione. Domanda: Dove producete i vostri prodotti? Rosario Messina: Il prodotto di qualità, prodotto con mano esperta difficilmente viene costruito fuori. Noi abbiamo una fabbrica in Canada e una in Giappone, ma non per risparmio di manodopera, ma perché la gente vuole le tre-quattro settimane di consegna e quindi è meglio produrre lì. Altre aziende producono in Cina perché vendono in Cina e vogliono essere competitivi con quel mercato. Domanda: Qual è il vostro target? RM: Il nostro target è trasversale. Noi ci siamo specializzati solo in un prodotto, il letto, quindi dobbiamo produrlo diversificandolo per le diverse esigenze. Non ne facciamo un problema solo di marketing di nicchia. Domanda: L'IKEA è un concorrente temibile? RM: L'IKEA esiste e va benissimo, ha una sua clientela, c'è una copia del nostro Nathalie a circa 500 euro, ma faccio tanti auguri a quelli che sono disponibili a dormire su una doga di legno larga 35 e con quei tessuti! |
16.12.05 |
Rosario Messina: innovare vuol dire usare il cervello e guardarsi intorno | |
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Venire qui per me è sempre un piacere, anche perché a stare con voi c'è sempre da imparare. Io ho incominciato a lavorare a 15 anni e mi sono diplomato a 24 mentre lavoravo, quindi non essendo riuscito nella vita a stare seduto nei banchi universitari, questo un po' mi manca. Oggi parliamo di innovazione: di grandi invenzioni ce ne sono solo due o tre in un secolo. Innovare o inventare vuol dire anche cambiare le cose che abbiamo ritenuto vecchie. Oggi ho il grande piacere di sedere accanto a Piero Bassetti: la Flou è nata in Bassetti. Quando Piero Bassetti disse che era meglio diversificare i canali distributivi, andando anche nel canale dei mobilieri, io stavo entrando in Bassetti dopo anni di esperienza maturati in B&B Divani, Rex Zanussi e Rinascente. Le più grandi innovazioni, secondo me, nascono guardando come ci comportiamo noi stessi. Ogni tanto porto con me oggetti che hanno una storia: oggi ho portato un nastro della Chanel. Quindici anni fa, la figlia di un manager che lavorava alla Superga Scarpe casualmente, vedendo il nastro che usavano alla Chanel per confezionare i pacchi, ne chiese alla commessa qualche metro. Due settimane dopo al negozio Chanel hanno dovuto togliere il nastro dalle confezioni perché la ragazzina, che andava in uno dei più importanti licei di Milano, lo aveva usato al posto delle stringhe bianche e tutti i ragazzini erano andati al negozio a chiedere il raso dei pacchetti per farsi le stringhe delle scarpe. Innovare vuol dire semplicemente usare il cervello e guardarsi intorno, osservando come ci comportiamo noi stessi, notando le esigenze che hanno le persone, anche perché l'innovazione, la ricerca, l'inventiva servono fondamentalmente a migliorare la qualità della vita. Se una cosa non ha qualche funzionalità aggiunta rispetto a quella che uso già, non ho motivo di comprarne un'altra. Inoltre bisogna presentare la cosa giusta al momento giusto. Bisogna conciliare funzionale e emozionale: per questo mi sembrava indispensabile il design per inventare il letto per il piumone, quindi chiamai Vico Magistretti. Come succede, le cose geniali nascono in mezz'ora: lui mi chiese che ci fossero solo un letto, un materasso e un pezzo di legno che facesse da testata, un paio di piumoni e lenzuola. Arrivati nella fabbrica di Meda, lui fece una manovra molto semplice: mise un piumone sul letto e un altro a cavallo della testata, così che la testata fosse la continuazione del piumone. Pensando che il guanciale rimanesse alla polvere, si è poi trovato il modo di metterlo sotto, nascosto. Oggi è un momento in cui l'offerta supera la domanda, quindi bisogna fermarsi a pensare. Abbiamo la fortuna di essere in Italia, il Paese più creativo al mondo, una creatività che non è riproducibile perché ce l'abbiamo nel DNA. Quando è stato creato il mondo ad alcuni è stato dato l'uranio, ad altri il petrolio, all'Italia la creatività! Quello che noi abbiamo in Italia è la ricchezza data dalle nostre aziende con il nostro marchio e la potenzialità di poter sviluppare il marchio. E questo è un patrimonio impressionante che non è dato solo dallo stato patrimoniale, dagli utili, ma dall'importanza del marchio. Oggi mancano i manager preparati, anche perché siamo stati troppo ben abituati. Per vent'anni, anche nella mia azienda, con l'incremento del 30-40% l'anno, che strategie bisognava fare? L'unica strategia era raccogliere gli ordini, produrre e consegnare. Ecco perché magari oggi sono più bravi di noi i cinesi o gli indiani: la necessità aguzza l'ingegno. Dietro l'angolo c'è un'opportunità sconvolgente di lavorare, ma bisogna avere anche un po' di voglia! Gli ultimi venti, trent'anni ci hanno abituato al benessere, ma oggi la manna non cade più dal cielo! Nella mia azienda cerco di creare un ambiente piacevole che sia di per sé fonte di creatività, facendo vivere i dipendenti in un bell'ambiente di lavoro. Avere un atteggiamento positivo favorisce la creatività nel costruire e nel presentare i prodotti. Si è sempre fatta la differenza tra il design industriale e quello filosofico: io, essendo un commerciante, mangio solo design industriale e quindi se di un pezzo non ne faccio almeno mille copie vado in fallimento. Altre aziende invece se ne fanno più di cento esemplari si sentono svilite. E questo perché il design è stato sempre visto come qualche cosa di esclusivo, per l'élite. La soluzione che ha datola Swatch , per esempio, non è legata solo all'orologio, ma anche al design venduto a 30 euro, così il design diventa alla portata di chiunque, è trasversale. La genialità di un'innovazione è data anche dal saperla comunicare. Oggi noi abbiamo un grosso dramma a livello della distribuzione: i commessi parlano poco, non dicono niente ai clienti, si presentano senza un dépliant in mano, quando il cliente va via non lasciano neanche un biglietto da visita. Sono stati abituati male dal fatto che fino a sette-otto anni fa il cliente arrivava in negozio quasi pregando di avere un letto, perché la domanda superava l'offerta. Oggi il problema si è ribaltato. L'Italia e l'Europa non potevano comprare mobili per cent'anni, è dal 1940 che si vendono mobili. Oggi si vende all'estero, in Giappone, America, Cina, Russia, Sud Africa, Brasile, Venezuela. Questi per noi sono i Paesi emergenti. In realtà, l'innovazione non è neanche inventare sempre qualcosa di nuovo: il nostro letto Nathalie nel 1978 era unico, oggi nel listino presentiamo venti modelli, varianti diversi di Nathalie. L'innovazione deve anche arrivare al momento giusto nel posto giusto: la Flou è nata in Bassetti, quindi c'era già cosa mettere sopra i nostri letti imbottiti, era la biancheria Bassetti. E' importante anche l'incontro tra varie esperienze, varie persone come è successo nel nostro caso. Inoltre non bisogna solo guardare il proprio settore, ma capire le esigenze di un mercato più vasto, vendendo non solo il prodotto, ma anche il servizio. |
14.12.05 |
Silvio Scaglia: FASTWEB, innovazione del quarto tipo |
I quattro modi di innovare Quando penso all'innovazione, ne vedo quattro grandi categorie. L'altro tipo di innovazione che è molto semplice da classificare è quella che si fa nelle università, nei laboratori, che poi produce in genere i brevetti dai quali eventualmente possono nascere prodotti o aziende. Questi laboratori possono essere all'interno delle università oppure all'interno delle aziende: è il budget di ricerca delle aziende. E' ciò che si dice che in Italia manchi molto. E' un'innovazione particolarmente difficile da gestire; lavora su tassi di successo molto bassi. I due livelli intermedi di innovazione sono più a portata di mano. Il primo è l'innovazione di business-system: si lavora in un mercato esistente, con prodotti e tecnologie esistenti, ma si innova il modo di gestire un'impresa all'interno di questi prodotti e mercati. C'è un quarto tipo di innovazione, che è quello che ci ha dato modo di far partire FASTWEB. E' un tipo di innovazione più tecnico, meno scientifico, che parte a valle del laboratorio perché si basa su prodotti che incominciano ad esserci, nell'ambito di una transizione tecnologica che ha una sua precisa collocazione temporale, in una finestra precisa: fatta troppo presto, o troppo tardi, non sarebbe stata possibile. L'innovazione di FASTWEB Nel caso di FASTWEB, la transizione tecnologica è stata quella delle reti IP, le reti Internet-Protocol dei router. Oggi Fasweb può fornire in real time bandwith on-demand a un'azienda, a un computer che lo richiede, fino a Giga-bit al secondo, in tempo reale. Dieci anni fa, per dare un termine di paragone, le linee di connessione tra i maggiori operatori al mondo erano di 155 mega bit al secondo. Nel 1999 alcuni servizi, tra cui la telefonia, potevano ormai essere gestiti con logiche di mercato, e non più secondo la logica dello Stato-imprenditore, una logica ormai superata. In un clima di "corsa all'oro", dopo la liberalizzazione del mercato, ma prima dello sbum della bolla, quella di FASTWEB era la 315a richiesta di licenza per telecomunicazioni di rete fissa. C'erano quindi le condizioni favorevoli del mercato, ma c'era soprattutto quella finestra "fatata" rispetto alla maturazione della tecnologia. Il 2001 e il 2002 furono anni molto difficili perché riuscimmo a far funzionare questa tecnologia, ma le difficoltà tecniche erano frequenti, il sistema era giovane e scricchiolava parecchio. I problemi erano dovuti per la maggior parte a problemi di inter-operatività tra i router, i cui software non erano progettati dalla Cisco tenendo conto delle necessità di una rete di questa complessità. L'altro grande problema sono stati gli scavi nelle strade, necessari per collegare tutti gli edifici. Una sfida alla quale inizialmente non avevamo pensato è che una azienda che offre servizi di questa complessità, che offre telefono, connessione a banda larga, televisione... deve avere un customer care adeguato; non basato, come succede nel campo delle comunicazioni, sul minimizzare i costi della singola chiamata, ma sul minimizzare i costi di risoluzione del problema. Questo ci ha condotti a creare il nostro personale, selezionato con rigore e formato all'interno dell'azienda, in grado di rispondere efficacemente ai problemi dell'utenza. Diversamente dall'inizio, oggi il nostro customer care è un elemento di forza dell'azienda ed è coerente con la nostra offerta. Sono passati 6 anni dal momento in cui siamo partiti con FASTWEB. Il futuro di Silvio Scaglia e di FASTWEB Dal mio punto di vista, quindi, inizio a vedere FASTWEB come vedevo Omnitel nel 1999: da un punto di vista di business mi sembra che il business case sia dimostrato, che funzioni, da un punto di vista tecnologico funziona, è accettato, l'azienda è solida, ha un team di manager molto forte... sento quindi il bisogno di fare delle nuove cose. Ci sono tre alternative possibili, tra cui è necessario scegliere quella che crea maggior valore per l'azienda. La prima è che FASTWEB continui come azienda indipendente, come public company quotata in borsa, senza azionisti dominanti, basandosi come molte aziende nel mondo, e poche in Italia, sulla fiducia dei mercati finanziari. La seconda opzione è che subentri qualche altro socio di riferimento al mio posto. La terza opzione è che ci sia qualcuno che compri Fastweb nel suo complesso. |
13.12.05 |
Rosario Messina e Flou: rassegna stampa | |
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Fin dalla sua costituzione Flou ha basato la propria strategia su un concetto innovativo: produrre letti di design con un ottimo rapporto prezzo-qualità, moderni, funzionali, capaci di trasformare la camera da luogo chiuso e quasi inaccessibile in un ambiente aperto e colorato, offrendo al consumatore il miglior modo di dormire, nella consapevolezza che dormire bene aiuta a vivere meglio. Ottobre 2005 Ottobre 2004 Settembre 2004 Settembre 2004 Aprile 2004 Ottobre 2003 Novembre 2002 |
11.12.05 |
Silvio Scaglia e Fastweb: rassegna stampa | |
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A partire dal 1 dicembre 2004 FASTWEB è il nuovo nome di e.Biscom in seguito alla fusione con la controllata FastWeb, società operativa focalizzata sullo sviluppo e sulla fornitura di servizi di telecomunicazione a banda larga in Italia. La rassegna stampa qui proposta raccoglie alcuni articoli che ripercorrono, dal 1999 ad oggi, le tappe più significative della "scommessa innovativa" di Silvio Scaglia. Sette. Corriere della Sera Affari&Finanza Il Sole 24 ore Il Secolo XIX Time Corriere della Sera La Stampa Il Sole 24 Ore CorrierEconomia La Repubblica - Affari&Finanza Il Sole 24 Ore Giornale di Sicilia Corriere della Sera |
10.12.05 |
L'innovazione collettiva di Silvio Scaglia e la nuova cultura del dormire di Rosario Messina |
Telefono, internet e televisone su 6 mega di banda larga: questa è la scommessa triple play di Silvio Scaglia che ha portato FASTWEB nelle case di 700 mila italiani. Una vera innovazione collettiva.
1958 1983 Silvio Scaglia inizia la sua carriera come consulente per McKinsey & Co e Bain per poi passare in Piaggio come Senior Vice President per le attività extra-europee. 1995-1999 1999 2003 2004 |
English version Eleganza, raffinatezza, funzionalità e design: queste le parole chiave del successo di Flou, l'azienda fondata nel 1978 da Rosario Messina, che ha inventato una nuova "cultura del dormire", conquistando la leadership internazionale del settore.
1942 Primogenito di cinque fratelli, alla guida della famiglia dopo la prematura scomparsa del padre, prosegue gli studi per diplomarsi e contemporaneamente entra giovanissimo alla Rinascente di Catania, dove assume cariche di sempre maggior rilievo. Nei primi anni Settanta, dopo qualche anno trascorso a Catania come direttore della Filiale Zanussi, all'epoca la più importante azienda italiana di elettrodomestici, accetta l'invito di trasferirsi in Lombardia dove, in tempi diversi, assume la direzione commerciale di due tra le maggiori industrie del mobile. Le significative esperienze maturate nel settore gli permetteranno di manifestare appieno le sue non comuni doti imprenditoriali quando collaborerà con Bassetti allo sviluppo di un nuovo concetto di applicazione del tessile nell'arredamento. 1978 Premi e riconoscimenti: 1996 1997 2000 2002 2005 Particolarmente prestigioso è il ruolo che ricopre dal 1999 come Presidente del Cosmit, il comitato organizzatore del "Salone del Mobile di Milano", "Euroluce", "Eurocucina", "Eimu", "Sasmil", "Salone complemento", "SaloneSatellite". Nel giro di pochi anni Messina ha dato un importante contributo strategico alla visibilità e al prestigio delle più importanti fiere internazionali del sistema "Legno-Arredo", concentrato soprattutto sul Salone del Mobile, evento che in aprile attira a Milano oltre 180.000 addetti ai lavori e 3.000 giornalisti provenienti da tutto il mondo, consolidando il ruolo della città come "capitale del design". Il profilo professionale di Messina si avvale inoltre della partecipazione a convegni e conferenze in Atenei e Facoltà Universitarie, dove è spesso richiesto di presentare la "case history" Flou. |
07.12.05 |
L'antropologia della luce: the human light di Artemide | |
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Piero Bassetti: Se è più immediato capire la bellezza di una lampada, che cosa fa invece la bellezza di un sistema di illuminazione? Come siete passati dalla lampada al sistema luce? Ernesto Gismondi: Per sistema luce intendiamo che ci sono delle situazioni di illuminazione che vanno oltre la lampada sul comodino. Quando si devono illuminare degli spazi pubblici, dove ci sono situazioni mutevoli e bisogna creare particolari effetti, dobbiamo offrire un progetto ben determinato. Il sistema nasce quando si va ad analizzare i bisogni, introducendo determinati parametri e stabilendo come si modifica la luce durante la giornata in un determinato spazio. PB: Chi è in grado di valutare con competenza il valore e l'efficacia di un sistema luce? EG: Ci sono i lighting consultant che hanno esperienza e possono fare queste valutazioni. Le nostre controparti per i sistemi luce sono gli architetti e i migliori sono quelli che fanno sia building sia interni, perché non puoi progettare prima i muri e poi riprogettare l'interno. PB: Il consumatore si accorge di queste nuove possibilità? EG: Anche all'interno di un'azienda, sia per questioni di normative, sia per richiesta dei dipendenti, c'è la richiesta di una luce giusta, che non sia stancante. E' stato dimostrato, e noi l'abbiamo studiato, che dopo una giornata di lavoro in uno di questi luoghi sigillati, in cui c'è solo luce artificiale, al momento del contatto con la luce naturale si hanno problemi alla vista per 20-30 minuti. Se c'è questo tipo di problema, noi dobbiamo cercare di risolverlo con un sistema che, magari, mezz'ora prima dell'uscita modifichi le luci per abituare l'occhio alla luce esterna. Noi abbiamo studiato a fondo il problema dell'illuminazione per l'uomo e in particolare l'illuminazione della casa. Oggi le necessità in una casa sono molto più grandi di una volta: abbiamo studiato, con gruppi di ricerca formati da medici e psicologi, quali erano le reciproche interazioni tra la luce, l'uomo, il suo modo di sentire e il colore. Quando prendi questi parametri e li metti insieme ti accorgi che devi regolare il tutto in maniera opportuna. Il nostro lavoro, la nostra innovazione, è questo: andare a scoprire i bisogni che in realtà le persone hanno già. Noi creiamo le macchine che rispondono a questi bisogni e le vendiamo benissimo! PB: Gismondi parla della luce in modo diverso da come potrebbe parlarne uno di noi, ma sentendo queste cose mi accorgo di quanto sono vere. Questa è l'innovazione: vai alla ricerca di un bisogno inespresso e gli corrispondi. Domanda: Artemide è presente nei paesi nordici, dato che là l'esigenza è forte, visto che vivono per molti mesi al buio? EG: Per noi è un grosso mercato, anche perché tengono la luce sempre accesa e perché hanno la necessità di non suicidarsi. Per questo noi progettiamo degli apparecchi appositi, che per noi sono abbastanza normali, che hanno delle regolazioni per cambiare il colore e fare in modo che l'atmosfera diventi più calda. Domanda: Quali sono i concorrenti di Artemide? EG: Ci sono? Io non li conosco! La modestia è sempre stata il mio forte! EG: Abbiamo fatto uno studio di alcuni mesi con un gruppo di ricerca in cui emerge che per l'uomo la luce è importante, ma ancora di più lo è il colore. Per vivere meglio quindi è importante tenere conto di luce e colore. Per questo abbiamo deciso che dovevamo fare qualche cosa per soddisfare questi bisogni. Il bisogno è quello di avere, all'interno della casa, atmosfere diverse, piacevoli, rilassanti o eccitanti. Ci sono "momenti di luce diversa" che vorremmo avere. Questo è stato l'origine di human light, la luce per l'uomo, pensata per creare benessere. Sono macchine speciali, con filtri speciali, con computer all'interno. PB: Chi è abituato a queste raffinatezze della luce? EG: Gli italiani sono per la dolcezza, per creare un'atmosfera. Gli italiani e i francesi sono i più raffinati, seguono gli svedesi a cui piace far finta che esista anche per loro un tramonto o un'alba, che esistano delle situazioni diverse dal buio pesto! Un altro passo avanti l'abbiamo fatto con la lampada a.l.s.o. che vuole dire aria, luce e suono. Per far star bene l'uomo, che cosa serve oltre la luce? Abbiamo pensato al suono e all'aria purificata. Ci siamo chiesti perché non fare una macchina che mettesse insieme tutto: avere la luce sofisticata e regolata, il suono trasmesso via radio e filtri elettrostatici per purificare l'aria e l'ambiente. Domanda: Per una macchina del genere si avvalete di esperti esterni o producete tutto voi? EG: Per suono e aria ci siamo avvalsi di consulenti esterni, soprattutto per il problema dell'aria, perché noi non sapevamo come erano fatti i filtri elettrostatici. Ci siamo quindi fatti progettare questi filtri da un'azienda specializzata. La progettazione e la concezione dell'intero sistema sono invece di Carlotta de Bevilacqua. La nostra vera innovazione, però, si chiama Tolomeo e il suo successo deriva dalla sua etrema funzionalità e con Tizio, disegnata da Richard Sapper nel 1972, abbiamo conquistato il mondo. Sono lampade poli-uso perché si possono usare nelle varie stanze della casa, in ufficio. Per quanto riguarda la ricerca, recentemente abbiamo costituito un gruppo di medici, psicologi ed esperti di marketing per studiare la luce bianca. Di luce bianca non ce n'è una sola, ma tantissime, che vanno da 2600 gradi Kelvin della luce calda della candela fino ai 10 mila Kelvin del sole e ai 13 mila della luna. Abbiamo chiesto ai medici che influenza può avere la luce, in particolare quella bianca, sulla persona. Che luce si vuole nei vari momenti della giornata e soprattutto a casa, che luce bianca può dare benessere? Abbiamo abbinato una luce bianca diversa per ogni stato d'animo, anche se non per tutti allo stesso bianco corrispondono le stesse sensazioni. PB: Io ringrazio molto Ernesto Gismondi non solo perché ci ha spiegato molte cose, ma ci ha portato anche una testimonianza del personaggio, con tutte le sue complessità di sapere e di volere. |
06.12.05 |
L'azienda: la macchina armonica di Ernesto Gismondi | |
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Qual è il percorso della mia vita? Mio padre faceva il cinema, io ho deciso di fare un'altra cosa. Prima ho pensato di fare gli aeroplani, poi i missili. Però per fare missili bisognava avere tanti soldi, quindi ho chiuso la partita missili. Mi sono divertito ad aprire Artemide mentre insegnavo al Politecnico. Sono anch'io uno di quegli italiani che se non ha due o tre lavori non passa bene la giornata! L'azienda è una macchina utile alla società? Che cosa deve fare l'imprenditore? Le aziende oggi si confrontano con il mondo, sono la spinta del mondo, senza nulla togliere alla politica, alla religione, etc. Sull'utilità sociale io non ho il minimo dubbio: pensate un modo senza lavoro come può essere, è meglio cercare di salvare i posti di lavoro e fare tutto il possibile perché la gente possa vivere, possa avere una casa. Ciò che conta è che ognuno faccia la propria parte attraverso il lavoro, dal quale si ricava il reddito per vivere. Come mai ci sono aziende che falliscono? Il fallimento deriva da tante ragioni possibili: una è che il padrone "rincoglionisce" e questo è possibile, l'altra è che cambia il mondo e si crede di poter fare delle cose che invece vanno diversamente. Come fa l'azienda a crescere e ad essere qualcuno? Le imprese devono innovare perché devono continuare ad esistere: se non innovi, se non vai avanti, se non presenti dei prodotti nuovi, dei prodotti che diano qualcosa di più, sei destinato alla morte, come il caso del tecnigrafo. L'innovazione che cos'è? Com'è fatta? Non vi sto a ripetere che è indispensabile, anche perché credo sia chiaro a tutti. L'innovazione nasce in azienda da uno solo, se c'è un leader, altrimenti da uno staff di menti pensanti che studiano che cosa si deve e che cosa si può fare in funzione di che cosa sa fare l'azienda. Come fare? Bisogna guardarsi intorno nel mondo e capire che cosa c'è, chi sono i concorrenti, come si muove la società, quali sono le nuove tendenze. Questo è ciò che si fa nel medio termine, in due o tre anni il programma stabilito deve essere realizzato. In realtà il programma non è mai uno solo, ma ci si muove su canali diversi per riuscire a fare prodotti che siano interessanti. Vi faccio un esempio vissuto di programma a medio-lungo termine: Artemide e la Cina. Si parla della Cina, del Sud-Est asiatico, del BRIC (Brasile, Russia, India, Cina), i mercati del futuro, mercati che non si può far finta che non ci siano, perché l'azienda non vive da sola, non è un artefatto che sta lì nella sua nicchia. Se fa la nicchia, muore lentamente, magari con il suo fondatore. Di fronte a questo che cosa ho fatto io? Conosco bene questi problemi perché ho frequentato la Cina parecchie volte e ho capito che non è possibile rinunciare a quel mercato, è un suicidio, bisogna assolutamente essere là. Quindi ho pensato che bisogna andare "a combattere" in Cina con quelle che sono le nostre capacità che sono saper produrre ad altissima qualità e con inventiva e saper creare prodotti innovativi e molto belli. Perché la nostra forza, quella che si chiama Made in Italy, è questa nostra capacità di saper creare degli oggetti non solo funzionali, ma di altissimo design e questo ci distingue moltissimo da altri Paesi che fanno cose diverse. |
05.12.05 |
Il Gruppo Artemide - rassegna stampa | |
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Il Gruppo Artemide, fondato da Ernesto Gismondi e Sergio Mazza nel 1959, oggi opera attraverso 16 società controllate e partecipate e 35 distributori esclusivi in tutto il mondo. La rassegna stampa qui proposta, che raccoglie alcuni recenti articoli su Ernesto Gismondi e Artemide SpA, vuole guidare il lettore ad un progressivo avvicinamento alle scelte imprenditoriali di un grande successo Made in Italy. (Per leggere gli articoli, clicca sui titoli)
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04.12.05 |
Creatività e tecnologia: l'innovazione secondo Ernesto Gismondi |
Soddisfare i bisogni che la gente non sa ancora di avere. Parola di Ernesto Gismondi, Presidente di Artemide SpA, che sarà ospite di Piero Bassetti all'Università Carlo Cattaneo-LIUC di Castellanza lunedì 5 dicembre 2005 alle ore 10.00 in aula C112.
1931 1957 1959 1959 1959-1964 1964-1984 Ha ricoperto la carica di Vice Presidente dell'A.D.I., l'Associazione per il Disegno Industriale, con sede a Milano. Trasferisce alcune delle tecnologie specialistiche avanzate nel campo del mobile. Si afferma quale designer internazionale. Dal 1970 Dal 1981 Presiede diverse società del gruppo Artemide. In seno all'Associazione Industriale Lombarda (Assolombarda) ha ricoperto le cariche di: In Federmeccanica ha ricoperto le cariche di: In Confindustria ha ricoperto le cariche di: Per l'Ente Autonomo Fiera di Milano ha ricoperto le cariche di: Per il Ministero per l'Università e la Ricerca ha operato quale: 1993-1995 1994 E' stato membro del Consiglio di Amministrazione dell'E.A. La Triennale di Milano. Dal 1994 1995-1998 1995-2000 Tra le attività didattiche ha presieduto e partecipato attivamente a numerosi seminari, in Italia ed all'estero, sul design ed i suoi sviluppi, sul risparmio energetico applicato all'illuminazione: |
03.12.05 |
Ottavio Missoni: non sapevo di essere innovativo mentre lo facevo | |
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Piero Bassetti: L'essenza dell'innovazione creativa è saper mettere insieme creatività, lavoro e tecnologia. Quel riferimento che Missoni ha fatto alle macchine e al condizionamento che la tecnologia impone secondo me è molto importante. Tra creatività e tecnologia c'è un rapporto. Ottavio Missoni: Noi avevamo una parte creativa, ma io ho fatto la gavetta con le macchine, sapevo come funzionavano, facevo i disegni sulla carta quadrettata e sapevo tecnicamente quali erano i materiali che dovevo adoperare e sapevo come utilizzarli con le macchine che avevamo a disposizione. PB: Al di là delle apparenze c'è molto mestiere. Ma le cose che creavi come venivano proposte a donne e uomini? Come siete passati dalla soddisfazione di avere creato un bel golf o una bella sciarpa al fatto che tutti indossassero i vostri capi? OM: Il nostro mercato non è mai stato programmato. Fino agli anni '70 di soldi per la pubblicità non ne spendevamo, anche perché non ne avevamo da spendere, dovevamo essere molto attenti nella gestione. PB: Quando tu vedevi che la gente cambiava modo di vestire, dentro di te sentivi qualche forma di responsabilità per avere introdotto questo cambiamento? OM: Avevo piacere a vedere che queste cose venivano indossate, anche perché era un modo innovativo. E' chiaro che facesse piacere. Io sono stato un innovatore e sono contento che pur evolvendo, cambiando con i tempi, noi siamo rimasti sempre "in tema". Anche perché, se vogliamo dire, c'è differenza tra moda e costume e le grandi innovazioni sono state jeans, T-shirt e scarpe da tennis. Anche la minigonna, che però ad un certo punto è stata soppiantata dai pantaloni. PB: L'innovazione di tipo competitivo - quella della lira in meno - è diversa dall'innovazione creativa. Riprendendo la tua esperienza sportiva, quando tu gareggiavi correvi in corsia e non ti saresti mai permesso di saltare nell'altra corsia; quando sei diventato imprenditore hai saltato sempre nell'altra corsia! Competere e innovare sono due cose molto diverse: per competere un passo in più e un secondo in meno vuol dire vincere, per innovare serve la novità che ti porta a vincere anche se corri meno. Questo è un discorso centrale per capire che cos'è l'innovazione. Domanda dal pubblico: Ha mai avuto dei dubbi? OM: Io sono pieno di dubbi ed è forse solo grazie a questi dubbi che sono riuscito a fare qualcosa. Se avessi avuto solo delle certezze forse sarei stato molto più sereno, ma con le sole certezze non avrei fatto molto. Ma quelli con le certezze non sono personaggi che mi piacciono. I dubbi ci sono perché ogni cosa che fai non sai se è quella giusta e ti domandi se la stessa cosa avresti potuto farla meglio. L'importante è non avere le certezze! Domanda: Ha incontrato grandi difficoltà? OM: Se ne incontravo, facevo finta di non conoscerle! Quando le incontri, fai finta di non esserci! Domanda: Perché proprio la maglia? E' stato un caso? OM: E' stato un caso. Un mio amico, Giorgio Oberweger, aveva una macchina di maglieria, poi ne abbiamo comprata un'altra e abbiamo fatto società. E' così che ho trovato questo mestiere della maglia. PB: All'inizio hanno avuto successo perché hanno fatto la prima bella tuta sportiva che aveva un accorgimento che ancora oggi è rivelatore di stile: la parola "Italia" non era in bianco, ma era in negativo. E credo che questa tuta sia sta importante per l'inizio del successo dell'impresa. Aveva anche un'altra cosa intelligente: la lampo lunga sul polpaggio perché si togliesse facilmente e questo è un segno del mestiere. Molto del successo del Made in Italy è fatto dalle piccole trovate, come l'accorgimento della lampo lunga, che fanno dire "Questa cosa qui è meglio di un'altra!". OM: Nel caso dell'abbigliamento, la prima cosa è scegliere materiali e forme in funzione delle esigenze di chi indosserà il capo. In un secondo tempo interviene l'estetica e a questo punto puoi anche migliorare il prodotto. Domanda: E' possibile rendere istituzionale all'interno dell'azienda il processo che lei ci ha raccontato? OM: Io sono stato fortunato, ma non c'è sempre l'opportunità di scegliere il proprio mestiere. Se uno ha la fortuna e la capacità di individuare una "fascia di lavoro" che coincida con il suo interesse personale, ecco che questo lavoro lo interessa, lo affascina. E' una cosa molto individuale, mi auguro che tutti possano scegliere un mestiere, un lavoro nel quale possano identificarsi e trovare interesse. PB: Questo è il problema delle motivazioni. Ma come trasferisci queste motivazioni ad una macchina produttiva, ad un'impresa? OM: Questo viene in un secondo momento, è una conseguenza. Se uno può scegliere, poi da cosa nasce cosa. Domanda: Lei ha iniziato nel 1953, ma se avesse dovuto iniziare adesso? OM: Per essere innovativi, all'epoca i tempi erano abbastanza favorevoli. Questo perché eravamo in pochi, stava morendo l'alta moda e stava nascendo quello che poi è stato chiamato il prêt-à-poter e il campo era abbastanza vergine. Negli anni '70 a Milano eravamo 7 e oggi siamo 300 e questo vuol dire che c'è stato spazio per altri anche in tempi successivi. Certo oggi sarebbe più difficile, magari useremmo delle altre regole, non vi saprei dire che cosa succederebbe se io dovessi iniziare un'attività adesso. I miei figli lavorano diversamente, ma non hanno tradito le origini della bottega. Domanda: Quali stimoli le facevano creare i nuovi modelli e inventare le fantasie? OM: Sono gli stimoli, miei, tuoi, di tutti.Davanti alle scelte, ai problemi, ognuno li affronta secondo le proprie esperienze, secondo la propria cultura, il proprio vissuto. Metti insieme tutte le esperienze e ti comporti di conseguenza. Più che uno stimolo iniziale, è la riposta ad un problema che ti si pone e che risolvi in un certo modo. Un'altra persona che deve affrontare lo stesso problema, magari lo risolve in un'altra maniera. Non ci sono stimoli particolari, ma cerchi di fare le cose come ti viene in quel momento. PB: L'innovazione estetica è un modo nuovo di piacere alla sensibilità e questo modo nuovo lo puoi raggiungere seguendo certe regole - per esempio in musica le regole dell'armonia - oppure andando contro ad alcune di queste regole. Lo stesso è con l'armonia dei colori: a volte un incrocio eterodosso, proprio perché è nuovo, può essere quello che piace di più. Domanda: Crede che le letture fatte durante la sua prigionia siano state importanti per le sue esperienze successive? OM: Come ho già detto, credo che la lettura sia miracolosa. Anche ai miei figli ho sempre raccomandato la lettura, non che li obbligassi, ma facevo girare in casa certi libri e li lascivao in giro casualmente e loro magari li leggevano! La mia vera scuola di pensiero è stata la lettura. Poi ognuno sceglie e seleziona, ma l'importante è conoscere. La lettura è fondamentale per la formazione. Per me l'osteria e la lettura sono state la mia scuola! PB: Io mi ricordo che agli allenamenti di Perugia il Missoni mi regala Cardarelli e io ce l'ho sempre. E davvero con pochi euro, comprando un libro vi comprate la possibilità di passare qualche ora con chi volete. Io questo l'ho imparato da Prezzolini con Saper leggere, bellissimo libro. Domanda: Tornando al discorso della tecnologia. Poco fa diceva che all'inizio avevate macchine che facevano righe orizzontali e avete prodotto maglie a righe; poi sono arrivate macchine che facevano lo zig-zag e avete prodotto maglie a zig-zag. Ma chi produceva queste macchine, lo faceva per conto proprio o c'era un contatto tra voi e i produttori di tecnologia? E chi vi forniva la tecnologia dove stava? OM: Chi ci forniva la tecnologia stava qui intorno. Noi dipendevamo da qui sia per tingere una lana, sia per un ago, per tutto. Noi abbiamo tutte macchine Jacquard, così si chiamano, ma una volta per progettare un disegno era tutto a catena con i chiodi, dovevo progettarlo e farlo e poi dopo un mese riuscivo ad avere il risultato. Adesso c'è il computer che legge tutto benissimo. La tecnologia ti aiuta moltissimo, anche perché adesso il risultato io ce l'ho in 24 ore, una volta aspettavo due mesi per vedere che cosa succedeva. Noi abbiamo recuperato certe macchine di ricamifici che già esistevano nella zona di Gallarate negli anni '20 e che nessuno sapeva più fare funzionare. Abbiamo dovuto chiamare qualche vecchio operaio che le conosceva per farle funzionare. Noi le abbiamo riattivate anche perché erano macchine straordinarie queste Jacquard, non hai idea di quello che facevano! E la macchina è straordinaria anche per le invenzioni, per darti delle idee. Completamente diverse da quelle macchine che potevano fare solo righe. Con i produttori di macchinari si cercava di recuperare anche roba vecchia. Prof. Sinatra: E' molto interessante la testimonianza che ci è data qui oggi perché ci aiuta a decostruire quella visione romantica che descrive l'innovazione come la pensata di un momento. In realtà l'innovazine è il frutto di un processo di verifica, di sperimentazione, di prova. OM: Ma io non sapevo di essere innovativo mentre lo facevo! Prof. Sinatra: Ma infatti è la professionalità con cui uno cerca di costruire il proprio mestiere che, unita alle capacità dell'attore, può produrre innovazione. Innovazione vuol dire sapere molto bene quali sono i limiti tecnologici e poi aprire alla novità. OM: Ci vuole la curiosità, la ricerca, la sperimentazione, provare più volte la stessa cosa. Prof. Sinatra: Un'altra cosa per me fondamentale è che tutto questo è cultura. OM: E' quello che io chiamo esperienza, che è la somma di culture varie, quello che hai bevuto di notte con gli amici, quello che hai letto, quello che hai conversato. Tutto si somma e viene tradotto in un risultato. PB: E questo secondo me è la ragione del successo dell'innovazione italiana, il contenuto di umanesimo. Prof. Sinatra: E da qui deriva l'assoluta difficioltà a copiarlo, perché è un prodotto di cultura che non è trasferibile. Domanda: Voi fate lavorare artigiani della zona? E in futuro sarà ancora così? OM: Tutto quello che facciamo nasce nella nostra azienda, che è abbastanza piccola, ha 250 dipendenti. Non facciamo nascere cose al di fuori, se non quello che, come gioielli o scarpe, viene fatto su nostro progetto ma in ditte specializzate che collaborano con noi. Noi abbiamo poche licenze, una sugli occhiali e ne avremo una molto importante sul profumo, finalmente. Domanda: I dipendenti sono puri esecutori o hanno una capacità creativa? OM: Alcuni dipendenti hanno capacità creative: per esempio la mia assistente ha capacità creativa perché lavora con me, ma la maggior parte sono quelli che eseguono, anche se devono conoscere bene il loro mestiere. |