13.01.06 |
Alberto Schena e la concezione evoluzionistica dell'innovazione | |
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Nell'esercitazione che ho proposto in vista dell'incontro, vi suggerivo di provare a cercare sia su Pagine Gialle sia su Infoimprese un'impresa (panettieri, parrucchieri o qualsiasi altro servizio) nella zona in cui abitate: facendo la prova per la zona in cui abito, se cerco i panettieri su Pagine Gialle ne trovo quattro o cinque, mentre su InfoImprese ne trovo una trentina. InfoImprese è basato sul Registro delle imprese, che è l'anagrafe di tutte le imprese italiane. Se le imprese non sono iscritte al Registro non esistono, sono delle truffe nei confronti del fisco e spesso anche nei confronti dei cittadini. InfoImprese scarta soltanto le imprese che non sono in regola, che hanno delle procedure concorsuali in corso, cioè sono in via di fallimento. Se voi andate sul sito www.ebr.infocamere.it fino al 31 gennaio 2006 e compilate una mascherina, avete l'accesso gratuito a quella che è la sommatoria di quattordici registri europei delle imprese consultabili on line. E' possibile quindi fare una ricerca su un'impresa e su una persona contemporaneamente su tutti i registri europei. Anche questa nel suo piccolo, nel suo genere, è un'innovazione. Sono dieci anni che ci stiamo lavorando: abbiamo iniziato con una prima sperimentazione nel 1994-95 con un progetto finanziato dall'Unione Europea. Internet non aveva ancora la diffusione che ha oggi, per cui facevamo degli esperimenti con delle reti proprietarie costosissime. L'idea è stato facile averla, dato che noi avevamo informatizzato il nostro Registro e la stessa cosa avveniva nei paesi esteri. Ci siamo chiesti: perché non mettere insieme tutto? Provate però a mettere d'accordo una quindicina di paesi con sistemi giuridici diversi, con partner diversi. Nel nostro caso erano le Camere di Commercio con una SpA a gestire il Registro, ma in molti altri casi erano i Ministeri di Giustizia o i Ministeri dell'Industria, quindi ci sono voluti dieci anni per ottenere questo risultato. Questo è il risultato di un processo molto lungo, legato a tre tappe diverse di innovazione. Io credo che non esista una scienza dell'innovazione, una teoria forse sì, ma una scienza, conoscendo la quale si fanno innovazioni, non credo esista. Le innovazioni hanno questo di buffo: ci si accorge di esse solo dopo che sono avvenute. In qualche caso ci si mette d'impegno per fare un'innovazione, però anche in questo caso si può riuscire o no. La storia è piena di invenzioni che sembravano poter cambiare il mondo e che invece non sono riuscite. Le innovazioni quindi sono dei successi, sono dei cambiamenti che riescono e che durano nel tempo, tanto o poco a seconda delle circostanze. La storia che vi racconto, è la storia di una società che ha avuto momenti di grossa innovazione e dei periodi dedicati a consolidare, a combattere per affermare quell'innovazione e poi a riposarsi e a godere dei vantaggi di quell'innovazione. E questa è anche la teoria economica standard. La Cerved è nata alla fine del 1974 in modo abbastanza casuale. Alla fine degli anni Settanta, un professore di matematica applicata, Mario Volpato, viene nominato presidente della Camere di Commercio di Padova. All'epoca le Camere di Commercio erano in via di estinzione, erano degli enti che non avevano più una funzione precisa, non si sapeva più bene che cosa fossero, tanto che il dott. Bassetti, in qualità di Presidente della Regione Lombardia e poi di Deputato al Parlamento, ne propose anche l'abolizione. Voi sapete la frase di Edison che dice "Innovation is 1% inspiration and 99% transpiration": il nostro 1% era quello, l'idea di mettere i dati sul computer, il 99% è stato tutto il resto. L'azienda, però, ha vissuto alcune variazioni/innovazioni: la prima avvenne una decina di anni dopo, come conseguenza dello svilupparsi del mercato. Chi aveva creato questo primo impianto, questa banca dati, era un gruppo che comprendeva personaggi reclutati da multinazionali dell'informatica - all'epoca si lavorava solo sui mainframe - e un gruppetto di universitari dell'Università di Padova che lavoravano molto bene, producendo un data base molto efficiente che riscosse subito l'interesse delle banche, che già prima erano gli acquirenti dei bollettini. Dopo dieci anni dalla fondazione di Cerved, quindi, lo sviluppo delle competenze interne a questa società, che era nata per creare i data base delle Camere di Commercio, diede vita ad un'altra società. E' un'innovazione questa? Forse non è un'innovazione vere e propria, ma è la dimostrazione del successo di una certa idea. Quell'idea ha creato un mercato, quello dell'informazione economica. Tutto il patrimonio che stava negli archivi delle diverse Camere di Commercio ed era consultabile solo localmente divenne disponibile in rete a livello nazionale. I clienti di questo nuovo mercato erano principalmente le banche e i soggetti intermediari di queste informazioni, che facevano contratti on line con Cerved, acquistando le informazioni e rivendendole. A questo punto eravamo nella fase in cui l'innovazione era riuscita, con la creazione dei data base e di un mercato. A questa fase seguì un periodo di riposo per godersi la buona riuscita dell'operazione. Cerved fu però svegliata bruscamente dal ricorso fatto dai distributori all'Antitrust, l'autorità di garanzia del mercato. Fu una della prime cause di cui si occupò l'Antitrust che era appena stato istituito. Cerved era accusata di trattare in maniera troppo diversa i clienti. La capacità di Cermed di organizzare il mercato in modo trasparente in quel primo periodo non fu molto brillante. Da qualche tempo intanto si stava pensando ad una legge di riforma delle Camere di Commercio: nel 1993, nonostante tutte le resistenze dei Tribunali e soprattutto delle Cancellerie che si vedevano insidiare una fonte di potere anche economico molto importante, dopo un ennesimo scandalo di mafia legato a imprese illegali, il Governo Ciampi decise che il Registro delle imprese doveva passare alle Camere di Commercio. Questo fu un altro momento topico, di innovazione, nella breve storia della nostra azienda. Nella legge di riforma delle Camere di Commercio era scritto che il Registro delle imprese doveva essere informatico. Sembrava che la cosa fosse già fatta, visto che i dati erano informatizzati. Subito dopo la legge, infatti, tutto rimase uguale, tutti i documenti delle imprese continuarono a essere su modulistica cartacea che veniva poi digitalizzata, riversata nel computer e distribuita, ma quel che faceva fede rimaneva la carta. Fino al 1996 il processo rimase immutato, tanto che fu creata anche una società per lo smaltimento della carta. Anche perché alle carte delle Camere di Commercio si erano sommate quelle arrivate dai Tribunali. Un altro passaggio epocale per l'azienda fu al momento del passaggio del Registro delle imprese alle Camere di Commercio: sembrava infatti strano che il Cerved, una società per azioni, gestisse il Registro, così ci fu un'altra scissione, dopo quella di dieci anni prima con Engineering, e nacque InfoCamere. Quando la legge entrò in vigore, internet non è ancora diffuso come oggi. Internet esplose tra il 1995 e il 1997. Noi chiedevamo ai recalcitranti commercialisti e notai di scrivere i dati all'interno di maschere che avevamo predisposto e di mandarci dei dischetti o di mandarli on line, ma i collegamenti erano molto costosi. Dovevano però mandarci anche la carta, perché il problema delle firme, che dovevano essere in originale, non era ancora stato risolto. La firma digitale è una chiave pubblica, un dispositivo con cui si blocca un documento. Chi ha firmato, sotto la garanzia di una Authority, ha la certezza che il documento non può essere modificato. Tutto il Registro oggi funziona così, obbligatoriamente per le società. Tutte le società italiane depositano i loro atti nel Registro delle imprese con firma digitale. E questo l'abbiamo solo noi: tutti gli altri registri europei continuano ad essere parzialmente cartacei. Questa è stata per noi un'innovazione forzosa, nel senso che è stata imposta per legge: per ottenere lo scopo di semplificare al massimo tutte le operazioni di registrazione per le imprese, sono state tutte obbligate a utilizzare una tecnologia molto avanzata, tanto avanzata che non la sta utilizzando nessuno al di fuori di qua. E questo è un po' preoccupante, francamente. Perché il mercato è andato un po' da un'altra parte e non perché le firme digitali non siano importanti, anche perché sono ovunque su internet, ma le nostre sono depositate su un microchip che deve essere per legge sotto il controllo di chi ne è possessore, non può essere su un pc, ma deve stare su un dispositivo di firma che sia in pieno controllo del titolare. Un altro grosso ostacolo che trovammo nel momento di lanciare quest'iniziativa furono i notai, che notoriamente non sono dei grandi innovatori. I notai dovevano decidersi a depositare i documenti con firma digitale e non su carta. Quando si sono decisi, hanno creato una loro Certification Authority che fa solo 4500 certificati, tanti quanti sono i notai. Oggi i notai sono i maggiori utilizzatori di firme digitali con i commercialisti. |
Il sistema italiano dell'informazione e delle gerarchie e valori sociali che seguono corsie preferenziali di fama e di visibilità, fanno si che il focus e l'attenzione collettiva si sposti sulla novità piuttosto che sull'innovazione.
L'innovazione secondo Carlone è un fatto non limitatamente collegato al prodotto, bensì un concetto più ampio, un qualcosa che cambia la vita.
Con la "commoditization" del benessere, la spinta emotiva nel riuscire in qualcosa che ha caratterizzato la generazione precedente è andata sempre più ad affievolirsi.
Il lavarsi le mani della socità comoda, che aspetta di ricevere tutela da coloro preposti a farlo senza preoccuparsi degli interessi che muovono quest'ultimi, ha generato un comportamento collettivo di lassismo, lasciando esporre alle problematiche coloro preposti a farlo, perchè personalmente non si è in possesso della preparazione e degli strumenti idonei per affrontare il problema.